2 ottobre 2020

MILANO RINASCE DAL CONTADO

Ridisegnare un futuro per la città


La “rinascita di Milano” ci sarà solo a condizione che non si pensi solo al Comune e al suo territorio ma andando persino al di là dei confini della Città Metropolitana

Bergo

CITTÀ E CONTADO, OGGI – Il 23 gennaio di quest’anno – un’era fa, prima della pandemia di COVID 19, l’Università Cattolica dedicò il XVII seminario del Laboratorio di Urbanistica al tema: La Milano del 2030 prende forma (1) cui parteciparono urbanisti, ex assessori all’urbanistica e docenti universitari. Sul sito si può ancora trovare l’ intervista all’ A.D. di COIMA Manfredi Catella – uno dei principali attori delle più importanti trasformazioni recenti e di quelle previste – che basava i progetti dei grandi investitori sull’aspettativa di un ulteriore incremento demografico di Milano e sul ruolo strategico della nostra città, come di tutte le grandi città terziarie; la previsione era supportata dalla constatazione che gran parte della popolazione dei paesi più ricchi vive oramai in città e sulla convinzione che questa tendenza fosse inarrestabile (2). Un solo mese dopo, la diffusione di COVID 19 ci ha bruscamente ricordato che le città sono anche i luoghi ideali per la propagazione delle epidemie, e le città e le megalopoli odierne, in cui vivono a strettissimo contatto fisico milioni o decine di milioni di esseri umani, offrono praterie sconfinate a virus, batteri e parassiti di ogni genere.

Dopo la pandemia detta Spagnola, per un secolo abbiamo vissuto nella convinzione che l’igiene e la medicina moderna avessero spazzato via per sempre il rischio di pandemie. Avevamo ignorato gli allarmi degli scienziati quando ci avvertivano che la distruzione accelerata degli ecosistemi naturali (3), la concentrazione di masse sempre maggiori di persone nelle città e la crescita esponenziale degli spostamenti delle persone possono portare a nuove pandemie, oltre a un peggioramento progressivo delle nostre condizioni di vita.

COVID 19 ha riportato tutti alla realtà, mettendo in crisi profonda alcune tra le più grandi città del mondo, e ha dimostrato la fragilità di un modello urbano che si credeva oramai indipendente dal suo contesto ambientale: i grattacieli vuoti e le strade semi-deserte di Manhattan, del centro di Londra e dei quartieri direzionali di Milano, con le conseguenze catastrofiche per tutte le attività commerciali e di servizio che si ritrovano senza clientela (4) ci interrogano sul modello di vita urbana che, sulla spinta dei grandi interessi finanziari, avevamo dato per scontato.

Perciò non stupisce che la pandemia abbia aperto in tutto il mondo un dibattito su quale sarà il futuro delle città.

Alcuni colleghi prevedono che le città non saranno mai più le stesse, e preconizzano un parziale abbandono dell’abitare in città, con il recupero di quei bellissimi borghi appenninici che potrebbero rivivere. Grazie alle attuali tecnologie di comunicazione, abbiamo scoperto che, con un po’ di infrastrutturazione digitale, è possibile lavorare anche da luoghi lontani, che offrono una migliore qualità ambientale (5) (uno dei principali problemi da risolvere resterebbe la pressoché totale assenza di servizi essenziali, come l’istruzione e i presidi sanitari).

La proposta è senza dubbio interessante, ma vorrei porre l’attenzione su un aspetto essenziale che mi sembra sia assente dal dibattito: il rapporto della città con il suo contado.

Mi chiederete cosa c’entri il contado, e perché abbia scelto un termine così desueto. In fondo, sappiamo che Milano beneficia di una infinita serie di scambi con territori anche lontanissimi, dall’Asia alle Americhe: perché mai dovremmo tornare a parlare del suo contado?

Non solo perché il contado milanese, coi suoi paesaggi di borghi, castelli, canali, ville, mulini e cascine non ha proprio nulla da invidiare all’Appennino e, trovandosi a pochi chilometri dal centro città e dai suoi preziosi servizi, appare un’ alternativa molto più immediata e praticabile, per chi volesse uscire dalla città, senza percorrere un centinaio o più di chilometri (6).

Il punto centrale è il ruolo che il contado svolge nella vita di Milano: esso è ancora, come è sempre stato, parte integrante del sistema economico, ecologico e sociale di Milano, anche se i cittadini e le élite milanesi ne hanno smarrito da tempo ogni consapevolezza, abbagliati dalla potenza e dallo splendore raggiunti dalle nuove funzioni terziarie della città, che sembrano averla resa indipendente dal suo contesto ambientale che, se va bene, viene considerato semplice “suburbia”  su cui scaricare i problemi della città.

Ciò che chi abita in centro città non può vedere, è che il suo contado è una realtà complessa, che scambia in ogni istante ricchezza, flussi, informazioni ed elementi vitali con la città, senza la quale essa non potrebbe esistere.

Come tutte le città del mondo Milano è nata e vive in stretto rapporto con il suo contado.

Il contado è il contesto ambientale da cui la città trae molte delle risorse, dell’energia e degli elementi essenziali alla sua esistenza. Come ogni città di successo, fina dall’antichità Milano si è sempre presa una cura infinita del suo contado, sapendo che la propria stessa esistenza ne dipendeva. Cura del contesto ambientale – quello che chiamo “contado” – e cura della città erano considerate la stessa cosa, ed erano sottoposte agli stessi strumenti di governo (7).

Ma, mentre siamo tutti perfettamente consapevoli della posizione che la nostra città occupa nel mondo, e dell’importanza di essere in rete con altre città importanti, abbiamo perduto ogni consapevolezza del rapporto ombelicale che lega la nostra stessa vita al contado: un rapporto che invece era ben presente ai nostri avi.

Noi abbiamo perduto ogni consapevolezza del ruolo che il contado gioca sui destini della città, e dell’importanza che qualsiasi progetto di rilancio di Milano lo comprenda come elemento strategico. Se la classe dirigente che governa la città, che considero tra le migliori che abbiamo in Italia, continua a ignorare il rapporto costitutivo che lega la città al contado, e non sa che questo rapporto è, oggi, più vitale di quanto sia mai stato, nessun progetto di rilancio di Milano potrà funzionare.

Ma qual è il contado di Milano? e poi, perché utilizzare questo termine desueto?

IL CONTADO, RICCHEZZA DI MILANO – Milano è sorta, un paio di millenni fa, in un luogo speciale e particolarissimo, caratterizzato da un’enorme disponibilità di acqua dolce, che ha condizionato il clima, la vegetazione e la biologia della città, che ne è tuttora innervata fin dalle più profonde viscere dove, ancora, scorrono le acque di antichi fiumi e canali che hanno, ancora, un ruolo determinante nella vita della città.

In passato, la comunità milanese ha saputo trarre profitto da questa condizione difficilissima e ha moltissime tra le sue principali attività economiche sull’utilizzo di quelle acque e sullo sfruttamento della propria particolare collocazione geografica diventando, già nel IV secolo, la capitale dell’impero romano e, successivamente e fino ad oggi, una delle città più ricche d’Europa.

Purtroppo, nel corso del Novecento la consapevolezza dell’importanza del rapporto con il suo contesto ambientale è andata perduta, sia tra i cittadini che tra le élite, anche le più colte e le più sensibili alle questioni ambientali. Essi hanno scordato la lezione dei loro predecessori, che infinita cura dedicarono al loro territorio (8), lasciandoci un’enorme mole documentaria sulle scelte, le invenzioni, le tecniche, ma anche sugli errori e i vantaggi che ne derivavano (9). È completamente perduta ogni consapevolezza del rapporto costitutivo tra città e contado. Credere che la città possa vivere senza e contro il suo contado ha creato un modello che si è rivelato fragilissimo di fronte alla prima crisi seria.

Credo vada recuperata una profonda consapevolezza di quanto il rapporto con il “contado” sia essenziale non solo per la storia, la cultura e la bellezza di Milano, ma anche per la sua ricchezza e il benessere dei suoi abitanti. Quali sono dunque questi legami?

Acqua

In un articolo precedente (10), ho colto l’occasione dell’ennesima esondazione del Seveso per segnalare che l’origine del problema sta nella estesa impermeabilizzazione del bacino di tre fiumi Seveso, Olona e Lambro; negli innumerevoli scarichi industriali che ne avvelenano le acque, nell’artificializzazione dei letti e delle sponde dei corsi d’acqua, nell’aver costruito ovunque, persino nelle aree di esondazione di fiumi a carattere torrentizio, che variano di molte volte la loro portata in brevissimo tempo, di esondare senza produrre danni, nell’ecocidio di quelli territori.

Oggi la gestione di questa preziosa risorsa, che innerva tutto il territorio milanese ed è fondamentale per le più svariate attività economiche, è frammentata tra le competenze di vari enti pubblici e privati e non viene considerata come un bene comune che sta divenendo meno disponibile, né vengono attivate politiche per regolamentarne gli usi e garantirne la salvaguardia.

Aria

A differenza dell’acqua, che cambia perennemente grazie alla ciclicità di precipitazioni, fiumi e falda che discendono al Po, evapotraspirazione delle piante ed evaporazione marina, l’aria che si respira a Milano come in tutta la pianura padana, è la stessa per settimane o mesi, durante i quali gli inquinanti derivanti dalle attività umane urbane e agricole si accumulano, in attesa che un maestrale o una pioggia ci ridiano qualche giorno di aria pulita. È almeno mezzo secolo che le amministrazioni comunali e regionali che si sono succedute hanno tentato inutilmente di prender provvedimenti che si sono rivelati ampiamente inutili per migliorare la qualità dell’aria: per i nostri polmoni sono stati molto più efficaci la chiusura delle grandi fabbriche e la successiva introduzione delle marmitte catalitiche sugli autoveicoli a benzina.

Produzione

Milano città da mezzo secolo ha cessato di essere un polo produttivo, specializzandosi nei servizi di pregio: non così il suo contado, che ha mantenuto, quando non accresciuto, la commistione tipica di tutte le città storiche tra produzione, agricoltura, residenza e commercio, sviluppando vere eccellenze mondiali, che compaiono come “milanesi” ma che vengono prodotte a Trezzano sul Naviglio, Zibido San Giacomo, Lodi, Cantù o Desio e in centinaia di centri minori, sparsi nell’area metropolitana: quella vera, che non corrisponde alle suddivisione amministrative, che si estende dalle sponde dei laghi e scende fino a lambire la pianura irrigua.

Agricoltura

Abbiamo scoperto che Milano ha il più ampio territorio agricolo, ma non sappiamo che i campi milanesi non finiscono alla Barona: arrivano a Lodi, Pavia, forse fino a Cremona, perché sono le stesse acque a irrigarli, le stesse piante a essere coltivate e gli stessi animali ad essere allevati, coi medesimi metodi. Ma l’agricoltura e l’allevamento industriali richiedono un enorme consumo di acqua e producono, secondo le stime, il 30% dell’inquinamento dell’aria: lo stesso peso attribuito alla climatizzazione degli edifici – venite ad Abbiategrasso mentre gli allevatori spargono liquami freschi sui campi, e capirete immediatamente di cosa stiamo parlando.

Circolazione

In un territorio come il nostro, caratterizzato da un’estrema frammentazione e dispersione delle funzioni urbane, milioni di persone sono quotidianamente costrette a spostarsi da un centro all’altro per le necessità più diverse: raggiungere il lavoro, la scuola, la città, gli ospedali, i centri commerciali, generando buona parte del traffico e dell’inquinamento atmosferico, bruciando milioni di ore e di litri di carburante.

Sappiamo che, all’interno dell’area metropolitana, il 51% degli spostamenti non riguarda Milano, ma va da un centro minore all’altro. Purtroppo, l’attuale rete di trasporto pubblico – in particolare quello su ferro – è ancora quella realizzata nella seconda metà Ottocento, quando Milano attraeva dalle campagne masse lavoratori a basso prezzo, ed è completamente milanocentrica. Il trasporto pubblico su gomma, peraltro, è altamente inefficiente. E nel contado il car sharing e il bike sharing non esistono, come non esiste una maglia di percorsi ciclabili che colleghi i diversi centri tra loro. Ne consegue che tutti si spostano usano esclusivamente un veicolo a motore, anche quando potrebbero usare la bicicletta o un mezzo pubblico, se gli fosse consentito.

Questo comporta 2 conseguenze importanti, ma sottostimate:

  1. milioni di persone sono costretti a usare quotidianamente un autoveicolo per spostarsi, o per il trasporto delle merci, gravando su una rete viaria inadeguata, perché mancano alternative praticabili;

  2. moltissimi spostamenti tra centri minori devono comunque passare da Milano e dalle sue tangenziali, perché anche la rete stradale e autostradale sono milanocentriche.

Cittadinanza

La sola popolazione della Città Metropolitana conta oltre 3 milioni di abitanti, dei quali il 58% abita fuori dai confini del Comune di Milano. Questi cittadini eleggono sindaci che non hanno potere né competenza per definire il futuro della comunità.

PER UNA NUOVA CONCEZIONE DEI DESTINI URBANI DI MILANO – Già Ugo Targetti, nel suo intervento, sottolineava la necessità di partire dal Piano Ambientale per definire le scelte urbanistiche di Milano. Io aggiungo che questo Piano Ambientale non può essere limitato ai confini del Comune, e probabilmente neppure a quello della Città metropolitana. A me sembra evidente che, dato il carattere costitutivo del rapporto che lega Milano al suo contado, e i suoi legami strutturali con praticamente tutti i territori e le città dell’aree padana, ogni piano di rilancio dovrebbero partire dalla sua dimensione metropolitana – o meglio sovra-regionale.

Un candidato sindaco di Milano dovrebbe aver coscienza di questa realtà e credo che sarebbe veramente il sindaco della ripresa colui che sapesse trarne gli elementi per costruire un programma (e una squadra) in grado di proporre il rilancio di Milano in chiave metropolitana, anche chiedendo al governo gli strumenti e i mezzi per farlo. Milano non ha bisogno di un amministratore di condominio, come purtroppo qualcuno si vantò di considerarsi, ma di qualcuno che sappia concepire il futuro della città e indicare una strategia che comprenda la grande bioregione urbana del Nord (11) in cui tutti noi viviamo e lavoriamo da almeno mezzo secolo, senza la quale Milano non esisterebbe neppure. Chissà?

Luca Bergo

1 https://www.cattolicanews.it/la-milano-del-2030-prende-forma

2 UN, World Urbanization Prospect 2018, New York, 2019

3 secondo il Living Planet Report 2020 pubblicato da The Zoological Society of London e dal WWF lo scorso 10 settembre, dal 1970 al 2016 il pianeta ha perduto il 68% della sua popolazione di vertebrati, principalmente a causa della distruzione accelerata degli ecosistemi che li ospitavano: WWF (2020) Living Planet Report 2020 – Bending the curve of biodiversity loss. Almond, R.E.A., Grooten M. and Petersen, T. (Eds). WWF, Gland, Switzerland.

4 secondo Confcommercio, il 30% delle attività di servizio è destinato a chiudere a seguito della pandemia, Comunicato stampa del 26/6/2020

5 “Dallo smart working la spinta per ridare vita ai borghi”, intervista al Sole24Ore del 23 agosto in cui Stefano Boeri annuncia che il Politecnico di Milano ha avviato, in collaborazione con il Touring Club, una ricerca per verificare le opportunità di una vita migliore offerte dal recupero degli antichi borghi delle valli piacentine.

6 chi desideri verificare quanto scrivo, può visitare il sito: www.terredeinavigli.com

7 sul rapporto tra contesto ambientale e città nella storia, vedi: Greg Wolf, Life and Death of Ancient Cities, Oxford, 2020

8 utilizzo il termine Territorio nella sua accezione di prodotto della relazione storica tra comunità umana insediamento e suo contesto ambientale, così come definita dalla scuola territorialista.

9 cito solo due notissime e sempre citate fonti: il De Mirabilia Mediolanensis di Bonvesin della Riva e gli appunti , i rilevi e gli schizzi del toscano L

eonardo da Vinci, che restò incantato scoprendo le ingegnose soluzioni idrauliche inventate dai milanesi, ancora sconosciute altrove

10 Milano e l’acqua, in: Arcipelago, Milano del 7 settembre 2020

11 vedi il mio: per una bio-regione urbana del Nord, in: Academia,



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