23 aprile 2024

MILANO E LE MANIFESTAZIONI PER IL 25 APRILE

Rileggere la storia per capire meglio il presente


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Ripercorrere sia pure grossolanamente e saltabeccando la storia delle manifestazioni milanesi del 25 aprile è utile perché ci consente di ricordare che se da una parte le celebrazioni hanno spesso avuto un carattere unitario e di festa, ne fanno fede gli oratori, i cortei, gli appelli, le mille iniziative, i manifesti e i proclami anche delle giunte che si sono succedute, per altra parte furono l’occasione di duri confronti e polemiche registrando il clima politico del momento. 

Nel 1947 le celebrazioni iniziarono fin dalla mezzanotte del 24 con una grandiosa fiaccolato e proseguirono per tutto l’indomani con, tra l’altro, la consegna delle medaglie al valore in Duomo dove parlò Greppi, l’inaugurazione in via Conservatorio della Casa del Partigiano, una mostra a Palazzo Reale, la posa della prima pietra per un monumento ai caduti a Musocco mentre alla Scala verrà data una rappresentazione di gala della Traviata. Le celebrazioni furono fortemente unitarie anche perché si era ancora nel periodo del III° governo de Gasperi (02.02.1947 – 31.05.1947) quello della collaborazione DC PCI PSI.

Vi fu anche un messaggio del cardinale Schuster che invitò i parroci a consacrare la giornata del 25 aprile a Maria Santissima Liberatrice. Nel messaggio si leggeva: “…la madre di Dio il 25 aprile 1945 menava inaspettatamente in Arcivescovado Mussolini e le Autorità germaniche a conchiudere la cessazione delle ostilità e a negoziare la resa … ora a due anni dagli avvenimenti e dopo l’esperienza di questi mesi, la Vergine liberatrice vuole da noi la concordia e l’unità. Le rivalità tra i diversi partiti impediscono un proficuo lavoro, non solo nell’Assemblea costituente, ma ciò che è più, quello di ricostruzione nazionale e ci discreditano all’estero…il Popolo Italiano (le maiuscole sono del cardinale ndr) sospira più che mai alla pace e vuole che sopra gli interessi dei diversi partiti, trionfi la coscienza dell’UNITA’ NAZIONALE sulla base dell’UNICA FEDE RELIGIOSA che è quella comune e tradizionale nella penisola…concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabantur”, e concludeva : “La festa del 25 aprile sacra alla Vergine Liberatrice sia quindi per tutti gli Ambrosiani la festa nazionale dell’Italia una, liberata prodigiosamente dalla Madonna, perché riprenda la sua missione religiosa e civile nel mondo”. 

Tutto cambia ovviamente l’anno successivo, dopo le elezioni.

 Il 25 aprile 1948   si apre con cerimonie unitarie e ufficiali al cimitero maggiore e prosegue il pomeriggio con un comizio al castello di Longo, Stucchi e Parri dove quest’ultimo viene fischiato da parte della piazza quando come scrive l’Avanti, “fa oscure o troppo chiare allusioni a speculazioni di partito e di uomini e a una fiera delle vanità che sarebbe, secondo lui, il movimento partigiano ora. Poi offende deliberatamente i presenti nel gelo più assoluto dicendo: Coloro che non sono partigiani qui se ne vadano”; ci vorrà l’intervento di Greppi per ricucire la situazione. 

Del resto Parri di lì a poco uscirà dall’ANPI e fonderà la FIAP (Federazione italiana associazioni partigiane) con “l’obiettivo di  valorizzare il contributo originale che seppero portare alla lotta di liberazione e alla Resistenza gli uomini e le donne ispirati dall’antifascismo liberal-radicale di Gobetti, dalla lezione di Gaetano Salvemini, di Riccardo Bauer, di Pietro Calamandrei, dal socialismo liberale di Giustizia e Libertà di Carlo Rosselli e di Emilio Lussu e poi dal Partito d’Azione: un antifascismo rigoroso nei valori e negli ideali ma anche denso di programmi e di proposte concrete la cui validità è ancora tanto attuale. La FIAP nasce dalla ferma convinzione che le associazioni degli ex partigiani debbano mantenersi indipendenti dal sistema politico contingente: questo non vuol dire che i singoli aderenti non possano avere le loro appartenenze partitiche, ma l’Associazione deve restarne svincolata, ponendosi come garante dei valori che si sono affermati nella Resistenza, sanciti poi nella Costituzione”. https://www.fiapitalia.it/storia-della-fiap

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Al termine del comizio una colonna di manifestanti si dirige verso piazzale Loreto ma in via Dante la forza pubblica tenta di fermarlo; ci scapperà un morto il carabiniere Angelo Mariani, colpito alle spalle da un proiettile.  Gli scontri proseguiranno in piazzale Loreto dove tiene un comizio Alberganti segretario della camera del lavoro, con diversi feriti e contusi. In serata la polizia perquisiva la sede dell’ANPI. Nei giorni successivi, altre perquisizioni e il Corriere titolerà “Affiorano dai nascondigli le armi della rivoluzione” mentre le indagini sull’assassino del carabiniere si indirizzeranno vero un “terrorista straniero”; negli anni successivi la procura imputerà alla “volante rossa” la responsabilità dell’assassinio ma una condanna per il fatto non vi sarà mai.

Nel 1954 il sindaco socialdemocratico Ferrari e il ministro socialdemocratico Vigorelli scopriranno una lapide  “sulla fronte di Palazzo Marino con incisa la motivazione della medaglia d’oro al valor militare concessa alla città” ma alla cerimonia non parteciperà la Federazione italiana volontari della libertà presieduta dal generale Cadorna perché “la manifestazione che dovrebbe avere carattere puramente civico e patriottico degenererà così come è già avvenuto in passato in una manifestazione di colore”.

Da allora le celebrazioni saranno talvolta più unitarie talvolta fortemente contrastate.

Nel decennale, le celebrazioni si svolsero alla presenza del Presidente della Repubblica Einaudi con il ministro della difesa Taviani. “Cerimonia ufficiale solo una specie di inevitabile appendice alla messa e non viceversa…Tentativo di imbalsamare la resistenza …troppi generali, troppi commendatori, troppo pochi resistenti facevano ala al presidente…” scrisse il quotidiano socialista sottolineando come Sandro Pertini abbandonasse la tribuna omnibus per mescolarsi alla folla. E non mancarono le provocazioni: un aereo lanciò volantini filofascisti sulla folla.

Nel 1960 le celebrazioni sono più unitarie, ricorre anche il centenario della prima seduta del consiglio comunale nella sede di palazzo Marino (25 aprile 1860), al teatro Lirico officiante il sindaco, vengono consegnate medaglie d’oro ai sei membri del comando generale CVL (Raffaele Cadorna, Luigi Longo, Enrico Mattei, Giovanbattista Stucchi, Ferruccio Parri, Mario Argenton) e ai presidenti del CLN Lombardia (Emilio Sereni) e città di Milano (Luigi Meda) mentre il presidente della comunità israelitica Astorre Mayer farà deporre una corona d’alloro sul monumento che ricorda i morti nei campi di sterminio.

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Il 25 aprile 1969, va ricordato che è l’anno in cui Feltrinelli pubblica, con un’introduzione di Pietro Secchia, il volume La guerriglia in Italia. Documenti della Resistenza militare italiana testo fondamentale della cultura riassumibile nello slogan “La resistenza tradita” e anno il cui fa la sua comparsa lo slogan “il 25 aprile non è un anniversario ma un giorno di lotta rivoluzionario” il sindaco Aldo Aniasi scrive un articolo tirando le fila dei primi 24 anni di celebrazioni. 

Scriveva: “Non è quella del  25  aprile una data  solamente  da  celebrare,  almeno  nel  senso  tradizionale  del  termine.  L’interpretazione celebrativa dell’anniversario della Liberazione  dà  un  senso  di noia e  di  fastidio  ai resistenti  …  Non  desiderano  né essere  ricordati  come  pezzi da  museo,  né  essere  onorati come  cittadini  illustri…Non  è  quindi  uno  spirito reducistico  quello  che  anima  i  partigiani,  i  perseguitati  politici,  gli  ex  internati nei  campi di  concentramento,  neppure  è  una    politica commemorativa quella delle associazioni…delusioni e amarezze si tramutano spesso in manifestazioni , non espresse clamorosamente ma comunque pericolose di una generica e confusa protesta che certo non favorisce la rimozione delle cause in modo tale da consentire il progredire del paese sulla strada desiderata…la vera opposizione al rinnovamento del paese in ogni sua struttura veniva da quella classe burocratico amministrativa che alleata del fascismo e della monarchia, aveva trovato nello status quo imposto dagli alleati e purtroppo legittimato dall’amnistia Togliatti, l’occasione per reinserirsi nel nuovo stato italiano ed impedirne il rinnovamento…il paese nonostante la costituzione continuò ad essere governato dalle vecchie leggi fasciste…i partigiani non si erano battuti solo per cacciare lo straniero, ma contro la dittatura fascista…La resistenza fu per l’ufficialità solo celebrata come un avvenimento del passato” per concludere con un taglio fortemente politico: “E’ dal 1961 in poi che la situazione è radicalmente cambiata; è con i governi di centrosinistra-nessuno può certamente negarlo-che la resistenza è ritornata ad essere ciò che è stata. La matrice della repubblica italiana e di una costituzione che attende ancora per troppa parte di essere attuata…Gli infantilismi miracolistici non hanno mai fatto avanzare la storia; spesso l’hanno fatta indietreggiare. Non certo con questo intendiamo teorizzare il riformismo millimetrico ma neppure inneggiare al massimalismo verboso e inconcludente…tutti uniti perché gli ideali della resistenza rivivano ogni giorno nell’azione politica amministrativa e legislativa con il fine di costituire la società che i resistenti hanno sognato”.

Dieci anni dopo 1979, in pieno periodo del terrorismo, nelle settimane precedenti vengono uccisi tra gli altri Guido Rossa, Emilio Alessandrini, Pierluigi Torreggiani, le celebrazioni si svolgono senza polemiche. Prima dei discorsi del sindaco Tognoli, di Riccardo Lombardi, Arrigo Boldrini e Carlo Squeri vengono deposte corone sulle lapidi della Loggia dei mercanti, del Giuriati, dell’Arena, di piazzale Loreto ma anche in ricordo dell’agente Annaruma e i partigiani fanno visita alle caserme Perrucchetti (PS), Moscova (carabinieri) Melchiorre Gioia (GF). 

Tognoli sottolinea. “«Siamo convinti che la vera trasformazione del Paese può verificarsi non attraverso impossibili rivoluzioni, ma con un riformismo autentico, basato sulle reali esigenze e sulle profonde aspirazioni del popolo italiano. Nei mesi recenti abbiamo sperimentato la via dell’unità democratica per superare le difficoltà più grandi. Il cammino è stato difficile, i risultati scarsi, ma non inesistenti. Dobbiamo quindi riprendere questa direzione, che è la sola, allo stato delle cose, che ci può portare fuori dalla crisi». 

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Nel 1980 Sandro Pertini Presidente della Repubblica, ricorderà il 25 aprile partecipando ad una serie di iniziative tra cui l’inaugurazione della mostra dedicata a Matteotti al castello, incontrando i lavoratori dell’Alfa a Palazzo Marino e scendendo in piazza Duomo tra la folla, dove parleranno Tognoli, Taviani, Valiani, Boldrini e Tino Casali

Seguono anni “tranquilli” con celebrazioni di routine come fu il 1987, di routine anche i titoli dei giornali (Il ricordo non si è spento) con molti ricordi e testimonianze, nessuna polemica.

Nel 1989  il programma è pressoché lo stesso di dieci anni prima, nessuna polemica e comizio (al Lirico per via del maltempo) di Pajetta, Pillitteri e Tina Anselmi che sottolineerà che “il primo insegnamento che viene dalla resistenza è quello della partecipazione: ci sono certamente, nella politica limiti e manchevolezze ma non è con il restarne lontani che si possono risolvere

Nel 1992, il 6 aprile c’erano state le elezioni politiche,  la data coincide con la nomina di Scalfaro a presidente della camera e le dimissioni del presidente Cossiga, le celebrazioni sono in tono minore pressoché ignorate dalla stampa piene di riferimenti all’unità, almeno da parte dei leader nazionali, scrive Spadolini presidente del Senato al presidente del Comitato permanente antifascista Tino Casali: “l’esempio degli uomini che fecero la resistenza ci ammonisce in questa difficile stagione della vita nazionale a superare i motivi di contrapposizione e frattura” . Ma la politica non è assente, dal palco in Piazza Duomo dove sono Tognoli, Aniasi, Pizzinato, Cervetti, Tina Anselmi, il senatore Smuraglia dopo l’intervento del sindaco Borghini sottolinea: “Milano che ambiva a essere capitale morale è squassata dagli scandali che tendono a configurarsi non in episodi ma in metodologia. C’è chi dice di preoccuparsi del buon nome di Milano. Penso che la giustizia debba fare il suo corso e non può fermarsi ne subire interferenze. Chi è colpevole deve pagare”. Alle 20 alla Scala si svolse il concerto promosso dai sindacati con la Fininvest, alle 21,30 fuochi d’artificio al castello.

Con la fine della prima repubblica e la scomparsa dei partiti tradizionali le celebrazioni del 25 Aprile tornano ad avere un forte significato politico di parte e simbolico e le polemiche sono pressoché costanti.

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Nel 1994 caratterizzano il corteo gli insulti per il sindaco Formentini e il lancio di monetine e di acqua verso il leader leghista Bossi che così commenta: “Ci mancherebbe altro che non venissimo in piazza a manifestare per la liberazione…La lega è nata nell’animo del popolo e non certo nei salotti ed è antifascista e antipartitocratica” i leghisti costretti ad allontanarsi dal corteo protetti dalla polizia chiederanno poi le dimissioni del prefetto e del questore mentre l’assessore Daverio commentò: “Poveretti hanno perso le elezioni devono pure sfogarsi”.

Nel 2001 il Corsera titola. “I partigiani attaccano il sindaco. L’ANPI fascismo e antifascismo? Per lui è tutto uguale. Lite sui cortei.”

 Nel 2002 il sindaco Gabriele Albertini si augura che il 25 aprile sia occasione di unità più che di divisioni, l’assessore Gallera chiede agli organizzatori (discorsi di Sergio Cofferati e Olga d’Antona)di prendere le distanze dagli “estremisti pro Palestina il corteo sarà uno solo ma i centri sociali, il Social Forum, e gli “studenti disobbedienti” si concentreranno autonomamente. Dopo il corteo i negozianti protestano per le vetrine imbrattate dai giovani in corteo con slogan anti Israele e il capitalismo.

20 anni fa furono organizzati due cortei uno dei sindacati, partiti e organizzazioni partigiane l’altro dei pacifisti che confluivano entrambi in Piazza del Duomo e fu la UIL per bocca del suo segretario Galbusera a protestare perché dal palco fu previsto un oratore, dopo l’ex presidente Scalfaro e il segretario della CGIL Epifani, del movimento “fermiamo la guerra” favorevole al ritiro del contingente militare italiano dall’Iraq. Il Corriere titolò: “Pacifisti giù le mani dal 25 aprile”.

Nel 2005 tocca ad Albertini, fischiato dai manifestanti, denunciare che: “il centrodestra ha ragione di disertare il corteo del 25 Aprile, perché c’è un’altra dittatura, quella comunista, non ancora cancellata dal pensiero di molti… avrei voluto tutti tricolori, ma ne ho visti quattro. Le bandiere rosse non le ho contate perché erano troppe…Non ho paura delle contestazioni, ma certo c’è un’atmosfera molto ostile”; gli risponde il suo assessore al traffico Goggi: “a me le bandiere rosse non hanno dato mai alcun fastidio, e se sopra c’è un bel garofano tanto meglio”.

Nel 2006 le polemiche sono innescate dal ministro Moratti che chiede che in manifestazione ci siano poche bandiere di partito e molti tricolori cui segue il vicesindaco De Corato che dice che il 25 aprile è una succursale della festa dell’Unità ottenendo in risposta la definizione di Moratti come corpo estraneo alle celebrazioni. Alla fine la Moratti sfilerà assieme al padre partigiano della Franchi e deportato a Dachau in carrozzella. Gli studenti sloganano “Moratti Milano ti ripudia”. Per l’occasione vengono bruciate alcune bandiere di Israele. Il 28 29 maggio si vota per il comune, la Moratti sarà eletta al primo turno.

Il resto è storia troppo nota per ripercorrerla, che ci consente di dire che gli appelli come quello di Scalpelli di pochi giorni fa “Il 25 Aprile sia una festa in cui tutti i milanesi possano riconoscersi” sono buona cosa ma che dopo decenni ancora molta strada è da fare.

Walter Marossi

 



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