19 marzo 2024

MILANO CAPITALE

La dimensione europea della città e i contrasti con le autorità di Roma


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CORRIERE 

“La vocazione europea di Milano capitale” questo il titolo di un articolo del Corriere del 9 luglio 1958. Pochi giorni prima un altro titolo “Milano è una capitale alla ricerca di uno Stato” e ancora “Validi i titoli per Milano capitale del Mec” e ce ne saranno molti altri.

Trent’anni dopo nel 1989 un altro titolo simile “Milano capitale dell’Europa?” che così si concludeva: “I cambiamenti avvenuti nella CEE e nella Nato offrono al nostro Paese l’occasione e il diritto, di alzare il tiro delle sue richieste”.

Con una drastica riduzione delle ambizioni si arriva al 19 novembre 2022 titolo: “Tribunale europeo dei brevetti. Milano non può perdere”. Come sia andata a finire lo sappiamo: il 28 giugno 2023 titolo questa volta del Sole 24 Ore, “Tribunale dei brevetti, a Milano la terza sede centrale su moda e alimentare” sottotitolo “Tuttavia Milano non avrà le stesse competenze originariamente previste per Londra. Parigi si tiene i brevetti farmaceutici con SPC (i più numerosi) e Monaco la chimica. All’Italia, l’agroalimentare, la moda e il fitosanitario”.

Felice dell’assegnazione il sindaco, soddisfatti la Camera di Commercio, l’ordine degli avvocati, l’Assolombarda, il presidente della regione che ringrazia il governo, il ministro Nordio e molti altri; parzialmente critici le opposizioni al governo, per Ivan Scalfarotto (senatore di Azione-Italia Viva) è “una buona notizia più che dimezzata, dato che a Milano le competenze sono molto ridotte”, mentre Lia Quartapelle (Pd) si chiede: “Milano avrà le competenze di Londra o sarà una scatola vuota?”.

Firma_dei_trattati_di_Roma_(1957)

Ma torniamo al 1958. Negli anni Cinquanta, gli Stati membri della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) discussero diversi progetti di capitale.  In primis si parlò di qualcosa al confine tra Francia e Germania. Ma nel 1952, a seguito dell’opposizione della Francia a qualsiasi idea di zona extraterritoriale in Alsazia, gli Stati membri respinsero il progetto.

Poi fu la volta del Saarland che fu dal 1947 al 1956 un protettorato francese, una bozza di risoluzione del Consiglio d’Europa caldeggiava uno status europeo per la regione. Ma tutto finì dopo il referendum il cui risultato alla lunga fu l’integrazione della regione nella Repubblica federale di Germania, (Trattato di Lussemburgo, 27 ottobre 1956). Nel frattempo ci si accontentava del Lussemburgo, una soluzione provvisoria perché non si riusciva a mettersi d’accordo su nulla.

Non mancarono proposte creative: un architetto americano, James Marshall Miller, propose la creazione di “Lake Europa”, una capitale europea federale attorno un lago artificiale sul fiume Mosella, al crocevia di Francia, Lussemburgo e Germania, nei pressi di Schengen.

manifesto_europaUn anno dopo la firma dei trattati CEE ed Euratom a Roma, si parlò di una sede definitiva ipotizzando il Lussemburgo che però si negò, perché la casa regnante con l’appoggio dell’arcivescovo e dell’opinione pubblica ritenne che l’arrivo di migliaia di funzionari (con le loro famiglie) di vari paesi (e religioni) avrebbe stravolto la natura della città.

Il governo belga, da parte sua, dando per scontato che la sede scelta da tutti sarebbe stata Lussemburgo, si era impegnato internamente a chiedere che la sede della Comunità economica europea fosse a Liegi, dove molte acciaierie erano state chiuse.

Il Consiglio decise così di organizzare un concorso per scegliere una capitale per l’Europa, l’Italia propose Monza, Stresa (dove nel 1958 si tenne convocata da Sicco Mansholt una conferenza fondamentale per la storia della politica agricola europea), Milano e Torino (candidata il 27 febbraio 1957 dal consiglio provinciale che “fa voti affinchè il Governo …voglia sostenere quale sede del MEC la città … disposti ad affrontare un notevole sforzo finanziario (bontà loro ndr)”.

STRESA

Il 23 giugno 1958 all’Assemblea Parlamentare Europea si votò: Bruxelles vinse con 170 punti, seguita da Strasburgo (161 punti), Milano (155), Nizza (153) e Lussemburgo (99), ma non fu presa nessuna decisione formale in attesa di una scelta definitiva rinviata al 1962 e poi ancora e poi ancora, e questa fu la pietra tombale sulle aspirazioni milanesi. Raccontano i giornali locali che la “La Perla del Verbano, Stresa nel primo scrutinio, si è piazzata – ci si perdoni l’espressione propria del gergo sportivo – in posizione di centro classifica, davanti a Torino, Monza”.

Nel 1965, la decisione degli Stati membri sull’ubicazione provvisoria delle istituzioni confermò l’esistenza di tre sedi europee per le istituzioni: Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo. In pratica si decise che Bruxelles sarebbe stata la “sede provvisoria” della Comunità europea. Ricorda Fabio Colesanti (https://it.quora.com/): “Quando ho cominciato a lavorare alla Commissione europea nel 1977 la carta intestata menzionava un indirizzo provvisorio”.

E tutto provvisorio restò fino al Consiglio europeo di Edimburgo nel 1992 quando finalmente Bruxelles diventò la sede ufficiale di quello che doveva poi diventare l’Unione europea. Fino a quel momento, non era mai stato concesso alla Commissione europea o al Consiglio dei ministri di poter acquistare un immobile per i loro uffici, erano sempre stati in affitto a causa della finzione giuridica della “sede provvisoria”. Tutta la storia in: EPRS_BRI (2016)589820_IT

MEDAGLIA FERRARIE veniamo alla candidatura di Milano. Il sindaco Ferrari nel 1960 nel rendiconto che fece della sua sindacatura su I quaderni della città di Milano, pregevole rivista mensile di Palazzo Marino, ne fa la storia: “Nel momento in cui si cercò una città d’Europa ove stabilire le istituzioni sorte… Milano apparve a molti una sede ideale… nessun’altra città dei Paesi membri poteva offrire” ma “la scettica indifferenza con cui in molti ambienti nazionali si guardava… non poteva non influire in senso fortemente negativo… il governo italiano non colse assolutamente il valore politico della scelta e, di fronte alla decisa azione del governo belga a favore di Bruxelles non seppe opporre altro che un augurio a che l’onore e l’onere venga attribuito prima di tutto all’Italia perché poi sarà interesse generale far cadere la scelta sulla città che sarà ritenuta più adatta permettendo nel frattempo il fiorire indiscriminato delle candidature Torino, Stresa, Monza, Varese e squalificando ogni ulteriore istanza al rango di velleità campanilistica e di bega municipale…

L’11 giugno il nostro consiglio dei ministri rinviava ogni decisione fino a quando avrà potuto conoscere il punto di vista della rappresentanza parlamentare a Strasburgo, cioè praticamente si rifiutava di decidere”, se non siamo alla Roma ladrona poco ci manca.

Il sindaco proseguiva: “Niente fu tralasciato, il voto di Strasburgo rappresentava una vittoria per Milano che, contro ogni previsione degli ambienti politici stranieri e forse non soltanto stranieri, risultava con Bruxelles e Strasburgo una delle tre città che l’assemblea proponeva ai ministri per la scelta a capitale” che come abbiamo visto non vi fu mai perché, continua Ferrari – fermo sostenitore della maggioranza governativa – “troppo debole sul piano politico e diplomatico la posizione italiana… troppo distratta e superficiale la nostra partecipazione… i fatti hanno continuato e continuano a dare ragione a Milano… al suo incancellabile destino europeo.”

it_ciro-fontana-850_originalMeno aulica ma più colorita la versione di Ciro Fontana per quarant’anni in Comune: “Se almeno una parte della gente che si presentava a Palazzo Marino con il solo risultato di far perdere tempo si fosse impegnata sul serio verso un obiettivo non solo prestigioso ma una volta tanto prodigo di arrosto anziché di fumo, oggi Milano avrebbe ben altra forza e importanza in campo europeo… Ferrari aveva fatto l’impossibile, ma in questa azione si era trovato solo. Anzi, peggio si era trovato vicino tanta gente anche importante che dopo aver assolto con grande diligenza il proprio compito di comparsa, una specie di trionfo dell’Aida, lo aveva disinvoltamente piantato in asso”.

Esilarante il racconto del viaggio a Strasburgo al seguito di due assessori l’avvocato Steno Baj della DC e Giuseppe Spalla del Psdi, per portare il materiale esplicativo/propagandistico. I doganieri italiani bloccano il Fontana e il funzionario della camera di commercio che viaggiavano in treno per risparmiare, perché i materiali, dei libri, non erano fiscalmente in regola!

Superato il blocco dopo una notte di attesa in dogana, ripartono incontrando casualmente nel vagone “un parlamentare bergamasco delegato a Strasburgo. Naturalmente gli esposi con cuore il motivo del nostro viaggio. Mi rispose che non sapeva nulla di questa faccenda… e poiché gli sembrava che una volta, ma non si ricordava quando Milano era stata capitale d’Italia, mi pregò di fargli avere qualche informazione sull’argomento, che avrebbe opportunamente sviluppato e sfruttato”.

downloadMa la fantozziana missione prosegue: “A Strasburgo ci attendeva una notizia sorprendente e cioè che esisteva in luogo un ambasciatore italiano addetto ai rapporti con Governo-Comunità Europea. E noi non lo sapevamo… Egli era al corrente delle aspirazioni di Milano ma mi accorsi subito che sul nocciolo della questione divagava… gratta gratta venne fuori che se si potevano trovare appoggi presso le delegazioni straniere, era assai difficile trovarne nella delegazione italiana… mi precipitai a telefonare al sindaco per comunicargli che, a mio avviso, era meglio porre sull’argomento una robusta pietra tombale… mi ordinò di rientrare subito a Milano dopo aver distribuito come e a chi volessi il nostro abbondante materiale illustrativo”.

Storia di 75 anni fa, però una continuità c’è: la convinzione cittadina che ogni qualvolta Milano si candida si scontra con un atteggiamento distratto e superficiale (signorile eufemismo avrebbe detto Ciro Fontana) delle autorità romane.

Walter Marossi

 



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