30 settembre 2020

RISCOPRIRE IL “DIBATTITO PUBBLICO”

Un processo decisionale quasi mai applicato oggi indispensabile


Mai come ora è indispensabile riprendere la strada del DIBATTITO PUBBLICO le cui norme e procedure ci sono ma che viene visto con insofferenza dagli amministratori pubblici ma che è un diritto dei cittadini.

gennai

Milano e i suoi argomenti principali: le periferie, la mobilità, i trasporti, l’inquinamento, argomenti che chiamano tutte le parti in causa, Ordini Professionali, Professionisti, Università e cittadini, alimentando il dibattito e il confronto con la Giunta, tuttavia senza alcun risultato concreto, soprattutto là dove ci sono grossi interessi finanziari di Società Private o capitali esteri e la politica cerca un centro di gravità permanente.

Si continua a parlare di partecipazione, dell’importanza di dare al cittadino la parola, là dove si decidono le priorità, si cercano gli strumenti legislativi e giuridici per aprire le porte di palazzo Marino alla partecipazione diretta della Società Civile, senza giungere mai alla soluzione. Per la verità questa Giunta cerca di sorprendere con soluzioni spesso evanescenti talvolta efficaci grazie all’impegno del singolo Assessorato alla partecipazione Pubblica, ma una forma definitiva che metta “i paletti” non c’è.

Il cittadino non dovrebbe privarsi di quest’opportunità giacché primo beneficiario o vittima secondo i punti di vista. Tuttavia oggi il cittadino ha un atteggiamento scettico e refrattario, nonostante gli inviti a una maggiore partecipazione, timidi tentativi di apertura della classe politica, attenta a non concedere troppi spazi, se mai cercando di gestire il fenomeno, promuovendo la Democrazia partecipativa, un punto d’incontro tra la Democrazia rappresentativa e la Democrazia diretta. Certo nessuno vorrebbe essere governato da inesperti, ma neanche da incompetenti peraltro neanche scelti direttamente dal Popolo.

Si dirà che la politica è indispensabile, l’espressione della società nel bene e nel male, ma oggi gli schemi sono saltati, la classe politica ha dato dimostrazione d’inerzia, di incapacità se non irresponsabilità davanti a una situazione che non poteva e non doveva essere demandata o declinata ad altri, questa pandemia, facendo cadere il Paese nella disperazione nonostante gli sforzi di un Governo che si è trovato a dover gestire un attacco alla base della Società, la salute pubblica. Occorre cogliere l’opportunità per cambiare qualcosa, per noi stessi e soprattutto per le generazioni a venire.

Partendo da qui, vanno trovate delle soluzioni per dare luogo a un confronto costruttivo vero tra la Società Civile e le Istituzioni,soprattutto nei programmi di profonda rigenerazione, in una città che comunque continua a crescere in centro e ostenta sicurezza e prosperità ma non equamente distribuiti, dove è aumentato il “gap” tra chi sta bene e chi sta male, e si nota un processo di sedimentazione della sopravvivenza da un lato e dell’opulenza dall’altro, tollerata se non condivisa dallo stesso cittadino che, suo malgrado, deve lottare per sopravvivere senza attingere da energie alternative, sempre meno propenso alla lotta, alla protesta civile, forse perché troppo spesso inascoltata se non ostacolata.

Le politiche degli ultimi anni, espresse da una generazione di politici e avallate da Manager privati per lo più incapaci ma “fidelizzati”, unite alle manovre eseguite dalle grandi Aziende Pubbliche e Private, veri e propri “buchi neri” che hanno inghiottito diverse manovre finanziarie e fondi Statali, soprattutto tanti soldi degli Italiani. Occorre precisare che ci sono anche buone cose fatte, ma sempre senza la partecipazione diretta della Società Civile, tranne rari casi.

Noi cittadini, dobbiamo assolutamente trovare le energie per essere parte in causa, in ogni tavolo di discussione, esigere di essere ascoltati, partecipare alle decisioni importanti e ai progetti futuri, qualsiasi essi siano e ovunque siano. I progetti di sviluppo o di rigenerazione, devono essere sottoposti all’approvazione popolare prima che siano realizzati. Sempre più cittadini, professionalmente preparati, manifestano il desiderio di partecipare attivamente ai tavoli tecnici e non solo, non basta chiedere la partecipazione tramite web, importante quanto effimero e utile solo a far capire la % di gradimento alla Giunta, utile a individuare le strategie politiche e a porre una soglia di allarme, qualora i numeri diventino massa critica, dunque da gestire diversamente.

Oggi c’è uno strumento legislativo che può dare voce a coloro i quali siano disposti a mettersi in gioco per la collettività con competenza e responsabilità. Questo strumento deve essere utilizzato ogni qualvolta ci sia un progetto da sviluppare, si chiama DIBATTITO PUBBLICO ed è l’unico vero strumento che si possa definire, di Democrazia Partecipata.

Tale strumento, è divenuto legge da fine agosto 2018, dunque un diritto del cittadino esigerlo nella forma più appropriata, e deve essere utilizzato in modo sistematico, anche sotto le soglie imposte dalla legge stessa.

Non lasciamo ad altri la decisione su quanto e cosa ci riguarda. Le competenze tecniche Civili da contrapporre alle competenze tecniche interessate in qualche modo, devono essere messe in grado di avere accesso agli atti in modo da contrastare oggettivamente i progetti non adeguati, dannosi o inutili e di promuovere un processo di sviluppo della Città, nel senso de l’equilibrio, della distribuzione.

Una nuova finestra si apre e ci fa vedere prospettive fin oggi non visibili. Occorre che questa finestra sia un punto di decollo per volare su una nuova modalità di gestione dello sviluppo e dei cambiamenti a Milano. Nessun’altra logica dovrà prevalere quando si parlerà d’interventi supportati da grandi risorse economiche pubbliche e private, se ricadenti sulla vita dei cittadini e sull’assetto urbanistico, sociale, economico della Città.

Nel caso di progetti già in corso, deve essere rivisita la procedura di controllo sull’opera, per capire i perché dei ritardi, degli extrabudget, di certe stime iniziali cosi lontane dai costi effettivi, per fa si che i responsabili paghino eventuali negligenze, omissioni o vere e proprie operazioni di dirottamento dei fondi, verso interessi personali.

Vanno reinventati protocolli e stabilite nuove regole sugli appalti pubblici ricadenti sui territori, sulle città, dunque sui cittadini.

Quanto sopra riprende concetti già espressi ma ancora latitanti in una Società forse, spaventata, tuttavia incline ai richiami della grande bellezza, tendente ad ascoltare gli ultimi ma lasciandoli tali, radicata sui pregiudizi, sui cliché, sulla convenienza privata anche se essa non è giuridicamente perseguibile. È un onere della nostra generazione, cambiare gli strumenti di gestione del potere e dare ai nostri ragazzi una possibilità di cambiamento strutturale della Società, dove la politica non sia, di fatto, l’unico strumento ma uno degli strumenti del Sistema.

In sintesi:

Il dibattito pubblico si svolge prima delle procedure di Valutazione d’impatto ambientale, quando diverse ipotesi progettuali sono aperte.

Il DPCM 76 del 10.5.2018, Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologia e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico attua l’art. 22 comma 2 del decreto legislativo “Codice dei contratti pubblici” (18 aprile 2016, n. 50, modificato dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56). Nelle premesse si fa riferimento alla legislazione ambientale (articolo 23 del DL 152 del 2006) che riguarda la documentazione da presentare in sede di VIA.

Il dibattito pubblico si svolge prima delle procedure VIA, quando diverse ipotesi progettuali sono aperte.

I parametri delle soglie dimensionali delle opere che fanno “scattare” l’obbligatorietà del dibattito pubblico, sono nell’Allegato al DPCM. Nel Decreto sono aggiunte specifiche che riducono le dimensioni degli appalti se si svolgono in zone protette dall’UNESCO, in aree parco a prescindere dai casi di attivazione obbligatoria, l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore possono comunque indire su propria iniziativa il dibattito pubblico quando ne rilevano l’opportunità. Ci sono poi una serie di specifiche per la richiesta di dibattito pubblico, tra cui la richiesta di un Consiglio Regionale, la firma di 50 mila cittadini, consigli comunali associati, ecc. hanno la possibilità di richiederlo. Questo punto determina la possibilità che si realizzino dibattiti pubblici anche fuori dalle condizioni previste per legge, ma lega questa possibilità a valutazioni diverse, di tipo politico, di contesto culturale e sociale.

Il dibattito pubblico prima della costruzione di una grande infrastruttura prevede che i cittadini siano informati sulla progettazione in corso (progetti di fattibilità, o documenti di fattibilità delle alternative progettuali delle opere) e che le loro osservazioni possano influenzare il proponente.

Viene istituita una Commissione (che dovrebbe essere insediata a metà settembre 2018, cioè 15 giorni dall’entrata in vigore del DPCM, il 24 agosto 2018) presso il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. La composizione include Ministeri competenti e istituzioni e governa tutti i percorsi che verranno promossi, sceglie il coordinatore, la figura centrale da cui dipende la correttezza, imparzialità e solidità di tutto il percorso. Il coordinatore segue la procedura che dovrebbe durare 4 mesi, ma può essere prorogata di altri 2, quindi è molto veloce, e dovrebbe garantire a chi presenta un progetto di conoscere e affrontare le criticità e opposizioni sul territorio, di capire quali sono i soggetti più fragili da tutelare e tutti gli interessi delle parti. Alla fine del percorso il proponente fornisce tutte le informazioni su come terrà conto e della raccolta di opinioni e discussioni che ci sono state

Un primo dibattito pubblico svolto in Italia è stato quello sulla Gronda di Genova, coordinato da Luigi Bobbio, Andrea Mariotto, Paola Pucci – iniziato nel dicembre 2008 e concluso a maggio 2009 sul raddoppio di un tratto autostradale ligure, la c.d.: sembrava prospettare una nuova realtà di partecipazione in Italia, che venne condotta senza un quadro legislativo nazionale (2). Recentemente hanno avuto luogo due dibattiti pubblici regionali: su opere di ampliamento del porto di Livorno e sul ripristino di cave ambientali a Gavorrano, Grosseto.

Infatti, la legge toscana sulla partecipazione (n. 69, 2007 e poi n. 46, 2013) è stata la prima a sperimentare sul territorio gli strumenti deliberativi e continua ad essere un esempio, con la sua struttura, finanziamenti e personale dedicato, così come la Regione Emilia-Romagna, che dopo la legge del 2010 ha di recente ha proposto la “Legge sulla partecipazione all’elaborazione delle politiche pubbliche”.

Tipologie e soglie dimensionali delle opere per le quali il dibattito pubblico è obbligatorio

Autostrade, strade extraurbane e tronchi ferroviari con un valore d’investimento pari o superiore a 500 milioni di euro. Aeroporti e porti, sopra i 200 milioni di euro, interventi per la difesa del mare, e delle coste sopra i 50 milioni di euro, piattaforme di lavaggio delle acque di zavorra delle navi, sopra i 150 milioni di euro. Interporti e infrastrutture sopra i 300 milioni di euro. Elettrodotti e impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole come le dighe. Infrastrutture di uso sociale, culturale, sportivo, scientifico o turistico, impianti industriali e infrastrutture energetiche sopra i 300 milioni di euro.

L’Istituto partecipativo francese

I grandi interventi infrastrutturali devono essere decisi solo dopo un ampio e regolato confronto pubblico, per favorire la partecipazione dei cittadini a decisioni che hanno impatto rilevante sull’ambiente, come richiesto dalla Convenzione di Aarhus del 1998 e come avviene da tempo in Francia con le procedura di dibattito pubblico prevista dalla legge Barnier L.95-101 del 2 febbraio 1995 e il decreto applicativo n°96-388 du 10 mai 1996 e  la legge 276 dell 2002 dedicata alla démocratie de proximité. La Commissione nationale du débat public francese, composta da 25 membri è un’autorità indipendente, dotata di veri e propri poteri e con finanziamenti gestiti in modo indipendente. Attualmente il dibattito pubblico è inserito nel codice ambientale e si attiva su un progetto (pubblico o privato) che superi 300 milioni di euro. Il ruolo della commissione in ciascun dibattito è quello di aiutare il pubblico a esprimere le proprie preferenze e di facilitare l’espressione di tutti i punti di vista.

Il dibattito deve permettere:

  • di mettere in discussione l’opportunità di un progetto (va realizzato o no?)

  • di esaminare le varianti se esistono (che forma deve prendere, che direzione?)

  • di discutere le conseguenze del progetto sulla gestione del territorio

  • di discutere gli impatti sull’ambiente

Tre i principi chiave: la trasparenza, l’argomentazione e l’equivalenza di trattamento di tutte le opinioni espresse.

Gianluca Gennai



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  1. Donatella De ColGentile sig. Gennai, Purtroppo il MIT non ha ancora costituito la Commissione Nazionale per il Dibattito Pubblico che doveva essere insediata a metà settembre 2018 per attivarlo. Come si può vedere sul sito del Ministero Infrastrutture e Trasporti, infatti, l'ultimo aggiornamento in merito risale al giugno del 2017 (!): http://www.mit.gov.it/ricerca/dibattito%20pubblico Ora poi, a complicare ulteriormente le cose, è arrivato il Decreto Semplificazione, che consente uno slittamento del Dibattito Pubblico di ulteriori tre anni. Per trovare questa informazione bisogna cercare bene nella seconda lettura del disegno di legge, a pag.10, dove si trova la seguente integrazione del comma 6 dell'Art. 8 : '« 6-bis. In considerazione dell’emergenza sanitaria da COVID-19 e delle conseguenti esigenze di accelerazione dell’iter autorizzativo di grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulle città o sull’assetto del territorio, sino al 31 dicembre 2023, su richiesta delle amministrazioni aggiudicatrici, le regioni, ove ritengano le suddette opere di particolare interesse pubblico e rilevanza sociale, previo parere favorevole della maggioranza delle amministrazioni provinciali e comunali interessate, possono autorizzare la deroga alla procedura di dibattito pubblico di cui all’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e al relativo regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n. 76, consentendo alle medesime amministrazioni aggiudicatrici di procedere direttamente agli studi di prefattibilità tecnico-economica nonché alle successive fasi progettuali, nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50». VEDI: http://www.appaltiecontratti.it/wp-content/uploads/AC-2648-Dl-76-Semplificazione-Seconda-lettura.pdf
    7 ottobre 2020 • 18:08Rispondi
  2. Gianluca GennaiGentile Sig.ra De Col, la ringranzio per il suo intervento che rafforza, se mai ce ne fosse bisogno, la negazione, quel sottofondo di latitanza instituzionale in cui non vorrei si nascondessero i tanti volti del "non fare finche' posso non fare". Vede, le grandi citta' come Milano, potrebbero utilizzare a pieno lo strumento del dibattito pubblico come anche Lei scrive ed questo il tema di fondo. Ma chi lo farebbe potendone fare a meno? Chi vorrebbe aggiungere al tavolo della discussione, il cittadino critico? Come si potrebbe gestire quel modus operandi tipico di chi conosce i numeri e controlla la massa critica, manipolandola con le modalita' che sappiamo. Allora parliamone se vogliamo, avendo cura di dire che questa Giunta non e' illuminata come vuole far credere, non ha il coraggio di tentare vie difficili ma nuove, non ha l'entusiasmo del precursore ne l'audacia del visionario.Resta li queta, non inerte, fa quello che deve fare a porte chiuse, dando al cittadino l'illusione di un futuro migliore. soprattutto a chi ha un presente peggiore.
    7 ottobre 2020 • 23:47Rispondi
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