14 luglio 2020
IL CIVISMO È MORTO, VIVA IL CIVISMO
Riflessioni sulla sinistra milanese
2011: una Milano addobbata da drappi arancioni saluta la travolgente vittoria di Giuliano Pisapia (11 punti percentuali sopra la Moratti); una vittoria popolare di tutta la città in tutti i nove municipi. 2016: con una campagna elettorale piuttosto fredda vince di misura Beppe Sala (3 punti e mezzo da Parisi), vittoria ammaccata, cinque municipi tornati al centro-destra e la stessa lista promossa dal sindaco Pisapia uscente, SinistraXMilano, che non arriva al 4% dei voti.
In mezzo, l’aver disatteso la volontà espressa dalla stragrande maggioranza dei milanesi nei cinque referendum ambientali del 2011; la controversa vicenda di Expo, l’evento internazionale per il quale si voleva catapultare Milano sulla scena internazionale; la conclusione di molti luccicanti cantieri che hanno poi cambiato il volto della città (Porta Nuova, City Life, i boschi verticali): tutte trasformazioni concepite e deliberate dalle giunte di centro-destra precedenti e terminate dopo il cambio di maggioranza.
Su queste trasformazioni, farina del sacco del centro-destra, si è poi imperniata la narrazione sulle magnifiche sorti progressive della città che tutti ben conosciamo, avviatasi nella prima consigliatura di centro-sinistra, culminata con la campagna di Sala, proseguita in maniera martellante per tutti questi anni ed incagliatasi solo di recente per un fattore esogeno alla politica, l’emergenza Covid-19.
Il centro-sinistra (con l’accordo sugli Scali Ferroviari, con il PGT, con lo Stadio) ha tangibilmente fatto propria la sostanza delle scelte amministrative di trasformazione del territorio di chi lo ha preceduto fino al 2011, promuovendone ed esaltandone i presunti benefìci futuri, al punto che persino Forza Italia ne ha condiviso – col voto – alcuni passaggi amministrativi. È in questa praticata, deliberata e sfacciatamente rivendicata continuità di politica urbanistica da parte dell’amministrazione di centro-sinistra che quel dissenso, già tangibile nelle urne nel 2016 e via via da allora più evidente, ha iniziato a manifestarsi anche nelle piazze.
Il civismo arancione del 2011, traditi i princìpi che lo hanno animato (la promessa di una città pubblica, inclusiva, partecipata, verde e uguale), non ha smesso di esistere ed è riapparso sulla scena attraverso la formazione ovunque, in ispecie nelle periferie, di comitati spontanei di cittadini, molti dei quali animati proprio da coloro che, anni prima, credettero in una reale svolta arancione per la città. Adriana, Luciana, Gabriella, Patrizia, Tiziana, Silvia, Irene, Zoe, Sergio, Ivan, Stefano… loro e molti altri li trovate lì, nelle piazze ed in ogni utile occasione, a testimoniare ed organizzare un impegno mai sospeso di cui faccio solo alcuni esempi.
A Città Studi (contro lo spostamento della Statale ad Expo), a Piazza d’Armi (in difesa del grande parco contro l’invasione di decine di palazzi), in Via Stresa (per l’edificazione di un fungo di venticinque piani grazie a un discutibile parere della Commissione Paesaggio ed a una interpretazione molto amichevole – per il costruttore – di una norma del Regolamento Edilizio), in Via Benedetto Marcello (la cui asfaltatura di un’area verde sancisce la palese indifferenza del Comune rispetto al vincolo ministeriale), a San Siro (contro le delibere di Giunta e Consiglio Comunale che consentono l’abbattimento dello Stadio Meazza), in Zona 2 (per uno dei cinque vasconi proposti per la costosissima parziale e surrogata riapertura dei navigli), in Piazza Baiamonti (in difesa di un’area verde liberata da un distributore): i comitati sorgono in ogni area della città. Ma c’è anche chi mette in discussione i destini già pensati su grandi aree in Bovisa, alla “Goccia”, al trotto ed all’ippodromo.
Tali manifestazioni hanno in alcuni casi avuto un esito che ha sfiorato l’evento drammatico: ricordo gli studenti della Statale in manifestazione pacifica contro lo spostamento ad Expo delle loro facoltà, malamente caricati dalla Polizia in via Festa del Perdono il 6 marzo 2018; ma anche, più recentemente in Via Bassini, camionette e poliziotti schierati a “difendere” l’abbattimento di decine di alberi al Parco Bassini da inermi cittadini in lacrime, erano le quattro di mattina del 2 gennaio 2020.
Tutti questi comitati, formatisi ciascuno su uno specifico tema, assai popolati da giovani formati ed informati, stanno esprimendo nella loro azione comune, una comune visione della città: una radicale critica al modo di intenderne la trasformazione ancora legato ai paradigmi del XX secolo – più cemento, più abitanti, uguale più sviluppo; a tale critica oppongono sempre le loro proposte.
Essi si oppongono al permanente ricorso alla “valorizzazione” dei suoli pubblici (alienati ad investitori privati con scarsi benefici per la collettività), alla sempre più palese distanza fra il detto (di Sala, di alcuni assessori della Giunta) ed il fatto (dai medesimi), con particolare riferimento ad efficaci e radicali scelte di tutela e promozione della qualità ecologica dell’ambiente, alla contestuale mancanza di reale partecipazione nei processi decisionali che coinvolgono ampie e/o significative porzioni del territorio.
E questa comune visione è sempre più distante dalla narrazione, mi verrebbe da dire, “di regìme” fin qui costantemente veicolata dalle pagine milanesi di Repubblica, oltre ad una serie di pagine Facebook, solo apparentemente terze, inspiegabilmente sempre sul pezzo con tanto di progetti e render presentati in rete con una tempestività impossibile al comune cittadino per le procedure amministrative di accesso agli atti (Chi si muove dietro costoro? Qualche assessore? Qualche investitore?)
Per usare le parole di Fulvio Irace, in un suo recente contributo sul Corriere della Sera: “il Re è nudo”. Questo modo di progettare la città non è più (politicamente, ambientalmente, socialmente) sostenibile e l’imbarazzato silenzio di Sala alle domande di Report (novembre 2019) circa le centinaia di milioni di utili concessi ad FS con l’accordo Scali Ferroviari (in cambio di un sostanziale nulla per la città) ne costituisce una delle rappresentazioni più tristemente efficaci.
2020: pochi mesi ci separano alla prossima tornata delle amministrative e, davanti a ogni contestazione, vien detto : “attenzione, i barbari sono alle porte della ZTL milanese”. Certamente tutte le critiche fin qui mosse e le proposte fatte non troveranno alcuna soddisfazione qualora essi dovessero abbatterne le mura. Anzi. Sono proprio loro, al governo di Milano per 18 lunghi anni ad essere stati i primi artefici di ciò che oggi non va più a Milano.
Ma è proprio per questo che tutti questi cittadini (spesso snobbati e ignorati da certa stampa mainstream, a volte anche politicamente ed economicamente collusa) meriterebbero di essere ascoltati senza diffidenze e timori. E certi àmbiti della sinistra milanese, non tutti va detto, dovrebbero dismettere le incrostazioni autoreferenziali che ne appesantiscono l’azione, che dovrebbe invece essere tempestiva, efficace, inventiva; oserei dire: coraggiosa.
Gabriele Mariani
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