29 maggio 2020

RICORDARE GLI ERRORI PER CREARE UN FUTURO MIGLIORE

L’insostituibile ruolo della memoria


Quando il presente ci atterrisce la memoria ci viene in aiuto per ricordare cosa ci ha condotto al presente. La funzione della memoria è anche quella di ricordare gli errori del passato per non cascarci di nuovo.

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Questa mia riflessione su Milano ha lo scopo di tenere viva la memoria degli errori che hanno commesso gli amministratori della città nel corso degli ultimi anni fino ai giorni più recenti della pandemia. Mi riferisco a quella parte della città, la più povera, quella delle periferie, dove vivono persone il cui unico reddito è la pensione minima; dove vive chi è disoccupato; dove vivono i vecchi che abitano da soli nelle case popolari, in un appartamento che rischiano di perdere quando sono ricoverati in ospedale perché qualcun altro lo occupa abusivamente.

Mi riferisco ai sottopassaggi lasciati incustoditi dove vengono violentate le donne che vi transitano per recarsi al supermercato (è successo il mese scorso in un sottopassaggio vicino a via Govone, in pieno giorno); alle strade periferiche lasciate sporche per settimane intere; ai condotti fognari che traboccano a ogni acquazzone e ai fiumi della città che esondano da anni invadendo cantine, seminterrati e via ad elevato traffico.

Tenere viva la memoria delle scelte amministrative che Milano ha “subito” nel corso del tempo non è un semplice esercizio di critica verso chi l’ha amministrata, ma è un modo che ci consente di conservare e recuperare le informazioni nel tempo e di ricordare gli errori commessi perché non debbano essere reiterati.

La memoria è una facoltà preziosa del nostro cervello e va allenata. Se permettiamo che gli errori cadano nell’oblio con il trascorrere del tempo, se non teniamo nella giusta considerazione gli sbagli del passato perché abbiamo il desiderio ansioso di ricominciare da capo, sarà più difficile in seguito recuperare questi sbagli e più facile ricommetterli.

Non dobbiamo ricordare soltanto ciò che è successo in epoca recente: non serve quasi a nulla se non a elaborare critiche che possono rivelarsi sterili. E’ la memoria a lungo termine quella che ci consente di immagazzinare le informazioni acquisite dall’esperienza, anno dopo anno, e di trattenerle a lungo elaborandole in modo che siano utili a creare un futuro migliore per la nostra città.

In altre parole, non si può parlare di futuro senza fare il punto sugli errori commessi fino ad ora, altrimenti rimaniamo nel mondo dei sogni.

Per parlare di Milano 2020 – 2030, così come si è proposto di far il sindaco della nostra città raccogliendo le proposte dei milanesi, è necessario correggere quei comportamenti ideologici ed etici che hanno portato la città a spaccarsi fra ricchi e poveri, fra lusso e fatiscenza, tra ordine e pulizia e degrado e sporcizia.

Ripeto, non si può evitare di ricordare l’abbandono sistematico delle periferie, gli sprechi (costruzioni e monumenti orrendi e inutili sparsi qua e là, per la gioia di qualche architetto amico) oppure l’uso spregiudicato delle sanzioni amministrative (già di per sé ingiuste in quanto non progressive) e l’utilizzo spesso truffaldino degli strumenti di controllo come gli autovelox o i semafori tritacarne.

Non si può evitare di analizzare la pessima gestione del covid19, il cinismo, l’indifferenza per la salute dei cittadini, la finta indignazione per le rare violazioni delle ordinanze, i mancati controlli, i vigili quasi scomparsi perché messi in ferie in periodo di emergenza, quando in altre città, come Como per esempio ma non solo, la polizia locale ha svolto in sette settimane gli straordinari di un anno.

Come si può parlare di futuro senza immaginare, indipendentemente dal colore politico, un’amministrazione finalmente leale, sincera, onesta, ma anche trasparente, dignitosa e coraggiosa; una conduzione di Milano priva di quell’untuosa piaggeria nei confronti dei potenti, che ha seminato la città di edilizia a esclusivo beneficio di persone ultra-facoltose

Ma anche di grattacieli delle assicurazioni, che non sapevano più come investire i proventi sproporzionati delle loro discutibili attività. Costruzioni accompagnate da una sistematica distruzione del verde, quasi isterica verrebbe da dire. Ma, nel tempo, le amministrazioni della città si sono confrontate in un’altra strana gara: l’abbandono di una certa edilizia storica.

Stupende costruzioni d’epoca, spesso in stile coloniale, sono state lasciate marcire giorno dopo giorno, consapevolmente, in spregio alla bellezza ma in previsione di future speculazioni. In nome di una Milano sempre più indigesta: la Milano da bere.

Giovanna Guiso



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