19 marzo 2024

8 MARZO. LA VOCE LIBERA E NON CONFORME DI MICHELA MURGIA

Una donna che lascia un segno di sé


Michela-Murgia

Nei mesi che ci separano dalla sua prematura scomparsa la società civile ha espresso in molti modi gratitudine e ammirazione per Michela Murgia, una donna che non ha mai rinunciato a prendere posizione e ha saputo animare e tenere acceso il dibattito pubblico, culturale e politico, facendo sentire forte e chiara la sua voce di paladina dell’autodeterminazione, per la solidarietà e l’etica della cura, per la difesa della famiglia non tradizionale e le minoranze.

Una scelta non priva di difficoltà la sua, che non le ha risparmiato di essere vittima di diffamazione e calunnia da parte degli odiatori social, degli avversari politici e dello sciacallaggio mediatico; il racconto “Il senso della nausea”, nell’ultimo libro “Tre ciotole”, è ispirato proprio dalle reazioni fisiche che le provocavano i commenti di odio e il bullismo di cui è stata incessantemente vittima.

Michela ha fatto tanti mestieri, venditrice in un call center, portiere di notte, insegnante di religione nelle scuole medie, scrittrice, blogger, opinionista e attivista dei diritti civili.

 “Ho cinquant’anni, ma ho vissuto dieci vite. Ho fatto cose che la stragrande maggioranza delle persone non fa in una vita intera. Cose che non sapevo neppure di desiderare. Ho ricordi preziosi”, ha detto in una delle ultime interviste, rilasciata a Aldo Cazzullo per le pagine del Corriere della sera.

Fino all’ultimo ha voluto con tutta se stessa dedicarsi all’“amicizia civica”, in favore dei diritti e di una società più inclusiva, non patriarcale e basata sulla parità di genere.

Michela Murgia ha avuto occhi penetranti per guardare e sognare e la forza di esprimere sempre a voce alta il proprio pensiero, animata da coraggio, calda passione e anticonformismo: per questo è possibile affermare con le parole pronunciate dal cardinale Zuppi, presidente della CEI, nella cerimonia di commiato che “il libro della vita di Michela, scritto per passione, non è finito”.

Una nuova pagina è andata in scena al Teatro Carcano in occasione della Giornata internazionale della Donna, uno spettacolo comico e dissacrante su quanto la discriminazione di genere passi spesso proprio dal linguaggio. Il tema prende spunto da uno degli scritti di Michela Murgia Stai zitta!, a cui tre brillanti attrici danno voce, convinte che nulla potrà cambiare davvero, se non impariamo a usare le parole giuste, in particolare quelle che definiscono il sistema discriminatorio nel quale viviamo.

Per Antonella Questa, sul palco insieme  a Valentina Melis – ambasciatrice di Differenza Donna nel 2021 – e Teresa Cinque, la sfida è fare proprio l’obiettivo di Murgia, cioè che tra dieci anni una ragazza, leggendolo,  trovi questo libro antiquato e, se possibile, dare un contributo a accorciare i tempi, impegnandosi in modo attivo su un tema dichiaratamente antipatriarcale. C’è una quarta donna alleata con loro nel progetto, la regista Marta Dalla Via: la loro sorellanza ha in comune l’impegno del teatro sociale, realizzato con un originale stile comico.

Le “frasi che non vogliamo più sentirci dire!” offrono lo spunto narrativo per dare corpo a una carrellata di personaggi e situazioni, il cui focus è sempre il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora la più sovversiva: se non impariamo a usare le parole giuste, in particolare quelle che definiscono il sistema discriminatorio nel quale viviamo, nulla potrà cambiare davvero e in modo radicale l’educazione femminile alla subordinazione e quella maschile imbevuta di proiezioni dominanti e possessive, fino ad arrivare alla violenza di genere quasi quotidiana.

Il sold out nei tre giorni di programmazione milanese e l’accoglienza entusiasta e calorosa del pubblico è un successo anche della direzione artistica di Lella Costa, che ha raccolto la sfida di rigenerare e rilanciare la programmazione del Teatro Carcano, insieme a altre due donne, Serena Sinigaglia e Mariangela Pitturru. Una triarchia di donne colte, introspettive e sensibili, con la capacità di raccontarsi e di capirsi al volo, con innata complicità e ironia, che rappresentano un punto di riferimento importante per la vita culturale meneghina, ognuna con un ruolo e delle competenze specifiche, tutte con l’ambizione di offrire al pubblico un progetto politico e culturale di grande attualità e rilevanza sociale e umana, contro il patriarcato e le imposizioni del conformismo e del perbenismo.

Cariche dell’emozione dello spettacolo, possiamo dedicarci ora all’ultimo lascito di Michela Murgia, Dare la vita, pagine sulla famiglia, sull’adozione, sulla figliolanza d’anima, sul superamento del sangue come paradigma d’identità, e, più in generale, sul senso della genitorialità e parentela, che la scrittrice ha dettato con lucidità a uno dei suoi “figli d’anima” e che sono state pubblicate postume.

Al centro del suo testamento politico c’è la famiglia queer, allargata, ibrida, non convenzionale, “fatta dalle persone che scegliamo”, “non segnata da legami di sangue”, ma fondata sulle affinità e la scelta, dove le relazioni contano più dei ruoli e dove i rapporti superano la performance dei titoli legali e limitano le dinamiche di possesso[1].

Il suo impegno civile vuole che ogni tipo di famiglia, anche quella che non prevede legami di sangue, possa avere un riconoscimento di fronte alla legge.

Per chi crede alla sopravvivenza del pensiero affidato alla testimonianza civile, ai libri e a tutte le espressioni artistiche, Michela Murgia continua a vivere e a accompagnare il dibattito pubblico, illuminando con la sua intelligenza emotiva la visione di una nuova società possibile.

Rita Bramante

[1] M.MURGIA, God save the queer. Catechismo femminista, Einaudi, 2022



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  1. Antonella NappiNon dimentichiamo la differenza femminile dai maschi, quella del corpo, del pensiero, dell'esperienza. Veniamo al mondo da donna, le relazioni parentali hanno una gioia e un valore da elaborare. La nostra unicità ci fa portatrici e portatori di capacità e di volontà, di desideri che trovano realizzazione nella nostra parzialità, nei limiti che ci connotano. Non umiliamo le donne ancora, hanno tirato fuori la testa dalle censure per anni e da poco sono state viste, non sommergiamole di nuovo con il maschilismo, con la prepotenza identitaria maschile. Sono le donne a poter dire cose nuove nella politica, viva la valorizzazione della politica che parte dalla loro esperienza. I maschi accettino di mettersi in discussione e di ascoltare le donne. Murgia era ancora dipendente dai maschi e dalla loro misoginia. Antonella Nappi
    20 marzo 2024 • 12:03Rispondi
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