20 aprile 2020

APP DI “TRACING” E FASE 2: TUTT’ORO QUELLO CHE LUCCICA?

Una voce critica dalla Germania


L’adozione di una app per monitorare la diffusione del Covid-19 solleva in Germania molti più dubbi che da noi. I tedeschi sembrano molto allarmati dal possibile uso distorto dei dati raccolti. Una applicazione sperimentale su un gruppo di militari sarà il test decisivo.

Fotografia di Nicolò Maraz

Fotografia di Nicolò Maraz

 

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In Germania l’attuale lockdown potrebbe essere ulteriormente allentato il 4 maggio. Affinché la riapertura non risulti in una seconda ondata di contagi, politici e scienziati hanno iniziato a prendere in considerazione la possibilità di introdurre dei metodi di tracing1 digitale e ad analizzarne l’implementazione.

Impiegare tali tecnologie era inimmaginabile per molti solo poche settimane fa, ma ora potrebbe diventare la realtà, almeno a detta dei politici, che sostengono che il tracing digitale tramite app per smartphone sia la via più veloce ed efficiente per tornare alla normalità. Una visione, bisogna ricordarlo, del tutto strumentale a favorire l’implementazione dell’app. Per questo motivo, anche se i livelli di fiducia nello Stato si sono alzati in modo significativo dall’inizio della crisi, i tedeschi dovrebbero continuare ad essere cauti e ad approcciare l’idea di adottare app di tracing con un salutare livello di dubbio, per non dire di resistenza.

Dopo che un primo tentativo, presentato dal Ministro della Sanità J. Spahn a fine marzo, di monitorare i dati di telefonia mobile (cioè di tracking) ha ricevuto una forte reazione negativa, il governo tedesco ha ora deciso di abbracciare una strategia alternativa, che si basa maggiormente sull’autonomia individuale, l’informazione e l’indipendenza. Ciò potrebbe comportare l’introduzione di un’app di tracciamento (cioè tracing) per controllare la diffusione del COVID-19 nei prossimi mesi. Ma il fatto che Spahn si sia allontanato dall’idea del tracking, peraltro solo a causa di pressioni da parte della popolazione e di contestazione politica, non significa necessariamente che le nuove idee saranno migliori.

Due settimane fa il Robert Koch Institut (RKI), il centro nazionale per il controllo delle malattie, ha rilasciato un’app per smart watches e fitness bracelets al fine di coadiuvare gli sforzi nazionali di tracing e, se possibile, identificare i limiti quando si tratta di usare la tecnologia digitale contro il COVID-19. Si dice che l’app “doni” dati anonimizzati sulle condizioni personali di salute ai centri di ricerca nazionali.

L’app è stata scaricata più di 100,000 volte nel giro di pochi giorni, in quello che appare come un evidente successo sia per i ricercatori sia per i sostenitori della tecnologia digitale di controllo delle epidemie. Tuttavia, osservando con più attenzione, le recensioni dell’applicazione sono spesso povere e includono molte critiche, per esempio di utenti che hanno dovuto condividere il loro codice postale, o che rilevano il fatto che il codice dell’applicazione non è open source, rendendo impossibile controllare la sicurezza dei dati personali. L’immagine di successo iniziale dunque potrebbe essere, almeno in parte, un’immagine distorta che non ci dà una visione comprensiva dell’opinione dei Tedeschi sulle app di tracing e della loro disponibilità ad accettarne l’introduzione.

Tuttavia, la vera domanda da porsi è se sia un’opportunità o un errore utilizzare l’attuale crisi per aprirsi alla tecnologia del tracing. Sembra proprio che i Tedeschi siano esortati a prendere una decisione alla quale non erano preparati negli ultimi decenni, e non sono preparati ora. Ovviamente, nessuno era preparato a questa crisi e a tutte le sue conseguenze, ma l’educazione digitale è da lungo tempo carente in Germania, compresi i livelli di conoscenza sul funzionamento, i limiti e le possibilità di protezione dei dati digitali e della privacy.

I vari tipi di meccanismi di sorveglianza, così come la digitalizzazione di alcuni processi, sono stati a lungo un tema delicato nel paese. Questo “scetticismo tecnologico” si staglia sullo sfondo di una storia traumatica, oscura, complessa e molto particolare, rendendo la condivisione di dati personali un argomento forse ancora più contestato che in altri paesi europei. Ciò detto, nessuna crisi dovrebbe giustificare scelte premature su questioni fondamentali come il trade-off tra una minore privacy digitale e un allentamento del lockdown.

Mentre alcuni pensano che la prospettiva tedesca, piuttosto conservatrice riguardo la digitalizzazione e i diritti alla privacy, sia obsoleta e pronta ad essere abbandonata, altri sostengono che essa sia ora più preziosa che mai, con aziende come Google e Facebook in agguato dietro ogni angolo. Pertanto l’implementazione di un’applicazione, anche se volontaria e anonima, per il tracing del Coronavirus non è affatto un “successo sicuro” in Germania.

Naturalmente, è comunque al limite del provocatorio affermare che il governo tedesco e il RKI intendono consapevolmente sfruttare la disperazione dei cittadini per installare un nuovo strumento di sorveglianza; la democrazia, l’attivismo politico e la consapevolezza potrebbero essere troppo ben affermati in Germania perché questo accada. Ma non si sa quali altri interessi siano incorporati nella proposta dell’applicazione e per chi, e in quali modi, i dati potrebbero essere o diventare accessibili. In Germania, il tracing è un argomento importante, e dovrebbe continuare ad essere trattato come tale.

A questo punto, potrebbe essere utile esaminare più da vicino l’argomento in discussione. Il tracing dei contatti è molto diverso dal monitoraggio della telefonia mobile (tracking), che è stato oggetto di discussione, ad esempio, in Italia, e che è stato inizialmente suggerito da Jens Spahn. Un’app di tracing scaricabile in modo volontario, che utilizza pseudonimi (“ID”) astratti e continuamente cambiati, in maniera randomica, si focalizzerebbe sul fermare catene di infezione (ovviamente anonime) piuttosto che sulla creazione di profili di movimento personalizzati attraverso i dati di telefonia mobile.

Più semplicemente l’app, utilizzando tecnologie Bluetooth e a infrarossi, sarebbe in grado di mandare una notifica agli individui che si sono ritrovati in prossimità di qualcuno che è risultato positivo al COVID-19 ed è ancora nella fase “contagiosa” della malattia, il tutto senza affidarsi alla localizzazione GPS. Questo potrebbe sollevare le autorità sanitarie dall’enorme carico di lavoro necessario per contattare chi è entrato in contatto con persone infette, manualmente e spesso con un discreto ritardo, che potrebbe essere minimizzato dall’applicazione.

In linea con il ragionamento di Linus Neumann, portavoce del “Chaos Computer Club” (la più grande associazione di hackers in Europa), molti hanno sollevato domande sulla praticità dell’app, chiedendosi come, esattamente, i dati saranno trasferiti una volta che un utente risulti positivo, senza condividere troppo sulla sua identità e sul suo “giro” di contatti personali.

Inoltre, se le persone dovessero informare l’app del loro status in modo indipendente, chi potrebbe controllare questo aspetto? Quanto spazio lascia questo meccanismo alla diffusione di informazioni false? Come si possono proteggere i cittadini dal “Bluetooth hacking”? E, cosa più importante, fino a che punto la partecipazione sarà realmente volontaria, tenendo in considerazione le pressioni economiche e sociali? Per esempio, cosa succederebbe se i negozianti rendessero l’aver scaricato l’app una condizione necessaria per entrare nel loro negozio? È discutibile se si possa ancora parlare, in casi del genere, di un carattere “volontario” dell’app, incluse le conseguenze che questo potrebbe avere per i livelli di utilizzo e cooperazione.

Ulrich Kerber, che è a capo dell’istanza di regolamentazione della privacy in Germania, ha ripetutamente sottolineato che l’affidamento alla cooperazione volontaria è fondamentale: è certo che un’app “obbligatoria” farà crollare drasticamente i livelli di partecipazione e consenso. Valutare fino a che punto i diritti umani, a livello individuale, possano essere sacrificati per un controllo più efficiente dell’epidemia è ora la questione fondamentale per la governance democratica, e pare stia mettendo alla prova il livello di fiducia che i cittadini ripongono nello Stato.

Secondo un recente sondaggio, il 47% dei Tedeschi sarebbe disposto ad installare e utilizzare l’app di tracing, dato che è al di sotto della soglia del 60-70% di installazioni necessarie perché l’app sia efficace. Anche se il 47% è comunque un dato impressionante a favore dell’app, circa il 45% dei partecipanti al sondaggio al momento sono attivamente contrari all’utilizzo dell’app, tra i quali una maggioranza è preoccupata del proprio diritto alla privacy, nel mezzo di varie preoccupazioni sull’efficacia e facilità di utilizzo dell’applicazione.

Molti, pare, percepiscono un’app di questo tipo come il primo passo verso uno “stato di sorveglianza”, e portano come paragone app simili utilizzate in Israele per “tracciare” le organizzazioni terroristiche. Sabato 11 aprile Klaus Müller, presidente dell’Associazione Consumatori in Germania, ha sottolineato che l’idea di un’app è accettabile solo se sarà proporzionata alla situazione attuale, efficace e, cosa ancor più importante, attiva solo per un tempo limitato.

Inoltre, il Forum per specialisti IT per la Pace e la Responsabilità Sociale ha dichiarato che non è chiaro quanto tali app di tracing saranno efficaci. Così, a livello di piani per l’applicazione, l’incerto vantaggio del controllo del virus si scontra con un altrettanto incerto rischio di infrangere la privacy dei consumatori. Secondo il Forum, i piani del governo solleticano un certo “fetish” neoliberista per le soluzioni tecnologiche che, tuttavia, potrebbe portare a misure spropositate. Il Forum conclude che gli sforzi del governo dovrebbero focalizzarsi sulla distribuzione di mascherine e sul potenziamento della capacità di testing per il COVID-19, piuttosto che sulla concettualizzazione di una “magica” app per il Coronavirus. Anche se la visione degli esperti disegna un quadro forse troppo scoraggiante degli attuali sviluppi, i dettagli e il funzionamento esatto di un’eventuale app necessitano sicuramente di più attenzione e trasparenza.

Con ciò non si intende dire che la tecnologia del tracing sia un male in sé, ma il modo in cui è stata portata all’attenzione del pubblico crea delle basi discutibili per prendere delle decisioni. I tedeschi ora devono stare attenti, per dirla con gentilezza, a non buttar via convinzioni già affermate a causa di un clima di urgenza e panico. Affrettarsi ad entrare in un territorio incerto come quello delle app di tracing, se non tecnicamente perlomeno mentalmente, può mettere le fondamenta per interventi ancora più rigorosi ed estesi da parte del governo, dei ricercatori e delle aziende in futuro.

Il governo tedesco ha già predisposto una campagna pubblicitaria e una informativa a proposito dell’app. La qualità di tale campagna d’informazione sarà centrale per prendere una decisione sul download dell’applicazione, e per navigare tutto il dibattito che ne è scaturito.

L’app proposta attualmente è in fase di sperimentazione presso un piccolo gruppo di soldati federali. I risultati di questa sperimentazione, così come la trasparenza e dedizione alla protezione dei dati e del diritto alla privacy, potrebbero essere decisivi per il successo (o insuccesso) di un’app di tracing in Germania.

Si spera che ciò stimoli nuovi dibattiti politici in tutte le case, portando a una ri-politicizzazione del controllo delle epidemie e delle relazioni tra lo Stato e la popolazione. Se anche una maggioranza sufficiente di Tedeschi installasse l’app non bisognerà abbandonare la ricerca di meccanismi di controllo del contagio più sicuri, ma anzi portarla avanti con lo stesso senso di urgenza di ora.

Lisa Pier

Traduzione di Elisa Tremolada

1 il tracing, diversamente dal tracking, si basa sulla connessione Bluetooth tra telefoni che si trovano a piccole distanze fra loro



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