3 marzo 2020

EMERGENZA SANITARIA E PATOLOGIA COSTITUZIONALE

La crisi mette in luce le aporie del Titolo V°


PER COMINCIARE: Il Titolo Quinto è quella parte della Costituzione Italiana in cui si descrivono le autonomie locali (Comuni, Province e Regioni). Pare sia caduto anch’esso vittima del nuovo virus: la vicenda del COVID-19 ha evidenziato ancora una volta la nebulosità delle norme quando si tratta di assegnare poteri e responsabilità ad uno degli enti citati o, come nel caso di Milano, ad una Città Metropolitana.

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Quando il morto piange, è segno che è in via di guarigione – disse solennemente il Corvo. Mi duole contraddire il mio illustre collega – soggiunse la Civetta – ma per me quando il morto piange, è segno che gli dispiace di morire.” Se pertanto le Ideologie sono morte, anche le Scienze non si sentono molto bene e non sempre riescono ad escludere esiti incerti ed effetti collaterali difficilmente controllabili.

Pertanto anche la pur avanzatissima scienza medica odierna deve fare i conti con momenti di crisi, di difficoltà ed imprevedibilità che segnano tanto la salute individuale quanto la normale vita sociale, economica e politica delle comunità. E tuttavia la crisi, insieme a disagi ed ansie, offre anche opportunità di riflettere e scoprire aspetti e risvolti ignorati o sottovalutati nella normalità.

Magari per ridestare – dal nostro piccolo osservatorio di isolani dell’arcipelago – critiche e proposte riguardo l’assetto organizzativo e la catena decisionale che hanno contrassegnato la gestione dell’emergenza, mettendo in luce contraddizioni strutturali per quanto governate alla meglio e spesso risolte “all’italiana”, anche seguendo la stereotipata arte di arrangiarsi.

Ma ci voleva proprio il virus malandrino per scoprire, dopo vent’anni, la contraddizione costituzionale insita nel Titolo Quinto (frutto del malcelato compromesso tra la tracotanza della Lega di Bossi e la remissività di un centrosinistra provato dalle capitolazioni successive di Prodi e D’Alema) ovvero tra due criteri dispositivi tra di loro incoerenti?

Il primo (articoli 114 e 118), ispirato ad una virtuosa “sussidiarietà” verticale tesa a regolare la differenziazione funzionale tra livelli istituzionali autonomi nei mezzi ma coerenti nei fini, è rimasto inapplicato e poi manomesso dalla pasticciata legge Delrio. L’altro (articoli 116 e 117) è divenuto invece subito operativo, improntato ad un perverso concetto di “concorrenza” destinata ad alimentare conflitti di competenza e rimpalli di responsabilità.

Tale disfunzione va avanti sottotraccia da due decenni, mitigata da faticose conferenze Stato-Regioni nonché da continui contenziosi presso la Corte costituzionale. Non toccata (se non in peggio) dai successivi tentativi di revisione costituzionale ed aggravata dalle recenti velleità di “autonomia differenziata”, che ripetono il copione di un aggressivo attivismo leghista contro la timida e tentennare risposta del campo cosiddetto progressista e riformista.

Si doveva allora aspettare una grave emergenza, ancora fortunatamente allo stato potenziale, per scoprire che al di là delle apprezzabili azioni messe in atto da pubbliche istituzioni, sistema sanitario, autodisciplina civile e sociale, occorre mettere mano ad una falla insidiosa nel guscio costituzionale, che se non sanata può vanificare pure le azioni più responsabili e consapevoli.

Va peraltro notato con rammarico che, a dispetto del principio di sussidiarietà e conseguente cessione di sovranità che avevano consentito l’originaria integrazione monetaria, la stessa contraddizione si riproduce oggi su più vasta scala nel rapporto tra Unione europea e Stati sovrani riguardo materie sensibili di ordine civile e sociale. Per non parlare, sarebbe purtroppo utopia, della scala globale…

Infine viene da chiedersi quali conseguenze potranno derivare al nostro beneamato “modello Milano”, da un lato poco attento al proprio intorno metropolitano ma dall’altro incentrato su una città percepita come determinante e rappresentativa del Nord Italia nel suo insieme.

Anche qui la crisi ha avuto il merito – a differenza del recente blocco del traffico urbano – di risvegliare nel sindaco Sala il ricordo di essere anche “metropolitano”. Se infatti si devono chiudere scuole materne e primarie, che fare delle secondarie di competenza delle province/città metropolitane? E come trattare con i sindaci dell’hinterland a loro volta “autorità sanitarie locali”, peraltro tutti scavalcati dall’ordinanza a sorpresa del governatore Fontana?

Io dico che il medico prudente, quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare è quella di star zitto – conclude il Grillo Parlante, inascoltato e mal sopportato … fino alla prossima crisi.

Valentino Ballabio

P.S.: “il Paese sta fronteggiando un’emergenza sanitaria che ha carattere nazionale, con un sistema della sanità che invece è strutturato su base regionale. Anche i sindaci hanno il potere di adottare ordinanze in caso di emergenza sanitaria. Insomma abbiamo un assetto giuridico che mal si presta a gestire con coerenza, rapidità ed efficienza emergenze come questa.” Giuseppe Conte, intervista al Fatto Quotidiano, 1° marzo 2020.



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  1. FrancescoIn un paese che è appena il doppio del Arkansas come superficie, uno dei 50 Stati USA abbiamo più stati noi di loro, e facciamo anche più confusione, tutto per andare dietro a qualche opportunista come Bossi e come lui tanti altri che in Italia abbondano
    4 marzo 2020 • 07:39Rispondi
  2. MaxE pensare che il titolo V poteva essere riformato dal referendum promosso da Renzi nel 2016
    4 marzo 2020 • 14:21Rispondi
  3. valentino ballabioLa mancata riforma del 2016 era tuttavia volta a ripristinare un modello centralistico e gerarchico, ben diverso dalla sussidiarietà che procede dal basso all'alto riconoscendo ambiti appropriati di autonomia tra livelli istituzionali differenziati ed adeguati (art. 118). Io non sono un suddito, ma un cittadino del comune, della provincia, della regione, dello stato, dell'unione, potenzialmente del mondo e mi aspetto responsabilità confacenti per ciascun grado di governo.
    4 marzo 2020 • 18:12Rispondi
  4. Donata SchianniniSono una dei pochi che al referendum sul titolo quinto votarono contro, mentre ho votato a favore della riforma costituzionale di Renzi; non perché mi piacesse lui, tutt'altro, né il suo senato (mi piace poco però anche quello che c'è) ma perché mi piaceva il contenimento delle autonomie regionali, che sarà stato anche "centralistico e gerarchico" ma era meglio di queste autonomie scriteriate (vi siete domandati perché i presidenti li chiamiamo governatori?). Mai ho capito, poi, perché alle regioni debba essere affidata la sanità, che se c'è una cosa che dovrebbe essere universalistica è proprio quella. Certo, meglio europea, meglio ancora mondiale, ma finché esistono i paesi indipendenti, almeno nazionale; noi invece l'abbiamo fatta regionale. Bravi! Ci meritiamo un governatore come Fontana, che mette la mascherina non essendo contagiato, contro tutte le indicazioni ministeriali e sanitarie, e non è neanche capace di mettersela!
    5 marzo 2020 • 11:29Rispondi
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