7 novembre 2019

«ROMEO E GIULIETTA» O, MEGLIO, GIULIETTA DI RUDI VAN DANTZIG

All’Het Nationale Ballet le emozioni di Anna Ol’ e Remi Wörtermeyer


La storia, la conosciamo tutti. È quella di Shakespeare, della tragedia che – forse più di altre – ha reso celebre il bardo inglese in tutto il mondo. Romeo e Giulietta non è solo la tragedia dei due amanti contrastati, perché centinaia sono le storie così in tutta l’arte del mondo; nel dramma entrano in gioco e si mescolano tutte le emozioni che l’umanità può provare.

È forse proprio questa la peculiarità della tragedia e la sua sempre grande fortuna. L’odio ancestrale e irrazionale di due famiglie rivali che si perde in un passato remoto, di cui si sono perse le reali cause, l’innamoramento e poi l’amore, l’amicizia, l’assassinio e la vendetta, la spesso difficile situazione della donna nel passato, la triste condizione dell’esule, l’ansia del segreto e il suicidio (e se si pensa al suicidio in chiave storica del XVI secolo, il peccato e la dannazione che dal suicidio derivava). Una tragedia in vita, una tragedia in morte, una tragedia dopo la morte, per che cosa poi? Non c’è risposta a questa domanda, bisogna solo prendere atto degli eventi e piangere forse, purificarsi col e nel dramma.

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All’Het Nationale Ballet di Amsterdam, lo storico direttore Rudi van Dantzig degli anni ’70 e ’80 ha anche firmato la maggior parte dell’attuale repertorio della compagnia. Se si pensa solo a uno dei suoi capolavori, Monument voor en gestorven jonge [Monumento sopra un giovane morto] dal titolo che suona una citazione tematica del poeta ermetico greco Konstantinos Kavafis, si riconosce come a van Dantzig fosse caro il tema del debole e del diverso. Il giovane morto è un ragazzo omosessuale ucciso moralmente – se non anche fisicamente – dai genitori rappresentati con i colori tetri della morte e il giovane incapace di reazione e di autodeterminazione soccombe di fronte agli occhi increduli e impotenti dell’amante.

Ifoto_2_Monument_dead_boy_Ph_Det_Kongelige_Bibliothekl suo Romeo en Julia, come si chiamano in olandese i due protagonisti della tragedia, si configura drammaturgicamente come il dramma interiore di Giulietta. Molte sono infatti le occasioni per il coreografo trova per assoli sempre di grande intensità. Giulietta è la vera protagonista del balletto di van Dantzig, come il ‘giovane morto’, debole e diversa. Perché debole e diversa? Giulietta a differenza delle altre ragazze coetanee non cerca il matrimonio come coronamento della vita di una donna, lei non cerca nemmeno l’amore. Nell’amore ci si trova precipitata senza nemmeno capire, senza nemmeno accorgersene, eppure sa che non ne può fare a meno. Ma è vittima della famiglia, che pensa a lei solo come un mezzo per ottenere prestigio e alleanza familiari favorevoli.

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Infatti, qualcosa di oscuro incombe su di lei e la sua felicità. Qui viene alla luce un altro Leitmotiv di van Dantzig, quello della morte, che non è solo la morte fisica, ma soprattutto quel sottile veleno che si insinua nella mente e prende il nome di insicurezza, paura, violenza verbale e psicologica, mancanza di ascolto e di rispetto. E la morte è una presenza costante nella versione di Rudi van Dantzig, come la morte danzante (forse un richiamo del Día de los Muertos messicano), in cui i morti tornano e danzano nelle piazze con i vivi.

Nel Romeo en Julia la morte danzante è parte della festa della piazza, una marionetta, ma diventa un simbolo e presagisce la morte di Mercuzio. Lui danza con la morte, ci scherza, se ne prende gioco, ma alla fine ne cade ai piedi e con lui anche la sua fidanzata, uno a destra e l’altra a sinistra. La morte dividerà la coppia, perché nella scena successiva Tebaldo Capuleti ucciderà a tradimento Mercuzio, l’uccisore sarà immediatamente ucciso da un Romeo vendicatore del suo più caro amico. Nella disperata ricerca di una soluzione da parte di Frate Lorenzo, Giulietta per la strada incontrerà anche i due tetri spettri di Tebaldo e di Mercuzio, per la prima volta concordi nel annunziare l’imminente sorte in un forte e intenso passo a tre. L’unica versione a mia conoscenza che presenta una scena del genere è questa di Rudi van Dantzig.

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Oggi la compagnia dell’Het Nationale Ballet è diretta dal coreografo Ted Brandsen. È in splendida forma e può contare sull’esperienza e la brillantezza di molti danzatori italiani tra tutti Vito Mazzeo, primo ballerino e interprete di grandi ruoli all’interno della compagnia e come ospite all’estero, meno che al Teatro alla Scala di Milano.

Giulietta del 26 ottobre scorso al Teatro Nazionale di Amsterdam è la prima ballerina russa di formazione e olandese d’adozione, Anna Ol’. Un concentrato di solidità della tecnica, purezza del movimento, bellezza ed emotività. L’ho già ammirata nel suo teatro in una splendida «Bayadère» di Natal’ja Makarova, lodata per i suoi aplombs e per l’intensa drammaticità. La sua Giulietta ha mille sfaccettature: Anna è capace di passare dalla bambina pimpante e spensierata alla donna matura, all’amante sofferente. Non è mai la stessa, ma ha un marchio che la caratterizza: lo stile Anna Ol’. Uno stile fatto di linee tirate fino all’estremo. Le braccia con i gomiti tesi e portate indietro rispetto alle spalle secondo il mio gusto e le mie riflessioni su Giulietta non sono la scelta più opportuna. Preferisco vedere una seconda Cecchetti con i gomiti arrotondati in modo da dare respiro e allure al movimento lirico di Giulietta; ma ne abbiamo brevemente parlato dopo lo spettacolo e lei mi ha candidamente risposto «Questo è il mio stile». E io apprezzo quando una scelta artistica è fatta con una riflessione e un intento di personalizzare.

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Tra le molteplici variazioni e brevi assoli, ci sono gli importanti passi a due con Romeo. L’amante per eccellenza, impulsivo e appassionato, prende il nome del primo ballerino Remi Wörtermeyer. Insieme sono una coppia da sogno. Danzano affiatati, fluidi, consapevoli padroni della tecnica e della coreografia, dando sempre un tocco passione attraverso gli sguardi e i tocchi delle mani ora accennati ora decisi. Remi Wörtermeyer ha una fisicità definita e controllata, capace di grandi salti precisi, atterraggi sicuri, eleganti ports de bras e ports de tête espressivi. È in grado di trovare affiatamento con tutti i componenti della troupe.

In modo particolare, ben assortita la coppia degli amici Benvolio (Sem Sjouke) e Mercuzio (Edo Wijnen). Due danzatori con fisici e attitudini diversi, entrambi molto addentro alla parte. Da notare in particolare la capacità di movimenti fratti e spezzati di Edo Wijnen per le parti ‘sopra le righe’ di Mercuzio. Da contraltare a loro c’è il Tebaldo di Jared Wright, un personaggio ben interpretato che suscita da subito antipatia per l’arroganza e la mancanza di cortesia (nel senso medievale) quando uccide a tradimento Mercuzio. Eppure, la sua morte provoca il dolore di Giulietta e un notevole contributo all’odio tra Capuleti e Montecchi.

Rudi van Dantzig non era solo un coreografo, era anche un regista. Ci teneva alla verosimiglianza delle scene. Perciò curava nel dettaglio il corpo di ballo, che non ha coreografie di grande spessore, limitato a un contorno che se non curato nelle relazioni sul palco, risulta un poprivo di specificità. In generale, il corpo di ballo (e tutto lo spettacolo) è stato ‘affetto’ da costumi che per fattura e colori non ho trovato molto teatrali. La combinazione con le luci non permetteva di far risultare le decorazioni e le peculiarità, risultando anche un popiatti nellinsieme.

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Dal corpo di ballo risaltano i cosiddetti solisti mandolino (tra cui l’italiano Michele Esposito e la famosa Michaela DePrince), che hanno regalato alcuni momenti di carattere e di italianità all’atmosfera, spezzando con le giubbe arancioni e le calzamaglie a righe verdi e bianche il clima tetro delle morti che di lì a poco sarebbero giunti.

La conclusione del balletto è coreograficamente un po’ frettolosa. Ma è la scelta di Rudi van Dantzig che non voleva porre l’accento sulla conclusione fatale che tutti conoscono, ma su come la sua protagonista arrivi nel percorso di formazione che dura tutta la vicenda. Giulietta morta apparente nella cripta di famiglia si sveglia vedendo Romeo che si è suicidato credendola morta davvero e si uccide per unirsi con un ultimo abbraccio al suo amato nella morte.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Altin Keftira © De Nationale Opera en Ballet. Foto 1: Remi Wörtermeyer e Anna Ol nel pas de deux del balcone. Foto 2 © Det Kongelige Bibliothek: Monumento sopra un ragazzo morto. Foto 3: Anna Ol nell’atto I. Foto 4: Frate Lorenzo, Romeo e Giulietta nella scena delle nozze segrete. Foto 5: Remi Wörtermeyer e Anna Ol nella scena del ballo in maschera. Foto 6: Remi Wörtermeyer e Anna Ol nel pas de deux del balcone.



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