23 novembre 2016

sipario – LE «SPOSE ETERNE» NELLA BAYADÈRE DELL’HET NATIONALE BALLET


Het Nationale Ballet (Balletto Nazionale dei Paesi Bassi), recita del 6 novembre 2016, Amsterdam
Balletto in tre atti e sette scene di Marius Petipa. Musica di Ludwig Minkus, riorchestrata da John Lanchbery. Coreografia di Marius Petipa e Vaxtang Čabukiani (pas d’action), ripresa da Natal’ja Makarova. Scene di Pier Luigi Samaritani. Costumi di Yolanda Sonnabend. Luci di John B. Read. Produzione dell’Het Nationale Ballet.
Anna Ol’ (Nikiya), Qian Liu (Gamzatti), Young-gyu Choi (Solor), Roman Artjuškin (Gran Brahmino), Anatolij Babenko (Raja), Edo Wijnen (Mahdaveha, capo dei fachiri), Oscar Alejandro Valdés (idolo di bronzo), Sabine van der Helm (Aya, ancella di Gamzatti), Daniel Montero Real (amico di Solor).
Corpo di Ballo dell’Het Nationale Ballet diretto da Ted Brandsen. Orchestra della De Nationale Opera, direttore: Ermanno Florio.

Il libretto del La Bayadère è molto semplice: un triangolo amoroso tra un amore impossibile e un matrimonio imposto, lo scontro tra natura e società, morte e liberazione; risente perfettamente del clima romantico di fine Ottocento in cui è stato concepito. Eppure, La Bayadère è allo stesso tempo un balletto difficilissimo da allestire: tre scene da cambiare per ognuno dei primi due atti, una gran quantità di artisti sulla scena in diversi personaggi, molte danze di carattere, importante presenza del mimo, per non parlare di tutte le difficoltà tecniche dei protagonisti e del famoso adagio del corpo di ballo nel regno delle ombre (atto II sc. 2).

sipario38fbL’amore tra Nikiya e il principe Solor è sincero ma impossibile, oltre che sacrilego per la religione indiana, perché lei è una danzatrice del tempio, consacrata al dio come ‘sposa eterna’ (in sanscrito nitya sumańgalī), ed è infatti la motivazione che adduce al rifiuto di fronte alla dichiarazione d’amore del Gran Brahmino, che si rivela al momento più drammatico della morte come ricattatore. La prima ballerina russa Anna Ol’ (eerste soliste) è una danzatrice dalle linee perfette per il ruolo della baiadera, la sua tecnica è solida, come gli aplombs (sostenuti per tutta la durata della nota), che combina intensamente con un’attitudine drammatica. La sua sofferenza è ‘evidente’ durante la scena della morte: non è facile danzare alle nozze del proprio amato con un’altra donna. In contrasto con il clima festoso delle nozze, la «sposa eterna» si esibisce in una danza triste, che già prefigura la morte espressa coreograficamente da una diagonale in cui Ol’ con il cestino ingannevole esegue dei temps lies in arabesque e poi 4ª arabesque che richiamano la discesa ordinata e cadenzata delle ombre che eseguono le stesse arabesques a file alterne.

La profondità dell’amore vero si scontra con la durezza della vita e dei codici di comportamento sociale, come il matrimonio che il Raja impone al principe con sua figlia Gamzatti. La fiera e malvagia principessa è però una bellissima ragazza, che colpisce e attrae Solor: ecco che si la trama si ingarbuglia in una matassa che diventa insolvibile. La solista cinese Qian Liu (tweede soliste) è una danzatrice dalla grande musicalità, la variazione dell’atto I è stata molto precisa  nel’esecuzione anche nel doppio virtuosismo dei fouettés all’italiana e poi di quelli en tournant; da approfondire l’aspetto mimico, che nel personaggio è molto importante (scontro con Nikiya) e che è apparso un po’ scolastico nel confronto con la mimica di Ol’. Infatti, la variazione dell’atto III nel tempio, pur se tecnicamente corretta, è risultata un po’ spoglia della profondità e dello spessore che necessita.

Di solidissima tecnica è il primo ballerino coreano Young-gyu Choi, che ha interpretato uno dei principi più complessi del balletto di repertorio con precisione, pulizia e passione. Dal salto potente e dal sostenuto balon (equilibrio in aria), Choi mostra un ottimo controllo del centro, che gli permettono un impressionante virtuosismo. Non trascura l’attorialità del personaggio, che riesce a trasmettere in tutti i suoi passaggi dalla fierezza dell’inizio all’impotenza contro la volontà del Raja e di Gamzatti, fino alla depressione e all’oblio dell’oppio. Molto toccante per la qualità del partnering tra Ol’ e Choi è stato il pas de deux nel regno delle ombre, con il nastro che unisce e al contempo divide i due amanti.

Condivisibile la scelta del cast per gli altri due interpreti maschili, quello dell’‘intoccabile’ (pārya) Mahdaveha e dell’idolo di bronzo. Rispettivamente il fiammingo Edo Wijnen (tweede solist) e il cubano Oscar Valdés (choryphée) hanno mostrato di padroneggiare la tecnica e controllare il corpo in modo da permettere disequilibri e pose ‘di carattere’; solo da prestare maggiore attenzione negli épaulments dell’idolo di bronzo in cui le braccia non erano sempre nel giusto dislivello, ma si sovrapponevano coprendo talvolta il viso. L’idolo di bronzo sembrerebbe un assolo virtuosistico fine a se stesso, invece invisibile tien tutte le fila dell’atto III: è lui che nel momento estremo dell’unione forzata di Gamzatti e Solor distrugge il tempio facendo morire tutti e permettendo che Nikiya e Solor possano vivere il proprio amore eternamente nel paradiso hindū.

Il corpo di ballo è ben assortito tecnicamente nonostante di molti dislivelli in altezza dei componenti. In generale la componente femminile è più precisa e musicale di quella maschile, il che si poteva percepire nel valzer dell’atto I sc. 3 e poi per le sole donne nel pas d’action. Buona la prova per quello che già gli zar nel 1903 all’Ermitaž definivano la «coreografia più complessa del repertorio per un corpo di ballo», cioè l’adagio delle ombre (atto II sc. 2), in cui 24 ombre – invece delle 32 originali – discendono dall’Himalaya per animare con la loro danza eterea l’atto bianco evocato dall’oppio di Solor.

La compagnia nazionale olandese di ‘olandese’ ha solo il nome: infatti, è composta da artisti di ogni parte del mondo, sei sono italiani e provengono tutti dalla scuola di ballo dell’Accademia Teatro alla Scala di Milano, come il primo ballerino Vito Mazzeo (eerste solist) con Émilie Gallicani Tassinari, Dario Elia, Cristiano Principiato, Fabio Rinieri e Giovanni Adriano Princič nel corpo di ballo. Pur se manca in un certo senso l’elemento interno che faccia da traino con la sua esperienza, l’Het Nationale Ballet ha un corpo di ballo fresco, pieno di giovani e alcuni giovanissimi, che insieme lavorano per migliorarsi e migliorare la compagnia. Molto compatta si mostra la compagnia nei confronti dei suoi primi ballerini e solisti, una lodevole e piacevole complicità che nasce dal lavoro e dallo studio svolti quotidianamente insieme.

Domenico Giuseppe Muscianisi

 

Desidero ringraziare Émilie Gallicani Tassinari per l’opportunità che mi ha concesso di verificare la complicità della compagnia invitandomi ad assistere alla lezione della compagnia prima dello spettacolo.

 

Foto di Marc Haegeman (Het Nationale Ballet): Anna Ol’ (Nikiya) nella scena della morte (atto I sc. 2).

 

questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi e Chiara Di Paola

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 

 

 



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