11 aprile 2019

IL BARATRO DI WAYNE MCGREGOR SI CHIAMA «WOOLF WORKS»

Il viaggio nell’inconscio con Alessandra Ferri al Teatro alla Scala


Domenica 7 aprile 2019 è andata in scena la prima del titolo Woolf Works al Teatro alla Scala di Milano, per la prima volta fuori dal Royal Opera House di Londra. Là il coreografo Wayne McGregor aveva creato questo balletto nel 2015 per il ritorno alle scene di Alessandra Ferri, dopo sette anni di ritiro.

Proprio Alessandra Ferri, prima ballerina assoluta del Teatro alla Scala ed étoile internazionale, dopo un’incredibile carriera all’American Ballet Theatre di New York, torna a Milano con Federico Bonelli, splendido primo ballerino del Royal Ballet di Londra. Ferri e Bonelli avevano danzato insieme la prima assoluta di Woolf Works e danzano assieme a Milano nell’attuale stagione 2018/19 lo stesso titolo, maturato e interiorizzato assieme.

foto_1_Woolf Works - Tuesday - Alessandra Ferri Federico Bonelli - ph Brescia e Amisano Teatro alla Scala (3)

Woolf Works trae ispirazione da alcuni romanzi di Virginia Woolf, che vengono letti dal linguaggio coreografico di Wayne McGregor, l’«alieno». “Alieno” perché? “alieno” a chi? “Alieno”, perché trasfigura la tecnica classica con un movimento che risulta ‘estraneo’ alla stessa natura umana. Wayne McGregor legge La signora Dalloway, Orlando e Le onde di Woolf e ne nascono rispettivamente I Now, I Then [io ora, io poi], Becomings [mutamenti] e Tuesday [martedì], i tre atti di Woolf Works.

Tra le pagine di un libro, anzi di tre, ci fa addentrare Wayne e questo viaggio diventa visione. Ci accompagnano le note di Max Richter, i suoi accordi in minore al pianoforte e al violino riportano i nostri pensieri malinconici, rimembranze e rimozioni e quanto sopisce nell’inconscio. A guidarci è lei, Virginia o Alessandra? Ora è il personaggio, ora l’autrice ora la danzatrice ora sono io.

Cammino con Clarissa nei meccanismi della mente, che come specchi riflettono e come portali si fanno trapassare dalle figure che affiorano. Mi trovo a confronto con me stesso, di come sono, di com’ero e di come sarei voluto essere. Un dialogo incessante fatto di riprese coreiche e contre-temps, lirismo del movimento grazie all’uso degli spendidi ports de bras ed épaulments di Clarissa giovane (Caterina Bianchi) e quasi infantili salti precisi e fluidità gioiosa di Sally (Agnese Di Clemente).

foto_2_Woolf Works - Federico Bonelli Caterina Bianchi Alessandra Ferri Mick Zeni Agnese Di Clemente ph Brescia e Amisano Teatro alla Scala

Riaffiorano anche il vecchio amante Peter (Federico Bonelli), bellissimo e fresco come allora, prima del rifiuto per il più benestante Richard (Mick Zeni), bellissimo anche lui, ma più ordinario e distaccato. Danziamo in un vortice di passione e di passioni, in cui si sovrappongono i livelli del tempo e dello spazio, tutto è fluido come l’inconscio e come il ricordo fumoso svanisce.

Si palesa davanti a me il baratro. Sono sull’orlo del precipizio. Sarà lì davanti a me per tutti e tre i momenti, finché non prenderò la decisione finale di diventare un’onda del fiume Ouse. Il baratro ha un nome: Septimus. Eccolo là, che attraversa la strada con la sua bella moglie italiana, che non si è mai abituata all’Inghilterra.

Septimus (Timofej Andrijašenko) da quando è tornato dalla Grande Guerra non si è mai più ripreso. La moglie Rezia (Martina Arduino) lo porta dai migliori specialisti, ma nulla da fare. Evans è sempre là davanti ai suoi occhi, come quel giorno. È stato ucciso dalla guerra davanti ai suoi occhi, Evans, il suo commilitone, il suo amico (Claudio Coviello). E Septimus non ha potuto fare altro che impazzire nel suo ricordo, fino al suicidio.

Il trio è ben composto. Andrijašenko danza sconesso dal mondo, il suo sguardo è perso; Arduino cerca di salvare un marito e un rapporto, impotente: infatti, Coviello è prepotente nel suo ingresso tra di loro. Il suo sguardo è invece fisso su Septimus, come in quell’ultimo istante prima del baratro.

foto_3_Woolf Works - Timofej Andrijashenko Martina Arduino -ph Brescia e Amisano Teatro alla Scala (1)

Rezia danza dei passi a due senza partner, è esclusa dalla mente del marito. Lo vedo. Solo il suo solido lavoro di centro può tenere i movimenti fuori asse di Wayne McGregor: è bella, lirica. Coviello mostra un controllo dello spazio e delle velocità fuori dal comune. Danza sul ritmo di un’apparizione ossessiva e guida tutto il passo a due maschile. Andrijašenko è legato alla melodia, soffre in modo un po’ estetico, ma la tecnica è perfetta e il movimento appare più sciolto e “alieno”.

foto_4_Woolf Works - Timofej Andrijashenko Claudio Coviello ph Brescia e Amisano Teatro alla Scala

Le pagine scorrono come i secoli onirici di Orlando. Quello che apparentemente è il più astratto degli atti, Becomings, il più vicino alla visione di Wayne McGregor, è anche il più narrativo. Tutti i temi del romanzo Orlando sono presenti: l’età elisabettiana, il viaggio, il sogno, la transessualità e la fluidità di genere, il presente, il futuro.

Nessuno può esimersi dalla riflessione su questi temi, infatti la regia di McGregor ci costringe a salire sul palco con i danzatori: le luci non sono solo sul palco, ma coinvolgono gli ordini dei palchi, coinvolgono noi con laser e proiezioni.

Lo stile di Wayne è più evidente. I danzatori lavorano come un polipo: solido il centro da cui partono e si proiettano gli arti esterni come tentacoli o come zampe di una ragno con figure ginniche, quasi contorsionistiche da sfidare la fisica dell’equilibrio. I muscoli sono usati fino al massimo della definizione in modo che con le luci i corpi facciano giochi di ombre e chiaroscuri che sembrano richiamare lo stile mutevole del romanzo di Virginia Woolf.

I vistosi abiti elisabettiani e le gorgiere progressivamente vengono sfoltite da uomini e donne che alla fine danzano tutti con degli accademici carne, che fanno trasparire come al di là ogni etichetta l’uomo e la donna sono rivolti della stessa umanità, come gli androgini nella notte dei tempi, di cui parlava Platone.

Nicoletta Manni e Timofej Andrijašenko danzano un virtuoso passo a due molto tecnico, Christian Fagetti dà un saggio di grande presenza scenica, potenza di salto e definizione del movimento, uso morbino e forte della schiena. C’è fumo nei ricordi, tanto fumo, troppo fumo, non vedo con chiarezza.

foto_5_Woolf Works - Becomings - Nicoletta Manni Timofej Andrijashenko ph Brescia e Amisano Teatro alla Scala (9)

foto_6_Woolf Works - Becomings - Christian Fagetti Nicola Del Freo -ph Brescia e Amisano Teatro alla Scala

Il vento però spazza via tutto. Si odono le onde. Sulla spiaggia giocano bambini, ma non mi vedono o io non li vedo. Qualcuno si avvicina, una donna cerca di portarmi sulla spiaggia scalza, ci vado. La donna (Virna Toppi) è bella, ma sembra un “alieno”: si scompone, spezza le linee e le curva. Forse è una sirena. È gentile con me, avrà capito chi sono?

foto_7_copertina_Woolf Works - Tuesday - Alessandra Ferri e il Corpo di Ballo - ph Brescia e Amisano Teatro alla Scala (3)

Alessandra Ferri nel primo e nel terzo atto offre sé stessa come donna, come interprete e come danzatrice tecnica. Curva la schiena mostrando come il mondo possa essere sottosopra o andare al contrario. Cattura l’attenzione, magnetizza il pubblico. Federico Bonelli è uno splendido partner e un intenso artista, capace di dare spessore tecnico e attoriale a un ruolo che necessariamente è subalterno alla protagonista. Insieme viaggiano sul palco tra fuori asse e pose in bilico tra il dramma e il baratro.

Ecco torna il baratro. Danzo tra le onde, un rond de jambe par terre, un port de bras en dehors e un fondu. Questo danzano le onde. È magia. E tra le onde torna lui – Peter o Federico Bonelli? – e danziamo un passo a due che non è d’amore, ma neanche di morte: è fluido come le onde, tra le onde. Ecco, finisce qui nel fiume Ouse per me, nel fiume delle nostre menti per ciascuno di noi.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano © Teatro alla Scala. Foto 1: Alessandra Ferri e Federico Bonelli in Tuesday. Foto 2: Federico Bonelli, Caterina Bianchi, Alessandra Ferri, Mick Zeni, Agnese Di Clemente in I Now, I Then. Foto 3: Timofej Andrijašenko e Martina Arduino in I Now, I Then. Foto 4: Timofej Andrijašenko e Claudio Coviello in I Now, I Then. Foto 5: Nicoletta Manni e Timofej Andrijašenko in Becomings. Foto 6: Nicola Del Freo e Christian Fagetti in Becomings. Foto 7: Alessandra Ferri e in corpo di ballo in Tuesday.



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