1 marzo 2019

GLI ITALIANI GODONO BUONA SALUTE: DI CHI IL MERITO?

Solo in parte del sistema sanitario italiano


L’aspettativa di vita è considerata da molti un indicatore chiave circa la bontà del sistema sanitario nei vari Paesi. Anch’io ho pensato a lungo che fosse sostanzialmente così. Ci sono più misurazioni di questo indicatore così importante. Secondo le due più autorevoli, gli italiani hanno un’aspettativa di vita tra le più alte al mondo Su 14 Paesi, l’Italia viene in seconda posizione in una tavola, nell’altra in quarta posizione. Eppure l’Italia spende relativamente poco in sanità, e molti sostengono che tale spesa non è spesso gestita nel migliore dei modi. Di qui la grande domanda: l’elevato livello di vita attesa è merito del sistema sanitario italiano o di comportamenti particolarmente “virtuosi” degli Italiani?

 

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Se prendiamo la Svizzera come un Paese modello (difficile trovarne di migliori in Europa) scopriamo che metà Italia (Marche, Umbria, Toscana, Emilia, Lombardia, Veneto Trentino-Alto Adige) ha un’aspettativa di vita pari a 83,3 anni praticamente uguale a quella svizzera riportata in Tavola 1, la tavola meno positiva sull’aspettativa di vita in Italia. Ma scopriamo anche che le due Regioni italiane in fondo alla graduatoria, Campania e Sicilia, hanno un’aspettativa di vita (81,5) leggermente superiore niente meno che alla Germania e alla Regno Unito.

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Probabilmente si può ritenere che la differenza (due anni, non pochi) di vita attesa tra Campania da una parte e Trentino-Alto Adige dall’altra corrisponda al contributo alla salute dato da un sistema sanitario che funziona in maniera adeguata rispetto a un sistema sanitario in buona parte disorganizzato e lacunoso. Ma se anche nelle regioni italiane più sgangherate dal punto di vista del sistema sanitario la vita media è leggermente superiore a quella della Germania, vuol dire che altri fattori, oltre all’efficienza e bontà del sistema sanitario, influenzano l’aspettativa di vita in modo molto determinante. La dieta, il livello di stress, lo stile di vita, il valore dei circuiti di amicizia, il clima, la quantità di luce ecc. sono fattori che possono comportare differenze significative nella aspettativa di vita, a prescindere dalla bontà del sistema sanitario. Ma quanto possono incidere?

E’ ovvio che l’efficienza, la qualità e il costo del sistema sanitario contano, eccome. Abbiamo già visto cosa succede tra regioni diverse del nostro Paese. Lo si vede ancor di più se si guarda al posizionamento relativo degli Stati Uniti. In quel Paese l’aspettativa di vita non è solo di 4 anni inferiore rispetto all’Italia ma anche 3 anni inferiore rispetto al Canada, Paese molto simile agli Stati Uniti, ma meno ricco, con una spesa sanitaria pro-capite decisamente inferiore, esposto a condizioni climatiche molto più dure. Il sistema sanitario americano merita una sonora bocciatura.

Senza essere grandi esperti, è però anche difficile sostenere che il sistema sanitario italiano possa essere considerato alla pari o meglio di quello francese, inglese o svedese, Paesi che hanno un’aspettativa di vita inferiore a quella italiana. C’è un modo neanche tanto indiretto per valutare l’importanza di altri fatti nel portare a quel risultato. L’aspettativa di vita non è solo determinata dal livello di mortalità dovuto a infinite cause di malattia. È dovuta anche a cause del tutto indipendenti dal livello di salute o dal funzionamento del sistema sanitario: le morti per droga, alcool, omicidio, suicidio dovute solo o in gran parte a fenomeni extra-sanitari. Così è anche per le morti per cadute, annegamenti, incidenti stradali, incidenti sul mondo del lavoro e simili.

Per queste cause, dove il sistema sanitario non arriva e spesso non può arrivare, in Italia si muore più o meno che in altri Paesi? Si tratta tra l’altro di morti che colpiscono in prevalenza persone nella fascia di età tra i 20 e i 55 anni, quindi più che dimezzando il livello di vita delle persone coinvolte. Ognuna di queste morti per giunta agisce spesso come moltiplicatore di disagio socio/sanitario. C’è una bella differenza tra la morte per infarto del “nonno” di 85 anni e la morte del babbo di 50 anni per suicidio o per incidente stradale.

Questa seconda morte cambia la vita, due volte su tre, a moglie e figli se non anche ai due genitori anziani del defunto. Ancor più importante è riflettere che per ogni persona “morta” per alcool, droghe, incidenti, cadute, ecc. ve ne sono altre (un elevato multiplo delle prime) che subiscono per la stessa causa un danno alla propria condizione di salute che va dal leggero al grave. Per ogni morto per incidenti sul posto di lavoro vi sono in Italia 500 feriti (moltissimi leggeri, non pochi gravi), per ogni morto per incidenti stradali ci sono 65 feriti (spesso gravi). Quindi con ripercussioni sulle aspettative di vita non quantificabili ma che sono ben superiori a quelle che derivano dalle sole morti su cui svolgiamo la nostra analisi. Per fortuna, salvo prova contraria sembra logico presumere che il numero di persone “ferite”, drogate o alcoolizzate in modo cronico, e simili. sia in ogni Paese proporzionale al numero di morti.

Per questo ho ritenuto utile mettere in ordine dati che permettono un’analisi comparata di queste cause di morte in Italia e in altri 13 Paesi. E cioè 9 Paesi europei ed extra europei di riferimento (Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Svezia e Svizzera, Canada e Stati Uniti). Cui ho aggiunto quattro grandi Paesi a diverso livello di sviluppo (Cina, India, Brasile e Russia) per avere un quadro ancor più generale. Il risultato dell’analisi è decisamente interessante. Ne parlerò in un prossimo articolo.

Giancarlo Lizzeri

 

People and healthcare



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