24 aprile 2021

MACRON IN SALSA AMBROSIANA

Educazione, psicologia, cultura per genitori, figli ed insegnanti. E scuola.


Emmanuel Macron ha annunciato l’altro giorno che lo stato pagherà dieci sedute ai bambini fra i 3 e i 17 anni la cui salute psichica è stata messa a dura prova dalla pandemia. Anche da noi, in realtà, qualcosa del genere è stato fatto nell’agosto dell’anno scorso, ma la notizia ha avuto un minor impatto politico e sui media persi a dibattere sui banchi singoli con le rotelle e in preda ormai ad una regressione culturale ed educativa assai pericolosa, mentre il Ministero dell’Istruzione stanziava 40 milioni di euro per attivare sportelli di ascolto psicologico dei ragazzi di tutte le età e dei loro professori.

garzonio

Buoni i propositi, modesti gli esiti: ad usufruire del servizio sono state ottomila scuole (circa il 70 per cento del totale) e seimila psicologi. Non solo: alla nudità dei dati stati statistici non son seguiti approfondimenti qualitativi sugli esiti. Né sembra andar meglio oggi. Nel decreto sostegni in via d’approvazione sono previsti 150 milioni sempre per le scuole, ma l’impiego delle risorse non è vincolato. Quindi, i singoli istituti potranno destinare i fondi al proseguimento del servizio psicologico, ma sono implicitamente autorizzati a destinare i finanziamenti a diversi di attività.

D’altra parte agli gli occhi di chi vuol vedere si impongono alcuni fattori inquietanti: lo stato della salute mentale dei nostri figli è a dir poco preoccupante (un terzo tra bambini e adolescenti ha problemi psicologici significativi; fonti: Consiglio Nazione dell’Ordine Psicologi; Ministero dell’Istruzione; Unicef); dal punto di vista delle strutture e delle risorse umane il farsi carico di possibili rimedi in realtà rappresenta la Cenerentola all’interno degli interventi per contenere gli effetti della pandemia sul disagio dei giovani in un Paese, l’Italia, dove la Sanità pubblica può contare su uno psicologo ogni 12mila abitanti, a fronte di una media europea di 25mila; inoltre, quando si parla di disagio dei giovani questo viene tenuto separato da quello dei loro genitori e ed insegnanti e dalle relazioni e interazioni da loro.

Le cronache si incaricano di provocare qualche sussulto di coscienza critica. Per cui accade che le anime belle si indignano nel momento in cui una professoressa in DAD (forse stressata come la sua alunna, se non di più) invita l’allieva a bendarsi gli occhi per non copiare; qualche moto d’empatia collettiva scatta quando tv pubbliche e private intervistano mamme e papà allo stremo di fronte alle problematicità pratiche e concettuali nel conciliare il tanto decantato smart working (prima della effettiva sperimentazione) e la DAD.

i giornali danno rilievo per un giorno agli allarmi degli istituti di ricerca, di alcuni intellettuali e, primo fra tutti per autorevolezza e lucidità di papa Francesco, sulle diseguaglianze che crescono in modo esponenziale e sul fallimento di modelli di sviluppo che sembravano ineluttabili nel produrre progresso e ricchezza e invece, appunto, inducono nuove povertà, ingiustizie, distruzione del ceto medio, “inutilità” delle città se si riducono ad agglomerati urbani e non si dimensionano invece in maniera illuminata come centri di aggregazione solidale: in una parola, una crescita di disumanità difficile da controllare ed arginare.

La Magistratura è costretta a muoversi quando bande di adolescenti si affrontano o, addirittura, se accade qualcosa di significativamente più grave: come in piazza Selinunte a Milano nei giorni scorsi dove s’è respirata aria di banlieue parigine; neuropsichiatri e psichiatri si allarmano perché i loro reparti sono tutti occupati tanto quanto quelli Covid, ma a causa di “infezioni psichiche”, non virali, che han portato a disagi conclamati tra gli adolescenti, con punte di autolesionismo e tentati suicidi mai visti prima.

Recita un adagio tibetano: quando si ha una meta anche il deserto diventa una strada. Noi, per fortuna, non siamo in una landa desolata, né all’anno zero. Bisogna però darsi una mossa, se vogliamo preservare ciò che resta di buono e reinventare in base al mutate esigenze valori educativi che aiutano le persone (a principiare dai giovani) e le cambiano alzando i loro sguardi sul futuro.

Disponiamo di una grande tradizione in campo psicologico e pedagogico (si pensi alla Cattolica); possiamo contare su istanze educative laiche (ad esempio le associazioni ambientaliste sorte sull’input Greta) e di ispirazione religiosa (Scout e Oratori); conserviamo la memoria di un patrimonio di cultura di autonomie locali che nel dna hanno esercitato politiche per l’infanzia e l’adolescenze prima che la crisi riducesse gli standard del welfare e una profonda regressione culturale, ideale, politica riducesse la visione generale e l’operatività di Regioni e Comuni (si vedano lo spettacolo indecoroso, che la Lombardia ha dato alla gestione della campagna vaccinale, come cima dell’iceberg di una inadeguatezza a tutelare la salute pubblica messa a nudo dalla pandemia, e i colpevoli silenzi del Comune di Milano su tutta questa materia).

Resistendo alle tendenze depressive, al vissuto d’impotenza, alle frustrazioni (anche tutto ciò rientra negli effetti del Covid 19) la sfida c’è ed è possibile. Si tratta di convincersi che sono due i piani su cui muoversi: l’emergenza e la progettualità; e due i fattori su cui far conto: le risorse pubbliche (quelle dell’”indebitamento buono”) e l’iniziativa privata, intendendo questa sia come appello ai singoli individui, a ciascuno di noi, sia a tutte le opportunità associative. A quest’ultimo proposito avendo ben presente un paio di prospettive, che, se non rimangono nei libri dei sogni, sono destinate a modificare gli orizzonti: il voto ai sedicenni e lo ius soli, obiettivi entrambi posti dal Segretario del Pd Enrico Letta.

A titolo puramente indicativo e con l’intento di innescare un processo virtuoso, sono numerose le aree in cui si può immaginare di operare. Immaginiamo un primo ordine di interventi che possono valere per giovani e adulti: ascoltare e cercar di capire che cosa una persona ha. Da una parte la Scuola, già citata, nei vari ordini e gradi. Ma esistono ormai i Centri di Consultazione delle Società Psicoanalitiche, a prezzi calmierati, che possono aiutare soprattutto a chiarire e ad orientare.

Attivo è anche l’Ordine degli Psicologi della Lombardia. Ma per gli adulti, in particolare, ci sono Scuole Genitori, organismi con esperienza, studiati proprio per preparare madri e padri ad affrontare un vasto arco di bisogni: dalla educazione alla genitorialità – obiettivo per giovani coppie, ma anche per persone più mature alle prese con un’impreparazione ormai diffusa in una società poco educata a dare ascolto, a considerare l’altro, a rispettarlo – all’abc nella gestione dei conflitti.

Una sorta di Patto Educativo e generazionale in cui Milano non può non lanciarsi, dedicando energie psichiche, risorse umane e materiali, vi sono altri due settori da coinvolgere: il Teatro e lo Sport. Il primo ha a Milano due realtà straordinarie, dotate di tutte le premesse necessarie per il recupero di una cittadinanza attiva che coinvolga sia i giovani, sia gli adulti: il Piccolo Teatro e il Franco Parenti. Quanto allo Sport, poi, esistono competenze specifiche sia del Comune e della Regione, ma anche un’iniziativa privata molto sensibile e attenta. Basterebbe pensare ai piani fatti nel recente passato dall’Inter di Massimo Moratti. Insomma, psicologia, educazione, cultura (a proposito di questa vi sarà da fare considerazioni apposite sui rapporti educativi giovani/musei), sport sono un vaccino per battere il Covid 19 e guardare avanti con una certa fiducia tanto quanto lo sono le sostanze degli immunologi.

Marco Garzonio



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