27 marzo 2021

SALUTE AMBIENTE TERRITORIO: LA TRINITA’ LAICA DI LAURA CONTI

Nel centenario del 31 marzo l'attualità di un pensiero inascoltato


Il prolungarsi della crisi pandemica amplia l’incertezza sulle prospettive, oscillanti tra la sensazione che nulla sarà come prima e l’ansia di chiudere l’infausta parentesi per tornare appena possibile alla sospirata normalità. Il disorientamento per altro coinvolge non solo la politica ma – fatto nuovo ed impensabile fino a pochi mesi fa – anche la scienza o quantomeno l’impressione che ne ricava un opinione pubblica alquanto turbata e frastornata.

In mancanza, per lo meno in chi scrive, di certezze al riguardo giova allora richiamare la figura e l’opera di un’importante e poco ricordata esponente politica e divulgatrice scientifica milanese (di cui ricorre oggi 31 marzo 2021 il centenario): Laura Conti.

Ballabio

La “tutela della salute”, come proclamata nella Costituzione, si realizza certamente mediante le competenze mediche che tuttavia, a dispetto degli asettici camici bianchi, incrociano in più punti l’ampio spettro di interpretazioni e azioni proprie delle scienze umane e, in ultima analisi, della politica.

Ebbene un’ammirevole sintesi di rigore scientifico e passione politica, di scienza e di coscienza, si è ritrovata un medico (non mi viene diversa desinenza) d’altri tempi, che fu insieme partigiana, consigliera provinciale e regionale, militante politica nelle file del PCI e sopratutto fondatrice e divulgatrice della cultura ambientalista in Italia.

Laura Conti comprese in anticipo e con lucidità il cambio di fase che si stava verificando tra gli anni ’70 ed ’80 del secolo scorso. Un compendio illuminante del suo pensiero si può rintracciare in un concetto che non si ritrova negli scritti (erano gli “anni di piombo” e Laura conservava la vigilante prudenza di ex-partigiana) ma risuonò come un monito rivolto alla sinistra, a partire dagli organi dirigenti del suo partito: “occorre essere rivoluzionari in campo sociale e conservatori in quello naturale”!

Oggi purtroppo si riscontra, addirittura a livello globale, il paradossale rovesciamento di quella inascoltata intuizione. Da un lato l’aumento delle diseguaglianze a livelli talvolta intollerabili che ha accompagnato la concentrazione di poteri economico-finanziari incontrollati, guidati da una pressoché incontrastata ideologia liberista e mercatista. Dall’altro l’eversione e lo sconvolgimento degli equilibri naturali forieri di fosche previsioni sulla tenuta climatica e ambientale del pianeta.

Sarebbe dunque il momento di mutare fase ma purtroppo non si vedono all’orizzonte, nazionale ed europeo, portatori di cambiamenti epocali. Al contrario si assiste ad un logoramento delle funzioni democratiche ed uno stallo delle istituzioni pubbliche, per non parlare del permanere di regimi autoritari e oscurantisti in buona parte del resto del mondo.

Limitando il discorso al nostro raggio d’azione, regionale e metropolitano, riscontriamo per altro i guasti del mantra “meno stato e più mercato” evidenziati sia da una secca defaillance dell’organizzazione sanitaria, sia da un insufficiente e deludente governo del territorio e tutela dell’ambiente.

Le lotte politiche di Laura Conti, e di un fronte riformatore risultato infine minoritario, riguardarono infatti la reimpostazione territoriale della sanità pubblica, basata sulla continuità di prevenzione-cura- riabilitazione in unità locali comprendenti anche gli ospedali di base, limitando la competenza della regione all’alta programmazione ed al riparto, non l’amministrazione diretta, del fondo nazionale.

L’opposto della successiva degenerazione dell’ente regionale, esasperata dall’improvvida modifica costituzionale del 2001, che ha portato l’accentramento burocratico e clientelare complementare alla aziendalizzazione e privatizzazione di strutture e servizi, riducendo la medicina di base a formale sportello passacarte di ricette e certificati.

Altrettanto preveggenti, ed inascoltati, gli ammonimenti della Conti contro l’insostenibile impermeabilizzazione dei suoli (oggetto poi di una tardiva legge regionale che dimostra tutta l’efficacia di una grida manzoniana!) e verso l’abbandono dell’agricoltura di collina con la conseguente compromissione del regime idro-geologico, nonché contro l’uso incontrollato della chimica, a cominciare dall’inquinamento da atrazina, nelle monoculture intensive .

(Tra parentesi: oggi si potrebbero intanto bonificare terreni abbandonati e corsi d’acqua cosparsi di rifiuti in plastica sfuggiti alle pur doverose “raccolte differenziate”?)

Le critiche e preveggenti intuizioni di Laura Conti, qui solo accennate ma costituenti un coerente e fiorente corpo interdisciplinare, vennero poi sostanzialmente emarginate con l’esaurirsi della stagione berlingueriana (non solo Enrico, la grande riforma sanitaria del 1978 porta la firma del fratello Giovanni) e l’abbandono del relativo “modello di sviluppo”.

Oggi quelle idee risultano ragionevoli, necessarie, urgenti ma al tempo stesso paradossalmente utopiche!

Valentino Ballabio



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