23 febbraio 2019

VOCI DALLA PERIFERIA DI OGGI

Per non dimenticare


Il suo nome stampato in grande, come non le era mai successo nei suoi 88 anni di vita: CONCETTA FERRIGNO ved. PARLATO. Il manifesto affisso nel Calvairate, nell’atrio dello stabile in cui ha abitato per tanti anni con la sua famiglia e in anni più recenti da sola, e nell’atrio dello stabile dove dal 1994 ha sede il Comitato Inquilini Molise-Calvairate-Ponti, annuncia che il funerale è stato celebrato in data 17 febbraio 2019 in un paese della Provincia di Milano, dove Concetta negli ultimi tempi viveva con la figlia. Ora propongo ai lettori di Arcipelago Milano le parole che il manifesto dedica alla vita e alla morte di Concetta.

“Trent’anni fa è stata la prima inquilina a presentarsi al Comitato, quando la nostra sede, senza contratto, era nello scantinato di Via Calvairate 3. Ha sempre dato il suo sostegno al Comitato con intelligenza e passione, perché aveva capito lo scopo del nostro impegno: la difesa degli abitanti delle case popolari della città dalle politiche ingiuste di tutte le parti, l’aiuto nelle situazioni di bisogno, la proposta di relazioni di sincerità, di lealtà, di bene. Concetta respingeva con forza le relazioni insincere, di slealtà, di male. Si distingueva per la sua generosità e per la sua gentilezza, per la forza con cui insorgeva contro le ingiustizie. Provava dispiacere e sdegno quando sentiva parole assurde contro il Comitato, come queste: “aiuta soltanto gli immigrati”.

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Diceva: non capiscono. Lei capiva, con la storia di immigrazione della sua famiglia dal Sud al Nord, il lavoro di Francesco, suo marito, minatore in Francia e in Germania, il rimpatrio con tutta la famiglia a Milano per la ricerca di un lavoro meno rischioso. L’aveva trovato in una fabbrica di lavorazione del cromo. Nessun riconoscimento dell’attività lavorativa nociva che non gli aveva dato scampo. Cara, cara Concetta che venivi da lontano, così vicina, grazie. Sei nel cuore di quanti di noi ti abbiamo conosciuta e ti abbiamo voluto bene. Franca Caffa, Gianna Casiraghi, Annamaria Guidi, Angelina Piccinin Nicotra, Pietro Nicotra, Rosy Zoccolino, Gianni Barbarossa, Serenella Liguori, Stefania Caldara, Roberto Testa, Carmen Di Vincenzo, Grazia Casagrande, Graziella Ferrari”.

Di lei ho scritto nelle mie Lettere Aperte al Sindaco Pisapia, del tempo in cui le accadeva di dimenticare le cosette del momento, ma potente rimaneva nel suo cuore la sua scelta di sé, delle sue relazioni con gli altri.

Questa è la diciottesima lettera che ho scritto al Sindaco (18 giugno). “La mattina a volte passa Concetta. Ha 82 anni, spesso ha vuoti di memoria per le cose che ha appena detto o fatto. Il suo cuore, invece, ricorda tutto. Suona e mi dice: “Sono venuta a salutarti. Lo vuoi un panino? “.Apre la borsa, io lo so che lei vuole darmene due. “Due, li vuoi?”, mi dice. Uno per mezzogiorno e uno stasera. Ho smesso di dirle , no, un panino basta. Mi dice: “Questo è troppo morbido, quale vuoi?“. Mi ha detto una volta: “Il pane è benedetto“, e di quando in quando me lo ricorda: “Non devi dire di no”.

Concetta sta bene quando passa a portarmi il pane. Mi dice: “Tu hai fatto tanto, e noi siamo venuti, abbiamo trovato un appoggio”. Ci sono stati tanti momenti di intesa forte, le nostre battaglie, così diciamo. Lei si è sempre espressa con passione, per il nostro Comitato, per le cose giuste. Ora, dopo avermi dato i due panini, mi guarda e mi chiede: “Te l’ho dato il pane? l’hai preso? dove lo metti? ti do la carta?“. Apre la borsa, per trovarci dentro la sua memoria, mentre io le dico, sì me l’hai dato. Mi viene in mente, mentre le scrivo, caro Sindaco, quella piazzetta calcinata di sole, sarà stato in Calabria, nel 1970, alcune donne sedute su una sedia, ciascuna vicina alla porta di casa, che sembravano vecchie, tutte vestite di nero, i bambini con le mosche sul viso, sugli occhi, ogni donna un grappolo di esistenze, attorno alla sedia. I mariti lontani, immigrati, a lavorare. Alla mie parole una di loro aveva risposto di sì, che pensava le stesse cose che io avevo cercato di dire, aveva stretto le dita nel pugno chiuso e me lo mostrava: “Dobbiamo essere come ‘na pigna”, mi aveva detto.

Ventottesima lettera (23 novembre 2013). Ieri mattina è venuta Concetta. Ricorda? Mi porta due panini, tutta sorridente. Mi chiama “la capoccia”. Sei il nostro capo, mi dice. “Ti ho portato un panino“. Le dico: “Non è un panino, sono due“. Eeeeeh, mi dice, “il pane fa bene a chi lo dà“. Che belle parole, caro Sindaco. Mi succede di pensare, a volte… se Concetta venisse a farle visita, a portarle due panini. Ne avrebbe cose da raccontarle, Concetta, e già porgendole il sacchetto con i due panini le direbbe molto, vero?

Trentaduesima lettera (10 dicembre 2013). – “È venuta Concetta. Eh, la Befana”, mi dice. “Chi, la Befana? Uei!“. Entra ridendo, tutt’e due noi, spiega … Un sacchetto con tre panini. “Lo vuoi un panino? Dai, prendine due, uno a mezzogiorno e uno la sera. Tanto non costa la fine del mondo“. E i panettoni? ALER per Natale mandava diversi scatoloni di panettoni, ogni anno. Dieci panettoni e lo spumante, quest’anno. Brindiamo agli appalti che saranno trasparenti, alle consulenze che saranno poche poche, magrette, alle portinerie aperte e a quelle che sono chiuse e saranno aperte, tutte funzionanti che sarà una meraviglia. Basta appalti per il servizio di pulizia e portinerie chiuse.

Concetta, le dico, i panettoni li compriamo. Lei mi spiega che uno lo porta ogni anno a una vicina, che lo aspetta. Fra qualche giorno.

Case Popolari di Milano, Concetta, una condizione di classe. Una coscienza di classe, di una comunità di destino. Concetta, il suo bel viso, la sua dolcezza, il suo sorriso, l’impeto del suo sdegno. La nostra Concetta, nostra.

Franca Caffa



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  1. Sara BrendaMi ricorda il film Roma.. la poesia che sprigiona dalle pieghe di un gentile quotidiano ogni giorno costruito e custodito, strappato alla desolazione e al rancore. Grazie ad ogni Concetta!
    27 febbraio 2019 • 09:52Rispondi
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