17 gennaio 2019
LO «SCHIACCIANOCI» PER BAMBINI, NON DA BAMBINI
Balanchine alla Scala: quello che va e quello che non va
17 gennaio 2019
Balanchine alla Scala: quello che va e quello che non va
Un mese di festività natalizie è stato occupato dalle rappresentazioni dello «Schiaccianoci» di George Balanchine. Nuovo per il Teatro alla Scala. Sotto tanti punti di vista. Vecchio per altri.
Se da una parte è innegabile il successo di pubblico di fronte a un balletto che restituisce i ricordi dell’infanzia a tutti, me per primo, che mi sono sentito coinvolto dall’atmosfera leggera dello spettacolo. Dall’altra mi sento di vagliare con occhio più critico l’allestimento e la produzione tutta.
Nel mio articolo del 12 gennaio scorso dicevo come la volontà di Balanchine non guardasse molto alla coreografia, ma all’allestimento e all’insieme. Infatti, non trovo questa coreografia un capolavoro, come sono altri balletti di Balanchine – da «Balletto imperiale» a «Symphony in C», al «Sogno di una notte di mezza estate», «Il figliol prodigo», «Jewels» e «Serenade» e tantissimi altri. Ma ciò non vuol dire che Balanchine l’avesse studiata meno degli altri o fosse meno capolavoro. È un capolavoro in cui tutta la maestria si mostra in altro: nella drammaturgia e in tutti i suoi connessi, come scene, costumi, ambience.
Il dettaglio è la firma di Balanchine. I costumi Balanchine li aveva pensati come dei morbidi degas pressoché per tutto il corpo di ballo, dai fiocchi di neve nella radura ai fiori nello splendido valzer, ma anche per la Fata Confetto. Questo serviva a marcare il design della coreografia dei due grandi valzer sul piano scenico. Il degas nella variazione della Fata Confetto tra linee e fuoriasse fluttua e resta morbido, suggerendo e mostrando la vaporosità dello “zucchero filato”, come si chiama in inglese la Fata Confetto (Sugarplum Fairy). Non c’era leggerezza nel tutù piatto dell’allestimento scaligero per la Fata Confetto e il valzer dei fiori.
Una certa scomodità ho trovato anche nelle cassatine di marzapane. Avrei auspicato che la solista – la balanchiniana Vittoria Valerio e la pronta e scattante Gaia Andreanò nei diversi cast – portasse un costume che almeno cromaticamente evidenziasse il suo ruolo. La sottanina spugnosa sotto un corto tutù separato, nascondeva molta parte del lavoro dei adduttori che gli échappés e i passaggi sulla punta richiedevano. Mostrare la gamba per intero, come in «Rubies», qui era preferibile: il costume scelto alla Scala appesantisce invece di alleggerire la coreografia. Non trovo che i costumi siano davvero stati studiati per esaltare il senso che vuole offrire la coreografia di Balanchine.
Eppure, i veri protagonisti sono i bambini, o meglio, gli allievi dei primi corsi della scuola di ballo dell’Accademia Teatro alla Scala. Il ragazzino sulla scena dev’essere curato molto, soprattutto sul piano registico. Deve essere ragazzino, avere gli atteggiamenti abituali da ragazzino; ma non dimenticarsi di essere sulla scena. Non deve sembrare affettato, perché annoia; né improvvisato, perché si nota. È difficile non solo per gli allievi della scuola di ballo, ma soprattutto per chi li dirige, che non deve pensare solo all’aspetto coreico, come con i danzatori già professionisti.
Gli allievi della scuola di ballo scaligera hanno indubbie doti fisiche e qualità, i tempi delle quadriglie sono perfetti, le danze sono calibrate e precise. Eppure, qualcosa è mancato: è stato detto loro di essere dei ballerini professionisti in miniatura, come fossero perennemente nella scena in cui l’albero s’ingigantisce. Si è percepita una certa affettazione “adultesca” che non li ha fatti sembrare troppo ragazzini quali sono – soprattutto nel primo atto; meglio gli angioletti e i pulcinella del secondo.
I danzatori della compagnia del Teatro alla Scala hanno dato belle prove. Martina Arduino è stata una splendida Fata Confetto, con lo spirito di Balanchine che l’anima da dentro. Il suo Cavaliere, Nicola Del Freo, è stato anche un ottimo Soldatino di piombo. Martina si confermano ottima nella Goccia di Rugiada, nonostante il costume con quella vita troppo bassa spezzi impietosamente a ogni sua indossatrice la linea delle gambe, che – è bene ricordarlo ai costumisti – per un danzatore cominciano dagli addominali bassi.
Questa stagione ha forse inaugurato una nuova giovanissima coppia: quella di Caterina Bianchi e di Mattia Semperboni. Hanno dimostrato di essere affiatati, precisi nella tecnica. Inevitabile un po’ di emozione si percepiva, ma insieme hanno saputo offrire un pas de deux coi fiocchi. Virtuoso e vorticoso nei giri Mattia, Caterina è una controparte degna di tecnica nervina.
Domenico Giuseppe Muscianisi
Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano (Teatro alla Scala). George Balanchine’s The Nutcracker®, «Lo schiaccianoci» di George Balanchine © The George Balanchine Trust: 1. Martina Arduino nella variazione della Fata Confetto. 2. I fiocchi di neve nel valzer dell’atto I. 3. Caterina Bianchi e Mattia Semperboni nel pas de deux della Fata Confetto e il suo Cavaliere con sullo sfondo gli allievi Chiara Ferraioli ed Edoardo Russo nei panni di Marie e del Principe Schiaccianoci.