8 novembre 2018

SCITI, KAZAKI E COSACCHI A MILANO

Il folklore della steppa con il Balletto di Astana


Le sterminate steppe dell’Asia centrale da sempre raccolgono e riportano notizie che sfumano nella leggenda e nel mito. Le immagini evocate sembrano riflettersi con il sottofondo acuto del liuto kazako a due corde, la dombyra, che del Kazakhstan è anche un simbolo nazionale.

L’odierno stato del Kazakhstan è variegato come il suo nome, formato dal suffisso iranico *-sthāna- che vuol dire ‘luogo, Paese, terra’, presente nel nome dei Paesi della fascia asiatica centrale fino all’Oceano Indiano, e di molte regioni e altri toponimi locali. La prima parte del nome presenta invece il nome dei ‘nomadi’, Qazaq viene infatti dall’antica radice turchica *qaz ‘(giro)vagare’. Perciò il Kazakhstan è il ‘terra dei nomadi’, dei temuti Cosacchi (questo nome deriva proprio da Qazaq) e dei truculenti arcieri a cavallo, gli Sciti di cui parlano i Greci.

Non finisce qui, perché la steppa kazaka è anche la terra dove ‘davvero’ vivono le Amazzoni, di cui parla il mito greco, le tribù al femminile di guerriere (anche loro arcieri a cavallo). Ci sono tribù che permettono l’uso delle armi alle donne e proprio nel Kazakhstan tombe di regine sciamane e guerriere sono state ritrovate con evidenza archeologica.

Il Kazakhstan è uno stato grande quasi come un continente, e del continente possiede la grande varietà di culture e tradizioni. Dalle sue steppe passa la via della seta con il bagaglio di novità e influssi che un tal passaggio comporta. La musica e la danza sono arti nazionali dei Kazaki. E a difenderne il patrimonio soprattutto folklorico è il Balletto di Astana.

La compagnia ha come direttrice artistica Ásel Kurmanbaeva, danzatrice e direttrice dell’Accademia Nazionale Kazaka di Coreografia. Dell’Astana Ballet è anche l’ideatrice della “mission”: promuovere e salvaguardare il patrimonio culturale tradizionale delle danze kazake. Accanto a lei, un coreografo invitato e presente dal 2015, Ricardo Amarante, brasiliano formato alla scuola dell’English National Ballet.

181108_muscianisi-01Amarante è anche il coreografo di due delle tre parti della serata che il Balletto di Astana ha presentato al Teatro Nuovo di Milano lo scorso 9 settembre. In particolare sono di Ricardo Amarante il primo e il terzo pezzo, rispettivamente Love, Fear, Loss [amore, paura, perdita] e A fuego lento. Due pezzi dal sapore neoclassico, in parte narrativo, in parte estetico. Love, Fear, Loss è composto da tre passi a due che descrivono grazie alla cromatura delle luci e della coreografia ciascuno uno dei tre sentimenti del titolo. A fuego lento è una rivisitazione in chiave neoclassica con le punte e il codice della danza classica del tango, in tutte le sue sfaccettature, di momenti lirici, a quelli più giocosi, dalla coreografia che esprime il desiderio, a quella che esprime il dolore di un amore malsano o di una separazione.

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Il secondo e più sostanzioso momento della serata presenta l’Eredità della grande steppa, una serie di coloratissimi balletti ispirati alla tradizione folklorica del Kazakhstan. I costumi kazaki ricordano nella foggia e nei copricapi quelli dell’occidentale provincia cinese del Xīnjiān; la musica tradizionale kazaka ha un suono delicato e allo stesso tempo stridulo che ricorda quello degli inni mongoli.

La danza kazaka è estremamente fluida, morbida e delicata. Davvero si nota come la via della seta abbia portato diversi influssi. La danza femminile trasmette la stessa bellezza che vuole trasmettere la danza tradizionale cinese, con i colori le balze e le ruote della ampie gonne, come negli spettacoli dello «Shen Yun Performing Arts», ma allo stesso la durezza della vita nella steppa appare dalla frattura di alcune linee come quella del collo, i gomiti e l’estrema curvatura delle schiene.

Le mani non sono mai ferme, compongono figure bellissime intrecciandosi, ora nascondono il viso ora si agitano sinuose come l’acqua. Ricordano la kālbeliya del Rajasthan, la danza del serpente nelle comunità del deserto. Il moto ondulato e sinuoso delle mani dalle mudrā indiane si è trasferito lungo la steppa e la via della seta prima in Persia, dove ha creato la danza del ventre e la danza mediorientale e poi lungo tutto il Mar Mediterraneo fino all’uso ritmico ed estetico delle mani nel flamenco e della sevillana in Spagna.

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I temi della steppa riguardano la vita delle comunità nomadi o seminomadi che vivono secondo il ciclo delle stagioni e della natura – come nella danza folklorica cinese – al rifiorire della comunità attraverso l’esaltazione della donna, al rispetto animistico della religiosità tradizionale legata al tuǵan jer (la terra natia), quello con la parola mongola più nota è la religione del Grande Tenger, lo spirito della steppa padre dell’universo, presente in tutta l’Asia centrale.

La compagnia del Balletto di Astana è molto giovane, nata solo nel 2012 e già è la seconda compagnia per importanza nel Kazakhstan dopo quella nazionale con sede all’Opera di Astana. Presenta danzatori giovani e giovanissimi, tecnicamente solidi e versatili, in grado di passare dal classico, al neoclassico al folklore. Questo possibile grazie a un lungo processo di sensibilizzazione all’arte della danza che nasce da molto lontano, dai tempi degli zar che fecero del balletto l’arte nazionale russa in tutto l’impero dalle grandi capitali alla Siberia, alla steppa centrale, per arrivare ai tempi dell’Unione sovietica fino agli scambi culturali con l’Europa occidentale grazie alla mediazione di Russianday.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto dell’Astana Ballet Gala al Teatro Nuovo di Milano concesse dall’associazione culturale Russianday.

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