15 maggio 2018

sipario – UN «CORSARO» DI MUSICALITÀ E CARATTERE


Teatro alla Scala di Milano, recita del 27 aprile 2018.

Le Corsaire. Balletto in tre atti e sette scene di Anna-Marie Holmes, dal libretto di Jules-Henry Vernoy de Saint-Georges e Joseph Mazilier, tratto dal poema The Corsair di Lord Byron. Coreografia di Anna-Marie Holmes dopo Marius Petipa e Konstantin Sergeev, assistita da Natal’ja Achmarova. Musiche di Adolph Adam, Cesare Pugni, Léo Delibes, Riccardo Drigo, Peter von Oldenburg. Scene e costumi di Luisa Spinatelli, assistita da Monia Torchia. Luci di Marco Filibeck. Nuova produzione del Teatro alla Scala.

Martina Arduino (Medora), Virna Toppi (Gulnare, la schiava prediletta del pascià), Marco Agostino (Conrad, il corsaro), Nicola Del Freo (Lankendem, il capo del bazar), Federico Fresi (Birbanto, il falso amico di Conrad), Mattia Semperboni (Alì, lo schiavo), Emanuela Montanari (Zulmea, l’amante di Birbanto). Tre odalische: Vittoria Valerio, Agnese Di Clemente, Caterina Bianchi. Riccardo Massimi (il pascià). Due coppie di corsari: Deborah Gismondi, Beatrice Carbone, Gabriele Corrado, Andreas Lochmann.

Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Frédéric Olivieri con la partecipazione degli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala diretta da Frédéric Olivieri. Orchestra del Teatro alla Scala, direttore: Patrick Fournillier.

Foto_1_FB_K65A0912 x Martina Arduino Marco AgostinoPare proprio che Il corsaro sia diventato un balletto alla moda in questa stagione per diverse compagnie del globo. Al Balletto della Scala e al Ballet Nacional del Sodre in Uruguay con la versione Holmes, al Balletto Nazionale di Lituania e al Balletto di Tokyo con la versione Legris, al Teatro Bol’šoj di Mosca con la tournée e la versione del Balletto di Sofia dalla Bulgaria: tutto il mondo sembra ballare e vedere questo balletto, fatto di un partitura composita di molti compositori.

Il direttore d’orchestra per questa nuova produzione scaligera, Patrick Fournillier, ha voluto dare un amalgama in chiave francese, forse ‘francesizzante’, alla partitura, cercando il più possibile di non far intendere le differenze stilistiche e autoriali nelle battute. Anche se spesso tra le scene le mani dei compositori si percepivano ora con più ora con meno chiarezza, il direttore è riuscito a dare un collante il più possibile omogeneo che bilanciasse i tempi della danza con i colori e i timbri per la musica; e l’orchestra ha saputo regalare questa lettura dello spartito.

Un recita, questa del 27 aprile, all’insegna della musicalità. Di buona musicalità tutto il corpo di ballo. Da notare le coppie di corsari e la coppia principale di Birbanto e Zulmea, un esplosione di vivacità e carattere evidenziati dalle danze molto ritmate, le scarpe da carattere, démi port de bras ed épaulments.

Foto_2_K65A0799 z Emanuela Montanari Federico Fresi

D’effetto il cammeo delle tre odalische, spostato da Holmes nell’atto I al momento delle vendita al pascià – scelta drammaturgica che ho trovato opportuna. Un po’ troppo diversificata la scelta delle tre interpreti, di cui non si discute tanto della disparità sul lato tecnico, ma su quello di padronanza del palcoscenico. Alla seconda e terza odalisca, rispettivamente interpretate da Agnese Di Clemente e Caterina Bianchi, giovanissime danzatrici che si stanno affacciando adesso ai primi ruoli – Di Clemente con Ol’ga nell’«Onegin» di John Cranko, con Olympia nella «Dame» di John Neumeier e Bianchi con Olympia della «Dame aux camélias» –, ha fatto da compagna una prima odalisca di Vittoria Valerio. Da una parte la freschezza e l’esuberanza dei primi ruoli ha visto le giovanissime danzatrici come esecutrici di una danza complessa in fase di studio; dall’altra la padronanza scenica di una danzatrice cha ha già recitato in ruoli di primissimo piano, come Odette / Odile, Clara, Kitri e Giulietta, ha reso più evidente il distacco interpretativo e artistico.

Meglio assortiti i ruoli dei protagonisti. Nicola Del Freo ha presentato un Lankendem con personalità. Un ruolo che ha preso con divertimento, anche in una certa ‘maturazione’ del personaggio da spavaldo a pauroso, a coraggioso. Insieme a lui la Gulnare di Virna Toppi mostra una leggerezza e una frizzantezza del personaggio, espresso tecnicamente con il passaggio da movimenti più fluidi e ricerca della linea.

Foto_3_K65A0700 x Martina Arduino Mattia SemperboniMarco Agostino sta maturando ormai parecchi primi ruoli, dal classico puro al repertorio del Novecento. Il pizzetto da corsaro che gli dona sul versante estetico, non lo ha molto aiutato nelle espressoni, che necessitano a questo punto di una maggiore enfasi per arrivare al pubblico. Conrad è un ruolo per lui congeniale, non solo nella tecnica: non sbaglia, è preciso su ogni passaggio, è un partner sicuro e affidabile, ed è in grado di prendere la scena con presenza e personalità, padroneggia il virtuosismo.

Martina Arduino è una spendida prima ballerina. Una danzatrice tecnica che cura ogni dettaglio, dal minimo degli sguardi, al più elegante dei ports de bras fino all’attenzione estrema nella linea e lo spot da mantenere nei trentadue fouettés en tournant. Di lei ho particolarmente apprezzato l’uso degli sguardi, con cui senza mai ammiccare riesce a dialogare con il pubblico e con i personaggi sulla scena. In particolare, mi è risaltato lo sguardo nello Jardin animé che la sua Medora offre al pascià dormiente di Riccardo Massimi.

Ho già detto che la versione Holmes lascia il corpo di ballo un po’ in disparte nella drammaturgia. Questo è evidente anche nello Jardin animé, in cui la coreografia e il disegno delle figure mostra una ripetitività che appiattisce la scena, già di per sé volutamente avulsa dalla drammurgia originaria. Infatti, il sogno del pascià si riduce a un divertissement di pochi intrecci e molte file che non danno particolare giustizia al lavoro del corpo di ballo con gli allievi della scuola di ballo.

Lo schiavo di Mattia Semperboni è chiaramente una delle gemme del Corsaro scaligero. Il suo ingresso e la sua partecipazione lasciano un grande entuasiasmo nel pubblico. Non smette di ricercare Semperboni, dalla prima alla seconda recita ha provato a conferire un’immagine sempre nuova nella sua splendida variazione: ora le pirouettes con la gamba di terra stesa ora con la stessa gamba flessa nelle pirouette di carattere.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano (Teatro alla Scala): 1. Martina Arduino e Mattia Semperboni nell’adagio del passo a tre dell’atto II scena 1; 2. Federico Fresi ed Emanuela Montanari nella danza dei corsari dell’atto I; 3. Martina Arduino e Marco Agostino nel passo a due dell’atto II scena 2.

questa rubrica è a cura di Domenico Giuseppe Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org



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