12 aprile 2017

sipario – TECNICA E ARTE, COSCIENZA E STUDIO ALLA SCUOLA DELLA SCALA


Piccolo Teatro Stehler di Milano, recita del 7 aprile 2017
Présentation. Idea di Frédéric Olivieri. Musica di Carl Czerny (Études).
Variations for Four. Coreografia di Anton Dolin, ripresa da Maina Gielgud e Jelko Yuresha. Musica di Marguerite Koegh. Allestimento e costumi di Jelko Yuresha.
Un Ballo. Coreografia di Jiří Kylián, ripresa da Shirley Esseboom. Musiche di Maurice Ravel. Costumi di Joke Visser.
Paquita. Estratti dal divertissement, pas de deux, pas de trois, polonaise. Coreografia di Marius Petipa, ripresa dagli insegnanti della scuola di ballo dell’Accademia Teatro alla Scala. Musiche di Édouard-Marie-Ernest Deldevez e Ludwig Minkus. Costumi di Santi Rinciari.

sipario14FBConsueto appuntamento di primavera, lo spettacolo della scuola di ballo dell’Accademia Teatro alla Scala al Teatro Strehler. Qualcosa del programma si conosce già. La coreografia di Dolin per quattro uomini è, invece, una novità entrata nel repertorio della scuola da quest’anno.

Il quartetto maschile simboleggia la forza dei quattro elementi Terra (verde), Acqua (blu), Fuoco (rosso) e Aria (giallo). Le variazioni sono caratterizzate da elementi tecnici che si ispirano all’elemento naturale: Acqua e Fuoco sono brillanti, vorticosa la prima nei numerosi giri e manèges e frizzante il secondo nelle combinazioni di medi e piccoli salti; Terra mostra il vortuosismo dei grandi salti in battere e del ballon [sospensione in aria]; Aria è l’elemento più volubile, raccoglie tutto lo spazio con l’adagio e sembra quasi sintetizzare gli altri elementi.

Ottima la scelta dei quattro allievi tra il 7º e l’8º corso (gli ultimi). Particolarmente musicali e tecnici Terra (Gabriele Consoli) e Acqua (Endi Bahaj), morbidissime e fluttuanti le braccia di Aria (Andrea Risso), buon controllo di basso gamba per Fuoco (Nicola Barbarossa). Nella più antica tradizione coreica italiana la scuola di ballo continua la sua attenzione particolare alla tecnica maschile, che è stata omaggiata con la coreografia di sir Anton Dolin.

Le linee cambiano, l’estetica si aggiorna, come i gusti del pubblico e dei danzatori stessi. Ma i principi della danza, che sono stati creati sui corpi e le loro attitudini, sono lo scopo dell’acquisizione di una scuola. È bello vedere che bambini e ragazzi riescano a sentirsi a proprio agio su un palcoscenico e danzare i pezzi interessanti scelti dal direttore; ma è ancora più bello vedere che gli stessi ragazzi abbiano interiorizzato i fondamenti della tecnica, che applichino con studio e coscienza di essa, a seconda del proprio livello di avanzamento.

Scopo del “saggio” di danza – che viene dal latino exigere ‘dimostrare, esaminare’ – è proprio la dimostrazione pubblica della preparazione e del profitto degli studi, all’interno di uno spettacolo godibile e gradevole. La Présentation, in quest’ottica, assume un rilievo importante. È ben disegnata nell’evoluzione dei piccoli del 1º corso fino ai diplomandi dell’8º, cresce in difficoltà attraversando le punte, la tecnica maschile, i rudimenti di pas de deux fino al grande salto e al virtuosismo.

Il virtuosismo è spinto molto negli allievi, anche nei più piccoli, che hanno risposto esteticamente bene, nonostante fosse loro opportuno mostrare il proprio senso del ritmo o la capacità di orientarsi nello spazio tridimensionale della danza – il quasi esclusivo en face ne mostra solo un’acquisizione parziale – oppure la padronanza di coordinazione degli arti e atteggiamenti della testa in musica.

Una delle maggiori difficoltà è rappresentata dagli estratti di Paquita, balletto di repertorio ottocentesco con molti elementi “di carattere”, ambientato nella Spagna occupata dai francesi di Napoleone. Infatti, il repertorio è la somma di tutte le regole tecniche più il rispetto ‘artistico’ del tempo e intenzione in cui è stato composto il balletto, per esempio negli épaulements del carattere spagnolo o nel controllo dell’‘uso’ del tutù.

I muscoli supplivano spesso alla consapevolezza delle ‘leve’ corporee che si acquisiscono con lo studio – ed è comprensibile in danzatori giovanissimi negli anni della formazione. Ottima l’esecuzione del pas de trois (con Gabriele Consoli); ben curata e resa la polonaise dei piccoli; buona la padronanza del passo a due per gli interpreti dei protagonisti Paquita e Lucien .

La coreografia di Kylián è già nota agli allievi scaligeri dall’anno scorso. È ripresentata e ballata benissimo. Il minuetto di Ravel descrive una cerimonia che incomincia funerea con i candelabri che sovrastano il palco e il fumo che somiglia all’incenso (il titolo della musica suggerisce un contesto mortuario: Le Tombeau de Couperin, op. 68 [la tomba di Couperin]). Le otto coppie danzano insieme a ritmo e in spazi fissi, l’abitudine è l’elemento principale, tutto scandito dal progressivo consumarsi delle candele che compongono la scenografia.

Un Ballo comincia con i volti illuminati dei danzatori, la morbidezza delle braccia e la creazione di figure arrotondate dei corpi e termina senza più alcun volto, solo lo sfondo nero e gambe nude, rigide in evidenza delle ballerine; come le candele di cera d’api nelle chiese ortodosse greche, descritte di Kostas Kavafis (Keriá [candele] versi 5 e 7) «una fila logorante di candele spente: / […] fredde, sciolte e storte», mostrando tutta la spersonalizzazione, ma una nascosta e innata vitalità.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Stefania Mantelli (Accademia Teatro alla Scala): «Un Ballo» di Jiří Kylián.

questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi e Chiara Di Paola

rubriche@arcipelagomilano.org



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