9 settembre 2015

sipario – BARYŠNIKOV A MILANO: LETTER TO A MAN DI ROBERT WILSON


BARYŠNIKOV A MILANO: LETTER TO A MAN DI ROBERT WILSON

Il 2015 è un anno di ‘grandi rientri’ teatrali. Alessandra Ferri ritorna dopo il suo lungo addio alle scene; Robert (Bob) Wilson dopo la geniale regia per la messa in scena dell’Odissea e Michail Baryšnikov dopo un lunga assenza dall’amata Italia, «amore a prima vista», pur non avendovi «mai» ballato, come dichiara in un’intervista del 12.8.2013 (Il Giornale), probabilmente riferendosi a un’attività fissa e costante nei teatri e compagnie italiani, non come artista ospite o in tournée.

sipario_30Ora, dall’11 al 20 settembre Michail Baryšnikov sarà presente al Teatro dell’Arte della Triennale di Milano con lo spettacolo Letter to a Man (Lettera a un uomo) di Robert Wilson. Lo spettacolo in prima mondiale è stato presentato lo scorso luglio al Festival dei Due Mondi di Spoleto e vuole marcare la fruttuosa collaborazione di Baryšnikov e Wilson in The Old Woman (La vecchia), tratto dall’omonimo racconto di Daniil Ivanovič Juvačëv (noto con lo pseudonimo Daniil Kharms).

Letter to a Man parte dalla «lucida follia» dei Diari del grande danzatore Vaclav Nižinskij, che agli inizi del XX secolo insieme alla lungimiranza dei Ballets Russes di Sergej Djagilev rivoluzionò la danza e la figura del ballerino, conferendole il carattere etereo della danzatrice sulle punte unito all’atletismo virtuoso della corporatura maschile. Letter to a Man di Baryšnikov e Wilson ha la finalità di mostrare al pubblico che Nižinskij non è solo un mito o una leggenda incorporeo come il ricordo della sua danza, ma un uomo e un uomo di spettacolo, un danzatore, con le sue disperazioni e i suoi entusiasmi, le sue fragilità, manie, analisi lucide e paranoie; una discesa ineluttabile verso il baratro della follia e della morte.

La visione di ‘arte totale’ di Bob Wilson, per cui l’arte si compone di un vortice di palco, luci, musica e performance, è complementare alla visione di ‘artista totale’ di Michail Baryšnikov, per cui una tecnica ineccepibile dev’essere indossata come una calzamaglia che dà la linea giusta al corpo prendendone le sembianze; una fusione, quella di calzamaglia e corpo, che rispecchia quella di tecnica e spirito dell’artista e che in Baryšnikov trova piena realizzazione. L’artista in Letter to a Man porta la sua più che quarantennale esperienza di palcoscenico, riscoprendo in qualche modo la sua origine slava (nato in Lettonia da genitori russi e formatosi alla scuola del Kirov, oggi Accademia Vaganova, di San Pietroburgo) attraverso le condivisioni con Nižinskij, anche lui formatosi alla allora Scuola di Ballo Imperiale di San Pietrogurgo (oggi Accademia Vaganova) e nato a Kiev da genitori polacchi.

Michail Baryšnikov, che nel 1974 durante una tournée in Canada scappò dall’allora Unione Sovietica senza farne più ritorno, non smettendo mai di mettersi alla prova e in discussione, a Milano darà una lezione al pubblico di tutto il mondo (composto da artisti, danzatori e appassionati) che l’arte si libera non al di là (cioè ‘fuori’), ma al di sopra della tecnica.

Domenico G. Muscianisi

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi e Domenico G. Muscianisi

rubriche@arcipelagomilano.org



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