9 aprile 2013

sipario


 

ODYSSEY

Robert Wilson

Rappresentazione in 2 atti e 26 scene in greco moderno (sovratitolato in italiano) con preludio in greco classico [165′].

Progetto, regia, scene e costumi Robert Wilson. Testo Simon Armitage da Odissea. Drammaturgia Wolfgang Wiens. Traduzione in greco moderno Giorgos Depastas. Musiche, eseguite dal vivo al pianoforte Thodoris Oikonomou. Con Zeta Douka, Stauros Zalmas, Lydia Koniodrou, Alexandros Mylonas, Maria Naupliotou, Viky Papadopoulou, Apostolis Totsikas, Nikitas Tsakiroglou, Thanasis Akokkalidis, Giorgos Glastras, Akis Sakellariou, Giorgos Tzavaras, Giorgis Tsampourakis, Kosmas Fontoukis, Marianna Kavalieratou, Lena Papaligoura, Dimitris Piatas Produzione Piccolo Teatro Strehler di Milano e Teatro Nazionale di Grecia di Atene. Spettacolo del 3 aprile 2013, Prima.

 

Odyssey mi ha incuriosito per tanti fattori: come laureato in Lettere classiche mi ha colpito l’idea di una rappresentazione teatrale dell’Odissea; come ballerino di danza classica e, in generale, appassionato di teatro sono interessato alla drammaturgia, cioè alla messa in scena efficace e fruibile, di opere antiche; mentre come conoscitore della lingua neogreca mi ha catturato l’idea di ascoltare un dramma in questa lingua. Il giudizio che ne viene fuori è interamente positivo: mai avevo assistito a una rappresentazione ‘antica’ con così vivo interesse e così empatica partecipazione, come è avvenuto per Odyssey!

Lo spettacolo comincia con le luci del teatro ancora accese. Una ragazza punk attraversa il palco saltellando e schiamazzando. Dopo che sono tutte spente un gioco ‘psichedelico’ di luci del palco assorbe gli spettatori nella vicenda. Un vecchio è seduto a un bordo laterale del palco già dall’ingresso degli spettatori e dopo la spirale di luci comincia a cantare nella pronunzia moderna del greco il famoso proemio «Andra moi ennepe, Mousa, polytropon…» (Raccontami, o Musa, dell’uomo versatile…): il vecchio è Omero. Ogni opera antica comincia con un proemio o un prologo, chi meglio del grande aedo per dare inizio alle vicende di Odisseo?

Al proemio seguono le scene quasi dello stesso numero dei canti dell’Odissea (26 scene contro 24 canti), che seguono fedelmente la successione della vicenda, manca invece del tutto la Telemachia, cioè il viaggio di Telemaco fino a Pilo da Nestore per avere notizie del padre. Dopo il concilio degli dèi che decreta il rientro di Odisseo in patria, Zeus manda Hermes dalla ninfa Calipso che, innamorata, trattiene Odisseo contro il suo volere.

Da un punto di vista drammaturgico è importante che i personaggi della ninfa Calipso, della maga Circe e della moglie Penelope, cioè le donne di Odisseo, siano interpretati dalla medesima attrice: infatti, Calipso dice a Odisseo «Di giorno piangi, di notte ti stringo al mio corpo: tu resisti solo a metà ma i tuoi pensieri sono altrove, chiudi i tuoi occhi per vedere il volto di Penelope»; questo espediente drammaturgico serve allo spettatore per entrare nei pensieri di Odisseo, il quale in ogni donna che possiede vede il volto della donna che ama, valorizzando così l’elemento della fedeltà coniugale anche nel marito.

Odisseo parte dall’isola di Calipso e arriva naufrago sull’isola dei Feaci. La principessa Nausicaa, una giovane ragazza che sogna il matrimonio, si innamora di Odisseo e decide di portarlo a palazzo; il re Alcinoo e la regina Arete accettano di ospitarlo a condizione di credere alle vicende di Odisseo. Interessante è il fatto che Nausicaa viene mandata a dormire con la promessa che la madre racconterà il giorno seguente la storia. Così avviene. Arete negli intermezzi canta a Nausicaa la storia: questo sembra un espediente del drammaturgo per ‘giustificare’ la sintesi del racconto che avviene nella rappresentazione teatrale rispetto all’epos omerico.

La vicenda di Odisseo prosegue: i Ciconi, i Lotofagi, il Ciclope Polifemo, l’otre dei venti, Circe, la discesa nell’Ade e l’incontro con l’indovino Tiresia e la madre Anticlea, le sirene, Scilla e Cariddi, l’arrivo a Itaca, Eumeo, l’incontro con il figlio Telemaco, la gara dell’arco, l’uccisione dei pretedenti e il commovente ricongiungimento degli sposi. Penelope dice «So bene che aspetto aveva mio marito quando salpò [venti anni prima]. Ma che aspetto ha adesso? Tu sei uno straniero. Sei ignoto, sconosciuto», e qui avviene l’inganno del letto, cioè Penelope chiede di spostare il talamo nuziale in un’altra sala, ma Odisseo irato dice «Quel letto non si sposterà di un passo. Non è un semplice mobile, è scavato nel tronco di un ulivo. Non è stato portato qui dalla bottega di un carpentiere: quel letto pianta ancora le radici nel terreno. Questa stanza è stata costruita intorno a quel letto. Quel talamo nuziale è il fondamento dell’intera casa», da qui il riconoscimento «Solo due persone conoscono il segreto di questo letto. Adesso sei a casa, mio Odisseo».

Qual è il Leitmotiv dell’intero dramma? La fedeltà. E come rappresentare la fedeltà? Con un cane. La ragazza punk che compare all’inizio dello spettacolo non è la sterile stravaganza di un regista, ma è il collante dell’intero dramma. Infatti, la ragazza punk in ogni cambio di scena compare saltellando e schiamazzando, anzi guaendo, attraverso il palco. Si capisce che in realtà guaisce come un cane solo alla fine. Nell’epos omerico quando Odisseo entra sotto le spoglie di mendicante nel proprio palazzo, il primo a riconoscerlo è il fedele cane Argo che lo ha atteso per venti anni e alla sua vista muore guaendo per la gioia. Il cane Argo è rappresentato dalla ragazza punk: quando Odisseo, Telemaco ed Eumeo entrano nel palazzo dove gozzovigliano i pretendenti, la ragazza punk abbaiando e guaendo si strofina a Odisseo (è l’unico momento in cui interagisce con i personaggi) e poi ricevuta una ciotola da Telemaco esce di scena, ma non muore nel dramma per poter assolvere il proprio ruolo di simbolo e garante della fedeltà.

I personaggi si muovono sul palco come scivolando sui piedi e gesticolando con movimenti molto codificati che incorniciano il volto ed enfatizzano le espressioni. A prima impressione i loro movimenti sembrano marionettistici (e ciò non si esclude, perché qualcosa nei personaggi ricorda le marionette e i carillon, come Nausicaa e le ancelle oppure la deliziosa Euriclea), ma quei movimenti sembrano più ricordare la pittura e le raffigurazioni dei vasi greci. Il trucco bianco del volto con i lineamenti molto marcati in nero ricordano quei disegni; i giochi di luci e controluci sembrano richiamare i due stili di pittura vascolare, vasi con sfondo rosso a figure nere e viceversa vasi con sfondo nero a figure rosse. I movimenti e le pose sono plastici come nella pittura vascolare greca. Gli spettatori diventano quindi visitatori di un museo che si soffermano di fronte a un grande vaso in cui sono raffigurate nei diversi quadri/scene l’avventuroso nostos (ritorno) di Odisseo.

Piccolo Teatro Strehler dal 3 al 24 aprile 2013

Domenico G. Muscianisi

 

 

questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi e Emanuele Aldrovandi

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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