19 dicembre 2023

ILLUSORI VANTAGGI E DANNI SICURI

A Natale Milano diventa più grande


centenario-citta-metropolitana-milano2Illusori vantaggi e danni sicuri, sotto questo titolo l’articolo proseguiva: “è mancata una istruttoria ed una discussione sufficiente…non si hanno che le dichiarazioni verbali fatte in varie occasioni dal sindaco…affermazioni vaghe…temiamo però assai che, mentre gli sperati vantaggi in pratica si dimostreranno illusori o si tradurranno in vaghe , lontane aspettazioni, i danni e gli inconvenienti saranno concreti, positivi, immediati”,  sembra ma non è un articolo di Lucia Tozzi dedicato alle politiche urbanistiche di Maran, si tratta invece di un intervento sul corriere della sera di Luigi Simonazzi che, coraggiosamente visti i tempi,  demoliva le motivazioni che giustificavano l’interesse della città all’allargamento deciso dal governo nazionale nel settembre 1923.

Il Regio Decreto di aggregazione motivava così tale decisione:

“L’attuale circoscrizione del comune di Milano, comprendente un territorio di appena 7600 ettari con una popolazione agglomerata di oltre 700.000 abitanti secondo i risultati del recente censimento, è causa di grave disagio per l’espansione di quel grande centro demografico, specie in rapporto al continuo e rigoglioso sviluppo dei suoi potenti stabilimenti industriali.

Il-Diciotto-Baggio-libro-centenario_Pagina_02Ai margini della città, traendo vantaggio dalle favorevoli condizioni di vita offerte dalle sue fiorenti officine, si sono gradualmente sviluppate le comunità contermini di Baggio, Affori, Chiaravalle Milanese, Crescenzago, Gorla-Precotto, Greco Milanese, Lambrate, Musocco, Niguarda, Trenno, Vigentino, mentre, col progressivo ampliamento edilizio, il comune di Milano si è congiunto ai loro abitati, con taluno dei quali ha anche in comune delle vie, ed ha dovuto stabilire nel loro territorio alcuni dei suoi più importanti stabilimenti e servizi pubblici, come il polisportivo ed i nuovi impianti ferroviari in Lambrate, il grande collettore della fognatura in Vigentino, l’ippodromo in Trenno, il cimitero in Musocco, l’Ospedale dei contagiosi in Affori, l’aerodromo in Baggio, ecc.

Gl’inconvenienti derivanti da tale situazione per i frequenti contrasti nelle inevitabili interferenze fra le diverse amministrazioni civiche, la necessità di dare alla città di Milano un più ampio respiro per la organizzazione dei pubblici servizi in modo adeguato alle esigenze della sua crescente popolazione, l’interesse, per i Comuni contermini, di trarre più diretto vantaggio dalle agevolezze che offre la città con la più completa evoluzione degli istituti di ogni genere nei quali si esplica l’azione sociale della pubblica amministrazione, hanno in passato indotto le rappresentanze di taluni dei suindicati Comuni a chiederne l’aggregazione a quello di Milano in conformità a quanto si era già fatto per qualche altro piccolo Comune”.

La decisione di dar vita a questo embrione di area metropolitana fu assunta direttamente dal presidente del consiglio Benito Mussolini che così scriveva (7 luglio 1923) al sindaco di Milano Mangiagalli, sostenuto da una maggioranza conservatrice che aveva il suo punto di forza nei fascisti: “Caro ed illustre Sindaco…ho la sensazione che Milano abbia il respiro della sua fatale espansione mozzato dalla fungaia di piccoli comunelli che sorgono alla sua periferia (Greco, Lambrate, Dergano, Gorla, Turro, Musocco, Affosi, Chiaravalle). Se Vostra Signoria crede di provocare un provvedimento di annessione che io stimo utile e forse necessario, io sono disposto a farlo approvare. Qualche intesa dovrebbe intervenire con i sindaci dei comuni. Io credo che la cosa piacerebbe anche a loro o prima o dopo”.

Mangiagalli aderì entusiasta.

19240101_l_ampliamento_del_comune_di_milano_250Siamo nella fase iniziale del fascismo al governo e Mussolini ha in mente un ruolo particolare per la città: è il progetto della grande Milano che svanirà in pochi anni anche per la assoluta mediocrità del fascismo milanese, praticamente una banda di grassatori che  portò all’espulsione dal PNF per corruzione del podestà finito al confino, del segretario del fascio finito in Africa e di molti altri.

Tra la lettera a Mangiagalli e il decreto di accorpamento dei comuni passano meno di due mesi, nel frattempo il duce si porta avanti: il 28 luglio del 22 veniva sospeso il sindaco socialista di Musocco per aver chiuso il comune durante uno sciopero, così come venne sospeso il sindaco di Affori Dante Faccioli socialista perché “imponeva ad alcuni alunni di togliersi i nastri tricolori che portavano all’occhiello”, Baggio e Niguarda venivano commissariati.

Qualche bastonatura qua e là aiuta a convincere i più restii.

Il 9 settembre Mussolini convoca una riunione sull’aggregazione dei comuni in prefettura a Milano alle 18.15, nel suo intervento ricorda che “c’erano delle pratiche fin dal 1886 e 1888 ma queste pratiche andavano coprendosi di un rispettabile strato di polvere rimanendo negli archivi…Milano è la città che tutte le genti del nord che scendono verso il mediterraneo incontrano per prima…io voglio che la prima impressione sia di potenza, di lavoro, di equilibrio e di forza. Milano era soffocata nei suoi confini troppo stretti…i fascisti non vedono più il campanile ma la patria”, dopo l’intervento del presidente del consiglio alcuni tra i sindaci volevano discutere dei problemi operativi ma Mangiagalli che molto prudentemente per altro, ipotizzerà qualche forma di decentramento, sciolse la riunione rinviando ad altri tempi.

La velocità della procedura è uno delle operazioni marketing del duce: “mentre gli altri chiacchierano io faccio” come fa rimarcare alle agenzie di stampa ovviamente evitava di parlare della questione dei dazi che si prolungherà fino al 1930.

I comuni interessati erano Affori che aveva 20000 abitanti come Greco, Musocco 15000, Baggio, Chiaravalle, Crescenzago, Gorla Precotto, Lambrate, Niguarda, Trenno, Vigentino, tra i 6000 e gli ottomila, per un totale di 110000 nuovi abitanti: la popolazione della città aumentava del 15% circa.

lambrate scioglimentoLa legge prevedeva nuove elezioni nel caso della modifica della geografia amministrativa, ma il duce non amava le elezioni e decise di cooptare i sindaci dei comuni aggregati nel consiglio comunale con un assessore evitando così di mettere alla prova la popolarità di Mangiagalli che era stato eletto alle amministrative del 10 dicembre 1922 quando vinse il Blocco costituzionale composto da fascisti, liberali e popolari che ottenne il 57,4% dei voti cioè 87368 con 64 consiglieri, il sistema era maggioritario. Le liste di opposizione erano 3: il PSU (Partito socialista unitario) dei riformisti Turati e Matteotti che ottiene il 30% dei voti e 15 consiglieri, il PSI massimalista che ottiene 1 seggio con l’11% dei voti e il Partito comunista con l’1,5% dei voti e nessun eletto.

La questione dell’allargamento della platea elettorale, dei diritti delle minoranze e dei nuovi milanesi sarà più volte sollevata dalle opposizioni senza grande successo, del resto lo stesso comune di Milano nel 1926 sarà commissariato e poi verrà nominato il podestà.

L’estraneità e l’impreparazione del comune all’allargamento di fronte alla rapidità delle scelte mussoliniane è dimostrata dal fatto che la giunta non sa neppure se il decreto è immediatamente attuativo o se vi sono altri passi da compiere vieppiù gli assessori chiedono al prefetto se devono approvare un bilancio unico o devono approvare 12 bilanci diversi.

Se per l’opposizione socialista rappresentata in consiglio comunale da Nino Levi l’aggregazione era un attentato alle autonomie comunali: “non ricorderò ai colleghi di parte democratica le molte cose dette in tema di autonomie perché da qualche tempo è regola di galateo non ricordare agli uomini il loro recente passato”, i popolari con Arturo Osio, i liberali con Ettore Cardani, i radicali con Giulio Bergmann, i democratici con Angelo Arcellaschi pur approvando la decisione del governo erano preoccupati dei nuovi costi che sarebbero ricaduti sulle esauste casse del Comune, cosicché l’allargamento non ebbe nulla di grandioso e monumentale e lo stesso Belloni leader dei fascisti milanesi che sarà commissario e poi podestà dovrà difendere la scelta negando che fosse frutto del centralismo Romano.

Il clima di scarso entusiasmo è confermato dallo spazio che il Corriere dedicò alla relazione della giunta che era di molto inferiore a quello dedicato all’articolo sui giocattoli natalizi al mercato di via Calatafimi.

La procedura è rapida, in Comune si lavora anche a Natale.

2Il 15 dicembre di 100 anni fa il consiglio comunale prende atto dell’allargamento, pochi giorni dopo vengono aggregati anche il Ronchetto e il Lorenteggio sottratti ai comuni di Corsico e Buccinasco, il 20 dicembre manifesta il suo compiacimento per l’aggregazione il re, il giorno di Natale Mussolini è a Milano per l’inaugurazione della nuova sede del Popolo d’Italia e coglie l’occasione per segnalare le decisioni assunte a sostegno della città, il 28 tutto l’iter è terminato: Milano raggiunge la dimensione territoriale che in pratica ha ancora oggi.

Per chiarire meglio la vicenda occorre ricordare che le prime proposte di allargamento dei confini sono del 1860 anche se il primo allargamento lo aveva decretato nel febbraio 1808 Eugenio Beauharnais annettendo tutto quello che si trovava a non più di 7 chilometri da piazza dei Mercanti, annessione cancellata dagli austriaci.

Dopo all’incorporazione del comune dei Corpi Santi avvenuta nel 1873 (il territorio compreso entro i bastioni era di 832 ettari mentre i Corpi Santi avevano una superficie di 6.643 ettari e 62.976 residenti) che richiese decenni prima di sistemare i problemi daziari, di allargamento in comune si discusse pressoché sempre.

greco municipio2Nel 1904 ad esempio si ridisegnarono i confini con Greco, nel 1907 quando sindaco era Ettore Ponti vi fu la proposta dell’assessore Gori, nel 1914 all’indomani della vittoria socialista, palazzo Marino insediò una commissione che studiasse l’allargamento, nel 1917 alcuni consiglieri socialisti, tra cui Paolo Pini chiesero al sindaco Caldara se non ritenga utile: “di provvedere subito alle necessarie annessioni e al conseguente decentramento amministrativi.”, quello stesso anno il consiglio comunale approva un odg sull’allargamento presentato dal socialista Giovanni Fassina

Nella risposta di Caldara sta tutta la differenza con il progetto mussoliniano. Secondo il sindaco socialista, fin dal 1871 si cominciò a parlare di decentramento amministrativo ma la scelta di procedere per semplici cambiamenti di confini amministrativi portò ad accantonare il decentramento, un errore perché dice Caldara: “il comune non è una circoscrizione amministrativa qualunque, una creazione delle leggi scritte: è un organismo vivente che non si può smembrare o rimpastare a suo piacimento. C’è un’anima nel comune: la volontà dei suoi abitanti…”. Per Caldara bisognerebbe andare nella direzione di accordi e non di imposizioni e il decentramento imperniato sulla delega di molte delle funzioni comunali a strutture autonome gestite da un vicesindaco e fa anche l’esempio di un riuscito decentramento quello di Palermo nei primi decenni dell’800 abolito dopo l’unificazione.

Senza ironia i giornali, anche questa volta nei giorni di Natale del 1919, scrivono che “il problema del decentramento sarà probabilmente risolto senza indugio…si potranno istituire sedi municipali presiedute da un vicesindaco con funzione di ufficiale del governo… con tutti quei servizi che la legge consente di decentrare”.

D’accordo con Caldara decenni dopo anche i suoi eredi. Aniasi e Tognoli. Aniasi scrive: “per ognuna di queste aggregazioni avveniva la distruzione di un tessuto culturale, di una comunità…le annessioni hanno fatto il loro tempo e hanno mostrato di essere dannose…i confini amministrativi non hanno molto senso…bisogna organizzare un area metropolitana alla quale tutti partecipano con uguali diritti su un piano di parità…la perdita della autonomia comunale dei comuni aggregati è stata la manifestazione autoritaria e antidemocratica di uno stato accentrato e accentratore” a questa impostazione Aniasi, siamo nel giugno 1972, fa risalire il problema delle periferie che definisce “serbatoio di uomini al servizio della città ma estranei alla sua vita”.

Ogni qualvolta sento parlare di Area Metropolitana penso che 150 anni di dibattito siano sufficienti per prendere delle decisioni.

Walter Marossi

 



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  1. Pietro VismaraDiciamo che i "comunelli" (per riprendere l'espressione di M.) non ci hanno guadagnato un granché dall'annessione. Spesso è andata meglio a chi ne è rimasto fuori, almeno poteva decidere per sé. I nuclei storici periferici di Milano invece, alcuni di grande storia e tradizione, hanno finito per perdere di autonomia e di identità, finendo per dover accogliere nel totale disinteresse tutto quello che la città centrale non voleva (i depositi, gli impianti, le case popolari...). Neanche nel PGT di Moratti/Sala/Pisapia ci si è ricordati di loro...
    20 dicembre 2023 • 09:22Rispondi
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