21 novembre 2023

I NERVI DI BEPPE SALA E IL PD

Dalla sofferenza sociale la spinta verso una nuova governance cittadina?


Copia di Copia di rification (10)

Beppe Sala è molto nervoso, eppure non dovrebbe. La smart Milano tocca lo zenit ed attrae investitori e turisti da tutto il mondo. Salgono i prezzi immobiliari, crescono senza sosta ricavi e profitti della filiera dell’ospitalità. La città, festa mobile mai sazia, macina un evento dopo l’altro.

Non passa giorno però che il Sindaco non abbia a che dire con questo e con quello. Si sente, dice, molto solo. La “politica”, soprattutto quella vicina, gli sembra, se non assente, distaccata. Quasi come il Peppe-Gassman dei Soliti Ignoti. Beppe si gira, non trova nessuno ed impreca “m’hanno rimasto solo, sti quattro cornuti….” Quanto vi è di soggettivo e quanto di fondato, o di meritato, in questo sentimento? E con chi davvero ce l’ha?

Fosse solo una percezione sarebbe già legittimo chiederselo, ma il sospetto è che vi sia altro, di più corposo, qualcosa che smuove la profondità del sociale e che tocca, coi suoi giri larghi, anche la politica e le istituzioni. Vale allora la pena di chiedersi il senso dell’intemerata contro l’intero consiglio a difesa dell’Assessora Elena Grandi: davvero sarebbe intervenuto così a gamba tesa contro i consiglieri (tutti fannulloni, a destra ed a sinistra), se non fossero sempre più diffuse le voci di una città meno vivibile e se il sindaco non avvertisse, non si dice uno smarcamento, ma come un minor entusiasmo verso la sua politica, le sue iniziative e le sue “persone”? La lingua batte dove il dente duole?

Milano poco vivibile, Milano insicura, Milano città per ricchi. Cresce un sentimento negativo, e certamente la destra ci mette del suo, ma basterebbe un Briatore per fare l’autunno di una esperienza di governo, se non fosse che la città, nel pieno del suo fulgore internazionale, pare percorsa come da una febbre, scossa da brividi apparentemente senza spiegazione, ma non per questo immaginari?

Beppe Sala, che non è privo di antenne, cerca di rispondere a suo modo al montante clima avverso, e si toglie i sassolini dalle scarpe, libero dalla soma della prossima candidatura.  A suo modo, ma non basta, che le questioni che stanno venendo alla luce sono strettamente connesse, con le sue scelte, al senso più profondo ed alle dinamiche più specifiche dell’esperienza del centro sinistra a Milano negli ultimi 12 anni.

Se la qualità di un’amministrazione comunale si ritrova, prima di ogni altra cosa, nel governo del suo territorio, non si può negare (è un fatto) che il PGT deliberato dalla coppia Moratti – Masseroli, sia stato ereditato senza cambiamenti da Pisapia (forse non poteva fare altrimenti). Ma soprattutto, non si può nascondere che, dopo i fasti di EXPO (altra eredità della precedente amministrazione, sia pure condivise bipartisan), le sue linee guida, la sua filosofia, siano state entusiasticamente riprese e sviluppate da Beppe Sala, che (altro fatto) le ha condivise operativamente con i grandi attori dell’immobiliare (uno dei quali oggi è diretto proprio dal Masseroli) che avevano contribuito a quella visione.

È mancata discontinuità, e gli effetti negativi oggi si manifestano.

Luca Beltrami Gadola ed altri autorevoli urbanisti hanno scritto molto su ArcipelagoMilano, segnalando per tempo sia le problematiche relative ad alcuni comportamenti, opinabili almeno, dei soggetti pubblici coinvolti, che le linee di faglia di una patologia destinata ad aggravarsi come tutte le malattie negate o trascurate. Critiche che non avevano trovato finora orecchie attente nella politica, come si trattasse al massimo di lodevoli approfondimenti tecnico disciplinari, ma che ora, di fronte a dinamiche sociali che cominciano ad incidere sul consenso della città, suscitano interesse.

La questione della solitudine e della gestione del territorio investe principalmente il Partito Democratico, azionista di maggioranza di una giunta che, dimentica del grande debito maturato con il partito e gli elettori che l’hanno messa dove sta, si muove in solitaria, dando sempre per scontato il sostegno in Consiglio, salvo poi  meravigliarsi del minor calore attorno a sé. Beppe Sala, deciso da solo  quasi sempre e quasi tutto per 7 anni, si lamenta della solitudine che pure ha generato, cresciuto amorevolmente e legittimato.

Il PD finora ha sostenuto candidati sindaci non suoi, con successo però, tanto maggiore in quanto ha consentito di avviare (era il 2011) un recupero del centrosinistra che pareva almeno improbabile. Ora il 2026 si avvicina e, impossibile un terzo mandato per Beppe Sala, l’agenda pone la questione di un candidato sindaco credibile e con chance di successo. Il tempo non è moltissimo. Soprattutto, si pone la questione di un rinnovamento della proposta politica, per rispondere alle domande presentate da un corpo sociale in sofferenza, e non trovarsi in crisi di consenso.

Finora, per dare senso alla sua presenza, era stato sufficiente aggiungere alla ricetta del centrosinistra “alla milanese”, fondato sulla rigenerazione urbana come principale strategia di sviluppo, gli ingredienti democratico partecipativi (Pisapia), ambientalisti, e dei diritti civili. Innegabilmente sacrosanti in sé, neppure si può negare che aggiungano valore funzionale al lessico obbligatorio della narrazione marketing di un brand globale. Un approccio remissivo che lasciava campo aperto al Sindaco sulle decisioni essenziali, e riservava al PD un profilo di sinistra smart.

Il patto leonino mostra la corda, però.

Ed anche se qualcuno, già candidato ed in pole position per le nuove primarie,  per non trovarsi troppo presto sotto tiro, definisce “chiacchiericcio” i mal di pancia che vengono anche dalla sua area politico culturale, in molti si chiedono se sia ancora accettabile per il PD una città sempre più polarizzata, intrisa di sentimenti di rivalsa e di contraddizioni, tributaria delle aspettative degli immobiliaristi  e meno, molto meno, dei bisogni sociali. Soprattutto, questo il timore, in cerca di nuove sponde. E poi è ancora sostenibile politicamente, nel rapporto con la città, la formula basata sullo scambio che finora ne ha retto le sorti: il Sindaco vince le elezioni e comanda, il PD stà zitto e buono e lascia fare ad altri le cose che contano.

Ed infine, è ancora possibile governare Milano come se davvero trovasse confini invalicabili ai limiti delle sue Zone amministrative o non è venuto anche il momento di riconoscere che ampiezza e complessità dei processi di vita e lavoro (muoversi, abitare, curarsi..) richiedono un autentico approccio metropolitano ed al tempo stesso effettivamente comunitario?

Il nuovo segretario del Partito Democratico Metropolitano Milanese è giovane ed attento alle domande di fondo della società milanese e metropolitana. Deve muoversi con attenzione, tra i potentati e le ambizioni locali, ma a lui tocca ora l’iniziativa. Se il Sindaco, qualche mese dopo il turn around tra Roggiani e Capelli, recrimina sulla solitudine in cui si è venuto a trovare, potrà essere pure un caso, ma forse no. Le sue parole potrebbero anche essere interpretate, non si dice come un guanto di sfida, ma come una chiamata a vedere le carte ed imporre il suo gioco. O come si dice ora, rinfrescare la governance cittadina, tavolo che potrebbe interessare anche il PD, per diverse ragioni.

Anche se la politica ha i suoi tempi, ed Alessandro Capelli ne ha bisogno per prendere in mano il partito, forse farebbe bene a non sottovalutare questi segnali, e ad esplorare una sintesi che, senza timidezze e neppure imprudenze, trovi la miscela giusta tra innovazione e continuità nel governo di Milano.

Giuseppe Ucciero



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  1. LeonPeppe dimettiti svergognato
    2 febbraio 2024 • 23:46Rispondi
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