17 ottobre 2023

LA MODERNIZZAZIONE DI MILANO

Il gran rifiuto di Modesto Picozzi


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120 anni fa il 10 dicembre il consiglio comunale di Milano eleggeva sindaco con 34 voti favorevoli e 22 schede bianche e un voto al commerciante Edoardo Piovella, l’avvocato Modesto Picozzi consigliere comunale dal 1899, assessore all’igiene, del partito radicale.

Avrebbe dovuto prendere il posto del sindaco dimissionario Giuseppe Mussi deputato dal 1865, vicepresidente della Camera, senatore, per 36 anni consigliere comunale, Gran maestro aggiunto del Grande Oriente d’Italia, Commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, vicepresidente della Cassa di risparmio delle province lombarde, figura storica del radicalismo milanese e lombardo secondo solo al Cavallotti che si era dimesso perché contrario alla decisione della sua maggioranza, la prima progressista nella storia della città di denunciare la convenzione con la società Edison per la pubblica illuminazione.

Picozzi, fedelissimo di Mussi, però non se la sente: “troppo grande è il concetto che ho io del posto cui vengo designato perché possa pensare di coprirlo degnamente” e rinuncia, fatto unico nella storia di Palazzo Marino; la sorpresa fu tale che dopo il suo paludato discorso gli fu posta brutalmente la domanda: “accetta o non accetta, non abbiamo capito” e fu costretto ad un secondo discorso, più concreto, di rifiuto.

DDC_05_29011911_01-1Ciononostante, alla seconda votazione fu rieletto, questa volta con 42 voti (2 voti a Piovella) e ancora rifiuterà. Il Comune è in crisi profonda tanto che il Corriere scriverà: “la carica di sindaco non è né desiderata né ambita”.

Una settimana dopo il 17 dicembre con 43 voti sarà eletto Giovan Battista Barinetti anch’esso già assessore, pressoché sconosciuto, per una delle più breve sindacatura della città.

La sua elezione, tuttavia, segnerà la storia amministrativa di Milano in maniera profonda, infatti, per la prima volta i socialisti (anche con Filippetti che sarà sindaco vent’anni dopo) entrano in giunta e viene disdettata a dieci giorni dalla elezione (a proposito di velocità decisionistiche n.d.r.), la convenzione con la Edison; a tutti gli effetti è l’avvio di un processo di municipalizzazione, di intervento del Comune nell’economia cittadina che ancora oggi è aspetto non secondario della politica cittadina.

Spesso si identificano le municipalizzazioni con il municipalismo socialista e ci si immagina una contrapposizione destra sinistra che in realtà ci fu solo in parte, in particolare la municipalizzazione dell’energia elettrica milanese fu realizzata con il consenso di liberali e moderati e grazie al sindaco liberale Ettore Ponti, per il quale il Comune “si deve ad ogni modo procurare una dotazione di energia elettrica, perché l’amministrazione pone tra i suoi più precisi doveri quello di favorire, con la forza a buon mercato la media e la piccola industria, di mettere in grado di vivere prosperamente le industrie domestiche, di invitarle, anche con questo mezzo ad abbandonare le catapecchie che ancor oggi deturpano molti quartieri del centro”.

Nel dibattito in consiglio comunale del 28 dicembre 1903 così interviene il liberale Cesare Saldini (che fu rettore del Politecnico, vicepresidente della banca Commerciale, presidente del collegio ingegneri, del cotonificio Cantoni, senatore e molto altro ancora) “la municipalizzazione dell’energia elettrica si deve assumere non tanto pel tornaconto del momento quanto per la visione dell’avvenire della città…è pericoloso assai giudicare con il criterio del tornaconto momentaneo”, va sottolineato che con la Edison Milano aveva le tariffe più alte per il kWh elettrico fra tutte le città italiane.

Contemporaneamente alla disdetta alla Edison si avviò la realizzazione della prima Centrale Termoelettrica Comunale in piazza Trento operativa dal 1905 e nel 1907 fu realizzata la sottostazione di via Gadio “dove la corrente alternata prodotta in piazza Trento veniva trasformata in continua per alimentare parte della rete di illuminazione pubblica, quella che utilizzava le lampade ad arco, e dieci anni più tardi anche la rete tranviaria”.

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Come scrive Biagio Longo nel suo libro, Giuliano Zuccoli, l’energia che ci manca fondamentale per conoscere questo aspetto della storia milanese: “con AEM nascerà una nuova cultura dei servizi pubblici municipali che contribuiranno a fare del capoluogo lombardo la vera capitale economica d’Italia e un modello esemplare di gestione amministrativa”, confermando quanto sosteneva Carlo Tognoli: “sin dalla sua nascita l’AEM fu l’azienda elettrica dei milanesi. Non semplicemente del Comune ma di tutta la città”.

La costituzione della Azienda Elettrica Municipale, formalmente il Comune costituirà l’AEM il 16 ottobre 1910, oltre che un esempio di collaborazione tra riformismo socialista, riformismo cattolico e riformismo liberale fu anche un esempio di partecipazione popolare perché fu ratificata dal referendum popolare del 10 aprile 1910.

Nel referendum, reso obbligatorio dalla legge Giolitti, l’amministrazione liberale, dilaniata da contrasti interni e prossima al commissariamento, ottenne l’appoggio di Filippetti futuro sindaco, che acquisito  il parere favorevole di Turati (il quale scrisse “sebbene muovano per questa via , sforzati dall’incalzante pressione delle necessità economiche anche governi e municipi prettamente borghesi; tuttavia sgorga dal nuovo indirizzo una folla di questioni nuove, tutte questioni socialiste, se è vero che il socialismo si dovrà sostanziare nella unitaria amministrazione delle cose, sottratta agli sperperi e alle rapine del monopolio proprietario”) sostenne la municipalizzazione anche se operata da una giunta conservatrice perché rompeva il monopolio dei privati speculatori e apriva alla concorrenza; con lui favorevoli anche parte dei radicali, il collegio degli ingegneri e il Corriere che semplicemente definiva disastroso il voto contrario.

Contrari furono il quotidiano il secolo (democratico progressista) che propose l’astensione parlando di “manie spenderecce” del Comune e il tempo quotidiano (radical socialista) che propose il rinvio del referendum.

1912-07-04 Centrale Elettrica di Grosotto_fio-R-37382A-AV1grostCapofila degli oppositori Eugenio Chiesa figura di spicco del repubblicanesimo italiano e della massoneria milanese che pure era stato uno dei più strenui sostenitori della municipalizzazione del gas che invece il Comune aveva respinto. Chiesa sosteneva che costruire impianti era “uno sperpero di pubblico danaro”.

Il quesito, non proprio semplice fu: “intende l’elettore che il Comune assuma l’esercizio diretto del servizio riguardante l’impianto idroelettrico dell’alta adda nei modi e termini stabiliti colle deliberazioni consiliari del 13 e 26 luglio 1909, modificate colle successive in data 21 e 26 gennaio 1910?”; i favorevoli furono 15059 i contrari 1440, le schede nulle 57 le contestate 5.

Nei fatti il referendum si tenne quando gli impianti erano già stati costruiti, l’energia valtellinese arrivava regolarmente in città e il Comune aveva impegnato decine di milioni e aveva ottenuto un significativo abbassamento dei prezzi.

La gestione comunale dell’AEM (per anni feudo socialista con i presidenti Brunetto Graziotti che verrà richiamato come presidente nel 1945 e Antonio Mascheroni che fu anche consigliere comunale) verrà più volte messa in discussione e più volte si parlò di privatizzare, ma anche durante il fascismo con la presidenza di Albino Pasini (1928-1943) che sarà presidente della Federazione Nazionale Fascista delle Aziende Industriali Municipalizzate i privatizzatori ad oltranza saranno sconfitti; il fascismo scrive Oscar Gaspari “non attaccò frontalmente le municipalizzate … nonostante le pesanti richieste degli industriali privati…conservò le aziende comunali, comprese quelle elettriche, sottoposte ad una particolare pressione. Sarebbe stato troppo impopolare, chiuderle”.

Nel dopoguerra poi a presiedere la municipalizzata per un decennio sarà anche una delle figure di maggior prestigio del socialismo democratico italiano Roberto Tremelloni.

aem04eBisognerà attendere la seconda repubblica, con l’assioma privato è bello per radicali cambiamenti. Nel 1996 viene approvata la delibera di revoca dell’azienda municipale e l’azienda è trasformata in società per azioni e il 15 luglio 1998 è quotata alla Borsa di Milano.

Ci è voluto più di un secolo perché un assessore della giunta di sinistra Pisapia, Bruno Tabacci a proposito dell’AEM possa affermare con soddisfazione “il tempo del socialismo municipale è scaduto” (vedi Biagio Longo pag 84).

Finisce così una lunga storia iniziata perché Modesto Picozzi volle fare il modesto.

Walter Marossi

 



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  1. Vito PanicoArcipelagoMilano :conosco già la rivista
    18 ottobre 2023 • 16:04Rispondi
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