7 marzo 2023

DA ANGELICA BALABANOFF A ELLY SCHLEIN

A volte ritornano


 copertine am (6)

Le primarie e la recente campagna elettorale del PD si potrebbero definire una forma singolare della disperazione politica. Consegue, infatti, allo stato d’animo di colui che non trova uscita alla situazione, si sente del tutto sopraffatto dal rapporto di cose e di uomini che lo circonda, da cui è dominato e ossessionato, e perciò cerca lo scampo in qualcosa di straordinario, di eccezionale, da cui dovrebbe scaturire un miracoloso radicale arrovesciamento, è espressione di una scarsa maturità della coscienza politica e particolarmente si manifesta quando prevale  la negazione romantica, o in momenti di grave crisi della società, quando può sembrare che semplici parole siano sufficienti a modificare tutta una situazione e tutto il corso degli avvenimenti.

Una sconfitta annunciata quella alle elezioni regionali lombarde ma non un disastro; in diversi hanno parlato di tenuta del PD. C’è stata? Fatto salvo il calo in valori assoluti inevitabile con questo astensionismo, il PD migliora le sue performance percentuali rispetto al 2018 e rispetto a 5 mesi fa + 2%. Nella città di Milano il PD prende oggi il 27,7% nel 2018 il 23%, considerato il clima un risultato più che buono.

La scelta di allearsi con i Cinque stelle ha premiato il PD e punito i contiani che con il 3,9% quasi dimezzano rispetto alle politiche e perdono l’80% dei loro voti (percentuali) rispetto alle precedenti regionali. In pratica il PD ha cannibalizzato i Cinque stelle e non ha perso voti verso Calenda, Moratti e Renzi.

Sconfitta ma non disastro che serve a spiegare anche le successive primarie.

Già sul fronte delle preferenze vi era stato un clamoroso segnale: la capolista PD esterna viene clamorosamente bocciata e il primo degli eletti che prende più del doppio dei suoi voti è un outsider giovane e sostenitore di Elly. Ne diversamente sono andate le cose nella lista Majorino, dove il capolista Pregliasco prende la metà dei voti della sindaca di Arese che porta la lista civica al 27% e Majorino al 44%.

Il mondo degli indipendenti di sinistra, orgoglio del vecchio PCI è definitivamente cancellato, nessuno nel PD è più in grado con la disciplina di partito di spostare voti. Niente indipendenti e più sindaci che hanno sempre avuto delle eccellenti performance alle elezioni con preferenza ma non così clamorose come ad esempio a Cesano Boscone, dove Negri prende il 43% (raddoppiando il voto delle politiche) e Majorino il 52%, cioè un 20 punti in più rispetto al candidato all’uninominale di 5 mesi fa.

Il PD è oggi un partito d’opinione e un partito di amministratori, scarsa la rilevanza di quelli che un tempo erano i dirigenti, i funzionari, l’apparato; irrilevanza confermata anche dalla differenza tra le primarie degli iscritti e le primarie degli elettori. Il mitico apparato della ditta semplicemente non esiste più.

Le primarie degli elettori confermano una radicalizzazione coerente con l’impostazione della campagna elettorale e la candidatura Majorino. Elly vince in tutte le provincie lombarde con punte del 69% a Milano in pratica ha il doppio dei voti di Bonaccini e se è vero che i partecipanti alle primarie sono meno che in tutte le primarie precedenti è anche vero che chi è andato a votare dopo che gli iscritti si erano espressi per Bonacini è sicuramente molto motivato.

 Che questa radicalizzazione fosse in atto nel profondo del PD lo sapeva Sala che parlando di Majorino disse “quello che cercherò di fare per aiutarlo è togliergli un po’ di questa immagine di persona estrema e troppo rivoluzionaria”, lo sapevano gli avversari dell’alleanza con Conte (Maran) che cercarono di anticipare la scelta del candidato quando ancora parte del PD era sotto l’effetto Draghi, quando l’agenda Draghi era un totem, ma poco hanno potuto.

Assistiamo a un nostalgico ritorno del PCI? Assolutamente no, al contrario alla definitiva musealizzazione di quella tradizione. Assistiamo invece al ritorno di una componente che ha fatto la storia del movimento socialista in Italia e a Milano: i massimalisti.

Poco amati dai comunisti in primis Gramsci “Il massimalismo è una concezione fatalistica e meccanica della dottrina di Marx. C’è il Partito massimalista che da questa concezione falsificata trae argomento per il suo opportunismo, per giustificare il suo collaborazionismo larvato da frasi rivoluzionarie”, guardati con condiscendenza dai riformisti in primis Turati che li definiva “intransigenza contemplativa”, ebbero un ruolo centrale nelle vicende dei primi decenni del secolo scorso quando furono ampiamente maggioritari e lasciarono un’eredità che ha attraversato la storia della sinistra fino ai giorni nostri tant’è che anche Berlinguer  non aveva dubbi: “ Il Partito comunista si è affermato e sviluppato attraverso un processo di liberazione dalle malattie infantili dell’estremismo e del massimalismo e attraverso una lotta a fondo contro le chiusure settarie, le prospettive catastrofiche, l’agitazione parolaia e le improvvisazioni del massimalismo, le correnti piccolo-borghesi radicaleggianti” (intervento al XIV Congresso PCI marzo 1975).

In ciò la pensava esattamente come Craxi (una volta tanto) che il giorno dopo la sua elezione a segretario, nel luglio del 1976, diede un’intervista nella quale dichiarò che una grave “malattia del sangue” affliggeva il socialismo italiano, questa malattia era il massimalismo; per Pellicani “la cosa più importante del ruolo svolto da Craxi nella storia italiana. La cosa di gran lunga più importante è stata la sua battaglia tenace, continua, martellante contro il massimalismo”.

Simile l’opinione di Cervetti che afferma a proposito del Manifesto: “Tuttavia nell’impostazione generale di quel gruppo si riscontra un evidente risorgere del massimalismo, con venature settarie (c’erano tre anime nel togliattismo, Gianni Cervetti e Antonio Carioti Marzo 2003), stessa opinione di Trentin che sosteneva: “esiste una confluenza oggettiva fra il massimalismo corporativo di certi gruppi e la politica padronale”.

Al fondo del giudizio comunista sul massimalismo c’è la lettura di Spriano: “Il massimalismo era caratterizzato da alcuni elementi: inazione pratica, culto dell’intransigenza, attesa parassitaria della palingenesi sociale, pretesa di dirigere le masse. L’opportunismo massimalista si rivelò nella mancanza totale di una politica di alleanze politiche … nell’assenza di una strategia degli obiettivi transitori e delle fasi intermedie.” (l’Unità» del gennaio 1969).

Ma chi erano i massimalisti?

Il vocabolo “massimalismo” origina nel 1891 al Congresso della SPD di Erfurt in cui si definisce un programma massimo di finalità e un programma minimo di riforme: suffragio universale, libertà d’espressione e di associazione, giornata lavorativa di otto ore, assistenza sanitaria, obbligatorietà e gratuità della scuola pubblica, ecc. Le divergenze tra chi difende le richieste contenute nel programma massimo (massimalisti) e chi difende le rivendicazioni del programma minimo (riformisti) caratterizza la storia del socialismo.

I massimalisti diventa maggioranza nel socialismo italiano nell’ ottobre 1919 a Bologna quando al XVI Congresso nazionale del Partito Socialista stravinsero e la mozione massimalista presentata da Serrati ottenne 47.966 voti, ma già ai tempi dello sciopero del 1904 e sicuramente nel 1912 (congresso di Reggio Emilia quello della  espulsione dei “riformisti di destra”) erano maggioranza solo che si chiamavano intransigenti; la denominazione massimalista che richiamava l’etimologia politica del bolscevismo diventa popolare dopo il ’17 e comprendeva diverse declinazioni (massimalisti elezionisti, massimalisti astensionisti, massimalisti unitari etc).

La federazione socialista di Milano con il giornale Battaglia socialista dal 1912 al primo dopoguerra fu il maggior centro del massimalismo con Giacinto Menotti Serrati, Pietro Pietrobelli, Celestino Ratti, Abigaille Zanetta, Livio Agostini, Giovanni Buscaglia, Ezio Riboldi, Luigi Repossi, Virgilio Bellone, Mario Malatesta, Fabrizio Maffi, Alfredo Interlenghi, Rino Rossinelli, Celestino Telò, Mario Lanfranchi, Davide Maggioni ma soprattutto Bruno Fortichiari l’antistalinista. L’opposizione massimalista a Caldara riformista che non vollero ricandidare ma anche a Filippetti che riformista non era, fu un esempio da manuale delle contraddizioni socialiste, in pratica nella Milano di Turati il partito fu quasi sempre nelle mani dei massimalisti.

Furono 5.587 i voti portati al congresso Livorno dai massimalisti milanesi contro i 2948 dei comunisti e i 941dei riformisti.

Nonostante fossero stati fondamentali per la nascita del Partito Comunista poco dopo una circolare interna comunista “riservata” parlava di: “turpi degenerazioni del massimalismo velliano” (da Arturo Vella) e annunciava “un’opera di purificazione delle nostre file”, mentre Bordiga accusato da Gramsci di essere un massimalista era più lineare: “il tratto più distintivo dell’estrema sinistra è l’avversione per il Partito massimalista, che ci fa schifo, ci fa vomitare”. (l’Unità, 2 luglio 1925)

In una intervista di Stefano Rolando a Simona Colarizi così la storica definisce il massimalismo: “non è un’ideologia, ma, se posso esprimermi così, è un “sentimento”, mentre Rolando ricorda che il massimalismo al tempo ha avuto più spazio, più fortuna e più successo interno del riformismo.

Negli anni massimalista divenne una generica definizione di estremismo parolaio o come dicevano i riformisti “nullista”, ma anche come dice la Treccani l’orientamento o il comportamento di chi, in una opposizione di idee o di programmi, vuole ottenere il risultato massimo e non ritiene accettabili soluzioni intermedie o parziali.

Il momento più alto delle fortune massimaliste furono gli anni della Prima guerra mondiale quando le galere si riempirono di massimalisti pacifisti e neutralisti generando rispetto e ammirazione tra le masse. Il PSI a guida massimalista appariva, agli occhi dei lavoratori italiani, come il solo partito che non voleva la carneficina che fu. Il pacifismo e il neutralismo sono consustanziali al massimalismo dalla guerra di Libia ad oggi.

I massimalisti ebbero un consenso che si trasformò in vittoria elettorale nel 1919 con il 33% alle elezioni nazionali (46% in Lombardia) e il 51% l’anno dopo alle amministrative milanesi, il miglior risultato socialista di sempre a suffragio universale maschile. Successi epocali che nessuno gli riconosce e che basterebbero a mettere in discussione la nomea di sconfitti.

Il momento più basso il biennio rosso e le occupazioni delle fabbriche, secondo alcuni una rivoluzione mancata per colpa dell’incapacità dei dirigenti socialisti e del tradimento riformista secondo altri un colossale avventurismo che provocò un insanabile frattura tra i socialisti e i cattolici e radicalizzò in senso reazionario i ceti medi; da entrambi i punti di vista una colpa dei massimalisti e l’origine della damnatio memoriae.

Scrive Giovanni Sabbatucci, “il giudizio liquidatorio sul massimalismo passò senza correzioni apprezzabili dalla polemica politica alla storiografia”. Massimalismo diventa una categoria negativa della politica, un aggettivo dispregiativo tant’è che Emilio Gentile parla del fascismo come “massimalismo dei ceti medi”. Il giudizio tranchant sul massimalismo non significa giudizio positivo sul riformismo che anzi a lungo fu un disvalore tant’è che socialdemocratico restò per anni quasi un insulto (ricordate Giancarlo Giannini in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto?), la lettura comunista della storia non faceva e non fa prigionieri.

Lo sdoganamento del termine riformista inizia a partire dal 1956 ma ci vorranno altri venticinque anni perché una corrente socialista torni a chiamarsi riformista (febbraio 1981).

Il massimalismo fu un grande contenitore, dentro il quale si celarono posizioni divergenti, come divergenti furono gli approdi individuali vi è chi morì in esilio e chi in galera e chi in Piazzale Loreto. Il massimalismo fu protagonista delle espulsioni e delle scissioni più significative del socialismo italiano in particolare quella del 1921, con la fondazione del Partito comunista e quella del 22 con la fondazione del Partito socialista unitario di Turati e Matteotti, Greppi

Tra i massimalisti più significativi: Giacinto Menotti Serrati il n°1, Costantino Lazzari cui si deve uno degli slogan fondamentali della cultura della sinistra: ne aderire ne sabotare, Nicola Bombacci che fu segretario de partito e un protagonista della prima fase del Partito Comunista, Francesco Misiano il disertore, il sindaco di Milano Angelo Filippetti, Cesare Alessandri, Oddino Morgari, Francesco Buffoni, Giuseppe Tuntar, Francesco Momigliano, Abigaille Zanetta la maestra leader dei pacifisti, Maria Giudice, Giacomo Lerda il difensore della massoneria, Luigi Repossi il Ginet de Porta Cicca, Giovanni Bacci, Arduino Fora, Egidio Gennari,  Vincenzo Pagella, Arturo Vella.

Alcuni furono massimalisti o intransigenti tutta la vita, altri per brevi periodi (anche Romita e Simonini aderirono alla mozione massimalista) per approdare poi al PSU al PCI e allo PSDI o per essere appesi in Piazza Loreto; alcuni passarono dalle galere al confino alla condanna a morte all’esilio alla resistenza, altri dialogarono con Lenin qualcuno con Mussolini, tutti ingiustamente dimenticati e rimossi perché capri espiatori ma certo non i soli responsabili della sconfitta del movimento operaio e socialista. Massimalista fu anche la prima donna segretaria di un partito, il PSI dell’esilio, Angelica Balabanoff protagonista assoluta della storia della sinistra italiana e dell’internazionalismo volutamente e ingiustamente dimenticata perché nel secondo dopoguerra saragattiana

Se con il fascismo scompare il massimalismo storico per molti prosegue come corrente interna al socialismo e alla sinistra: massimalista sarebbe la contrapposizione Saragat Nenni (Consiglio Nazionale  29 luglio 1945) con quest’ultimo nella versione di massimalista frontista, massimalista sarebbe la fondazione dello PSIUP (10-1-1964) nella variante bassiana, massimalista le varie organizzazioni antistaliniste a partire da quella di Seniga e Masini e tutta la filiera paratrotkista, massimalista Riccardo Lombardi, massimalista buona parte della sinistra sindacale, massimalista il mondo cattolico di origine ACPOL, massimalista buona parte delle formazioni politiche post sessantottesche, etc.

Definire Elly Schlein e Majorino eredi di quella tradizione, di quel sentimento non è quindi né un offesa, come sostiene Calenda né un complimento, ma una semplice constatazione.

Walter Marossi

PS Il primo paragrafo non è mio ma una citazione di Togliatti sul massimalismo

 



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  1. Annalisa ferrarioChe l'obiettivo martellante di Craxi fosse distruggere i massimalisti e non i suoi (teoricamente) avversari di centrodestra mi era chiaro anche allora. Che poi questo accanimento, dopo le epopee di Clinton, Blair e Renzi, abbia effettivamente portato bene alle sorti della sinistra... be', guardandomi in giro non direi proprio.
    8 marzo 2023 • 09:55Rispondi
  2. Cesare MocchiIl Togliatti così irridente nei confronti dell'"immaturo romanticismo" è lo stesso che faceva sparare ai trotzkisti nella guerra civile di Spagna o appoggiava il compagno Stalin nei suoi regimi carcerari dei paesi dell'Est? Il tutto in mone del realismo, immagino... Certo, quelli che da giovani appoggiavano Breznev o Kossighin adesso senza vergogna dichiarano che in realtà erano appassionati del "sognatore" Kennedy... (mica tanto sognatore in verità, ma fa niente). Il papà di Walt Disney (non so se lo sapevate) era socialista - ed essere socialisti negli Stati Uniti non era il massimo, come soddisfazioni. Al figlio che gli chiedeva se non era stufo che il suo candidato non vincesse mai, il padre rispose: "vedi, quando ero giovane solo noi socialisti chiedevamo diritti sindacali per i lavoratori, tutele sanitarie sul posto di lavoro, salari minimi e orari massimi. Adesso queste parole d'ordine sono diventate quelle dei nostri avversari. E a me non importa andare al potere, importante è che nella realtà si affermino i diritti dei lavoratori." Sante parole (e quello che serve insomma è sempre un po' un misto, realismo ma anche idealismo, altrimenti non si va da nessuna parte)
    8 marzo 2023 • 14:50Rispondi
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