7 febbraio 2023

MILANO DOVE SEI OGGI? E DOMANI?

Una metropolizzazione povera?


 

art (6) (1)

Dall’ultimo piano del Grattacielo Pirelli, Milano appare una metropoli densa e compatta che, senza soluzione di continuità, satura la pianura lombarda fino ai piedi delle Alpi. Se consideriamo il solo territorio comunale (di dimensioni piuttosto limitate, circa 180 km2), Milano è la seconda città italiana per numero di abitanti, con circa 1,4 milioni di abitanti e un’elevata densità, di oltre 7.000 abitanti per km2. In realtà, la città di Milano è il cuore di una regione urbana tra le più popolose ed estese d’Europa: la Città Metropolitana supera i 3 milioni di abitanti e i 1.500 km2 di superficie, ma l’area urbanizzata si estende ben al di là dei suoi confini amministrativi. Forma infatti un continuum urbano considerato da molti come una “città-regione” o “megalopoli padana”, che ingloba numerose province circostanti (Varese, Como, Lecco, Monza e Brianza, Bergamo, Cremona, Lodi, Pavia, Piacenza e Novara).

Diverse sono le immagini che, nel corso del tempo, hanno cercato di rappresentare la “Grande Milano”. Se osserviamo le foto satellitari, emerge molto chiaramente come la “città regione” si dispieghi su un’area potenzialmente estesa fra Torino e il Veneto attraverso tutta l’Italia settentrionale, in un territorio che, secondo le stime dell’Ocse, interessa più di 1.200 comuni con una popolazione di 8,5 milioni di abitanti e oltre 3,5 milioni di addetti.

Un’altra immagine molto chiara, per la sua capacità di sintesi e astrazione, è la mappa delle zone tariffarie del trasporto pubblico di ATM: una sequenza di anelli che riverberano la forma radiale e concentrica del capoluogo. Una prima corona di comuni metropolitani (entro un raggio di 5 km dal confine comunale) è costituita da quello che un tempo si chiamava “hinterland” milanese, oggi del tutto saldato alla città centrale: Sesto San Giovanni, Cologno Monzese, Vimodrone, Segrate, Peschiera Borromeo, San Donato Milanese, Opera, Rozzano, Assago, Buccinasco, Corsico, Cesano Boscone, Settimo Milanese, Pero, Bollate, Baranzate, Novate Milanese, Cormano, Cusano Milanino, Bresso, Cinisello Balsamo.

Il secondo e terzo anello (situati entro un raggio di 10-15 km) comprendono importanti comuni grandi e medi: Monza, Desio, Lissone, Agrate Brianza, Cernusco sul Naviglio, San Giuliano Milanese, Trezzano sul Naviglio, Rho, Arese, Paderno Dugnano, Gorgonzola, Melzo, Melegnano, Cesano Maderno ecc. I successivi anelli, a oltre 20 km dal confine comunale, interessano comuni più lontani, ma fortemente dipendenti dalla città centrale, come Seregno, Carate Brianza, Vimercate, Gessate, Lentate sul Seveso, Meda, Trezzo sull’Adda, Cassano d’Adda, Abbiategrasso, Magenta, Legnano.

Come si è formata quella che oggi chiamiamo la “Grande Milano”? La Milano del dopoguerra, profondamente ferita dai bombardamenti, è ancora circondata da un territorio in gran parte agricolo e scarsamente urbanizzato. A partire dagli anni ’50, la città vive un rapido e tumultuoso periodo di crescita e sviluppo, espandendosi a macchia d’olio fino a saturare in pochi decenni tutto il territorio circostante. La metropoli cresce a un ritmo elevatissimo sotto la spinta di tre forze: l’intenso processo di industrializzazione e terziarizzazione (il “boom” economico); l’aumento della popolazione, con grandi ondate migratorie provenienti in particolare dal Mezzogiorno (il “boom” demografico); la (caotica) urbanizzazione, sostenuta dalla domanda di case e di manodopera.

I nuovi abitanti si riversano a Milano e nei comuni limitrofi, dove i prezzi delle abitazioni sono più bassi. Nel giro di 20 anni, paesi medi e piccoli raddoppiano, triplicano o addirittura decuplicano (!) il numero di abitanti. Fin dall’inizio, la crescita della metropoli è contraddistinta da criticità che, in parte, ancora oggi permangono: una crescita edilizia disordinata, fatta di grandi quartieri monofunzionali residenziali (i “quartieri dormitorio”), di iniziativa privata o pubblica, in alcuni casi addirittura autocostruiti (le famose “coree”), spesso carenti o del tutto privi di attrezzature e servizi; la progressiva saturazione di suolo libero e il prendere forma del paesaggio che oggi conosciamo come sprawl metropolitano; una forte infrastrutturazione, basata sull’uso dell’automobile, che “dimentica” il trasporto pubblico e genera una problematica interconnessione tra i comuni di periferia, e fra questi e il centro; una scarsa e poco qualificata dotazione di servizi nei piccoli e medi centri satellite.

La diffusione dei servizi è un tema importante per cercare di interpretare alcune dinamiche della nostra metropoli. In generale, la loro collocazione a livello territoriale corrisponde alle caratteristiche peculiari del sistema urbano metropolitano: una radicata concentrazione nel capoluogo e un progressivo rarefarsi fuori dai suoi confini, con un relativo addensamento nelle principali polarità storiche e di prima cintura.

Guardiamo ai servizi culturali: l’offerta culturale e formativa conferma la preminenza di Milano con oltre il 60% delle strutture localizzate in città[1]; i servizi formativi legati all’università e alla ricerca si concentrano per oltre il 90% nel capoluogo, con alcuni isolati e sporadici tentativi di decentramento (alcune facoltà tra Monza, Sesto S. Giovanni e Cinisello Balsamo; l’Humanitas University a Rozzano, la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute S. Raffaele a Cesano Maderno; l’Università LIUC a Castellanza). Musei, teatri e luoghi di intrattenimento si trovano quasi esclusivamente in Milano. Solo i cinema multisala vanno in controtendenza, privilegiando i grandi centri commerciali suburbani. Anche per i servizi amministrativi, legati a giustizia e sicurezza, la preminenza del capoluogo è netta, con percentuali di concentrazione superiori al 60%.

I servizi sociali e sanitari mostrano maggiore equilibrio nella distribuzione territoriale: a Milano si concentra poco più di un terzo delle strutture e le restanti sono diffuse in più di 90 comuni. Grandi strutture ospedaliere e centri di eccellenza trovano ancora una sede privilegiata in Milano, ma anche nei comuni di cintura sono situati importanti centri di cura e specializzazione (ad esempio l’Ospedale San Gerardo a Monza, il San Raffaele tra Milano e Segrate, il Policlinico San Donato, l’Istituto Clinico Humanitas a Rozzano).

I servizi alle imprese, infine, mostrano una distribuzione più equilibrata a livello metropolitano, con una significativa presenza anche nei centri minori. Un’immagine prevedibile per questo tipo di attività, che rispondono alla domanda proveniente dalle numerose attività economiche disseminate sul territorio.

Altro tema critico è legato alla mobilità. La forte infrastrutturazione urbana, in gran parte incentrata sull’uso dell’auto, non è stata supportata, come in altre realtà europee, da una pianificazione coerente e razionale di suoli e trasporti. Ciò si è tradotto, nel tempo, in gravi conseguenze per gli abitanti, non soltanto in termini di congestione e inquinamento, ma anche di salute, qualità della vita e costi economici crescenti. Dati recenti[2] parlano di quasi 2,5 milioni di spostamenti interni al comune di Milano, ai quali si aggiungono quasi 2 milioni di spostamenti in ingresso da comuni e province limitrofe; di questi oltre il 60% avviene con mezzi di trasporto privato e solo il 30% mediante trasporto pubblico.

Gli spostamenti verso la città centrale, un tempo prevalentemente diurni e legati a motivi di lavoro, si prolungano nelle ore serali e notturne: Milano rafforza il proprio ruolo di centro dello svago, del divertimento e del consumo culturale, con una crescente concentrazione di bar, ristoranti e locali ormai diffusi in numerosi quartieri centrali e semicentrali. Un fenomeno amplificatosi grazie a Expo 2015 e all’esplosione del turismo internazionale, che si è poi consolidato nel periodo post-Covid 19 con esiti significativi (non sempre temporanei, a volte contrastanti) sulla qualità e l’uso dello spazio pubblico urbano.

Se la città centrale ha avviato da tempo politiche di regolazione e sperimentazioni innovative nel campo della mobilità sostenibile e alternativa (car e bike sharing, micromobilità elettrica, logistica urbana sostenibile, politiche “15 minutes city” ecc.), i comuni metropolitani faticano a superare forme tradizionali di pendolarismo, soprattutto i centri medi e piccoli più distanti e poco serviti dal trasporto ferroviario regionale suburbano, oggetto di frequenti ritardi e disservizi.

In conclusione ci sembra utile accennare ad alcune tendenze recenti per capire altrettante sfide future per la Grande Milano[3].

Dopo la lunga stagnazione demografica degli anni ’80 e ’90, la popolazione è tornata a crescere e si è assistito a un fenomeno di “ritorno in città”, in parte alimentato dalle forti diseconomie dell’abitare suburbano (distanza, alienazione, costi dei trasporti, carenza di servizi qualificati). Le giovani generazioni, in particolare, trovano in città maggiori opportunità in termini di qualità della vita, promozione sociale e carriera lavorativa.

La crescita demografica è stata accompagnata da crescita economica, soprattutto nel commercio e nei servizi, anche negli anni della crisi iniziata nel 2008. Investimenti pubblici e privati, grandi interessi finanziari e immobiliari sono tornati a concentrarsi nelle aree più pregiate della città centrale, generando forti squilibri nei valori della rendita e crescenti fenomeni di polarizzazione economica e sociale.

Alla “rinascita” milanese fa da contraltare la progressiva marginalizzazione delle periferie. L’immagine più calzante è forse quella di una metropoli a due velocità: da un lato un centro, costituito dalla città di Milano e da alcuni comuni più avanzati di prima cintura, capace di attrarre persone, risorse e investimenti qualificati con processi crescenti di valorizzazione; dall’altro un territorio periferico, sempre più vasto, dove l’elevato consumo di suolo si associa all’aumento del pendolarismo e a vecchie e nuove forme di povertà ed esclusione sociale. Una “metropolizzazione povera[4] vissuta da lavoratori poco qualificati e poco retribuiti, lontani ed esclusi da opportunità, valori e servizi.

Emerge l’assenza di un vero sviluppo di tipo policentrico, basato sul rafforzamento dei vari nodi del sistema metropolitano in termini di infrastrutture, servizi, luoghi di incontro e cultura. Sebbene sempre auspicata e nonostante alcuni tentativi più o meno di successo (pensiamo alla Fiera a Rho-Pero), una strategia di questo tipo non è mai stata davvero attuata. Le ragioni sono molteplici: la tendenza di Milano ad accentrare investimenti, funzioni, rendite ecc.; la debolezza dei centri limitrofi medi e piccoli; la mancanza di una “visione” di scala vasta; l’assenza di istituzioni sovralocali forti e di cooperazione fra enti locali.

Malgrado le forti criticità e uno scenario internazionale di grave incertezza, Milano e i numerosi comuni che la circondano, così indissolubilmente legati per storia, economia e cultura, possiedono ancora un grande patrimonio di risorse ed eccellenze. Fondamenta su cui possono ancora costruire un laboratorio del futuro e un motore trainante per lo sviluppo del paese.

Maurizio Rini

Architetto pianificatore

[1] I dati sintetici che seguono sono tratti prevalentemente dai Quaderni del Piano territoriale (redatti da Città Metropolitana di Milano e Centro Studi PIM) e dall’Atlante Statistico dei Comuni Istat

[2] Dati AMAT 2022 in aggiornamento del PGTU del Comune di Milano

[3] Tra le pubblicazioni recenti più complete e approfondite in merito, citiamo “Spazialità metropolitane. Economia, società e territorio”, volume n. 15 della collana Argomenti & Contributi edita dal Centro Studi PIM

[4] Ibidem



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