10 gennaio 2023
SAN SIRO: CHI (SALA E SCARONI) TROPPO VUOLE, NULLA STRINGE
Una brutta pagina per il sindaco e la Giunta
10 gennaio 2023
Una brutta pagina per il sindaco e la Giunta
La scelta di votare il 22 dicembre scorso, in Consiglio comunale, un ordine del giorno a sostegno del “progetto San Siro con la demolizione del Meazza”, proposto dai due fondi americani e cinesi, appartiene ad una strategia politica suicida, ultima espressione in ordine di tempo di una gestione sbagliata dell’affare.
Sala è riuscito nella grande impresa di rompere la maggioranza di centrosinistra, con la defezione dei verdi, di tre esponenti del PD, di due esponenti della sua stessa lista e di un esponente di una lista a lui collegata. Così per approvare il suo ordine del giorno ha dovuto cambiare la maggioranza e cercare i voti di Forza Italia e del gruppo Bernardo, compreso quello, in pieno conflitto di interesse, di uno che lavora per la società M-I Stadio S.r.l. che è la società, compartecipata da F.C. Internazionale Milano S.p.A. e A.C. Milan S.p.A. per la gestione della concessione comunale di San Siro. Costui è anche consigliere regionale e sarà il capolista della lista Moratti per le prossime regionali. E a proposito di regionali, si consideri inoltre che Italia Viva, (di cui è autorevole esponente l’ex-assessore all’urbanistica e consulente legale del Milan, Ada De Cesaris) e Azione sono stati sempre dalla parte della demolizione dello Stadio Meazza.
Il voto sull’ordine del giorno ha anche spiegato perché Forza Italia ha imposto un candidato che non doveva dare fastidio a Sala: di fatto i fondi immobiliari, finanziari, assicurativi e bancari hanno puntato su Sala e hanno “consigliato” al centrodestra di non disturbare il manovratore.
È certo che quell’ ordine del giorno non bloccherà la tutela storico-architettonica-culturale del Meazza, che scatta (2025) da una parte automaticamente per i settanta anni del secondo anello (che ha inglobato strutturalmente il primo) e dall’altra per la volontà del sottosegretario Vittorio Sgarbi e degli uffici ministeriali di applicare la legge anche sul glorioso e mitico “San Siro”, per il suo interesse “storico-identitario” e “storico-relazionale”. Fra l’altro, il voto di Lega e Fratelli d’Italia rafforza la posizione di Sgarbi, anche dentro il governo. Un risultato prevedibile che avrebbe dovuto consigliare al Sindaco di non porre in votazione in questo periodo quell’ordine del giorno: se voleva indebolire Sgarbi con il voto del Consiglio Comunale, è riuscito a realizzare l’effetto opposto.
Peraltro, troviamo strano che i consiglieri comunali che hanno votato l’ordine del giorno non vengano minimamente sfiorati dal dubbio: San Siro è un simbolo di Milano e della sua storia, non solo calcistica, e della sua identità pubblica. La legge stabilisce che la tutela scatta anche per immobili che non hanno interesse in sé, ma per quello che rappresentano: figuriamoci per un immobile definito “una leggenda” (come è scritto nel sito internet della Società M-I stadio s.r.l.).
Se il duo Sala-Tancredi avessero smesso di seguire il gioco di Scaroni-De Cesaris, con il beneplacito di buona parte del Pd, di Italia Viva e Azione, e di Fora Italia/Bernardo, e avessero indetto una gara internazionale, con una qualificata giuria di livello europeo, per l’ammodernamento, dello Stadio, la qualificazione della area esterna e la gestione di San Siro, oggi avremmo già risolto la questione San Siro. Era la strada maestra che il Comitato SiMeazza aveva indicato, e che ostinatamente il Sindaco ha rifiutato per insistere su presunti inesistenti “diritti” di Milan spa e Internazionale spa.
Ma a questo punto Sala, e la sua maggioranza PD/Italia Viva/Azione/Forza Italia/Bernardo dovrebbero imparare alcune lezioni da questa vicenda.
Primo. Lo stadio Meazza non è di proprietà di Scaroni, né di Sala: è di proprietà dei milanesi, e su di esso nessuno può accampare dei “diritti” se non il Comune. Ed è triste constatare che sia lo Stato, al posto del Comune, a far valere il giusto interesse pubblico. E lo Stato compie questo atto di tutela legittimamente, anche se non richiesto dal Comune.
Secondo. Sala e il suo fido scudiero alla “degenerazione urbana” avevano montato la panna sul fatto che non ci fosse nessun altro, al di fuori di Milan e Inter, interessato alla gestione del Meazza. Ed oggi che ci sono altre società interessate alla gestione di San Siro con o senza le due o una delle squadre di calcio, credo che il Sindaco farebbe bene a fornire al più presto i documenti richiesti dalla società ASMGLOBAL, per poter formulare la propria proposta economica. Peraltro, ci aveva sollecitato il Sindaco stesso a trovare soggetti interessati al Meazza.
Terzo. Questa vicenda interrompe la pratica della svendita del patrimonio pubblico, perseguita dalla Giunta Sala. Solo per citare un caso, il rendering di City Life prevedeva il “Museo di arte contemporanea”, di cui non vi è più traccia. In quell’area una volta totalmente pubblica, era rimasto solo il glorioso “Palazzo dello Sport” (chiamato ora delle “Scintille”): ebbene la gestione Sala lo ha venduto, perché vuole disfarsi di tutte le proprietà comunali, in particolare quelle destinate alla Cultura. Vedi anche il caso della Palazzina Liberty.
Quarto. Non vi è un piano di impiantistica sportiva, di base e agonistica, degno di questo nome e in grado di dare a Milano la possibilità di ospitare i grandi eventi sportivi: non vi è uno stadio dell’atletica leggera, del nuoto, del ciclismo, ecc. E comunque, il Comune rinuncia ad avere qualsiasi proprietà. Emblematico il caso del Palaitalia, a Montecity-Rogoredo: non ho mai visto che il Comune rinunci alla proprietà di un impianto costruito da un privato con i soldi degli oneri di urbanizzazione (96 milioni). Per una cosa simile un tempo si sarebbe scatenato il finimondo, in Consiglio Comunale, sui giornali, in procura.
Quinto. Oggi in Comune non vi sono scelte basate sulla priorità dell’interesse pubblico. Chi detta le scelte, non è il Comune: sono gli interessi immobiliari. Infatti Sala e la sua maggioranza sono turbati se il Milan minaccia di andare a Sesto San Giovanni, ma non fanno una piega se Besta, Istituto dei Tumori vanno a Sesto o le facoltà scientifiche vanno a Rho-Pero. Almeno ci fossero dei piani veri per l’uso dell’aree di Città Studi: e niente rendering fasulli per favore!
Sesto. Non vi è una visione metropolitana: il Comune si autocelebra (lo “skyline”, le “cento torri”) nei suoi confini amministrativi, e non ha alcuna visione dell’area metropolitana, dei problemi dei cittadini che hanno dovuto trasferirsi fuori Milano e che pagano di più per venire a lavorare a Milano. La cosa che preoccupa è che Milan e Inter vadano fuori Milano.
Settimo. Anche sullo stadio prevalgono gli interessi privati, per di più di fondi esteri, dalla incerta composizione (vedi l’articolo di Mario Gerevini su “Corriere Economia” di lunedì 9 gennaio). In definitiva non si sa chi siano gli effettivi proprietari dei due club, e in Giunta non ci si pone alcun interrogativo su quali siano gli operatori economici della operazione immobiliare su San Siro. Per di più siamo in presenza di società per azioni che hanno interessi non sportivi, ma di profitto dei loro investimenti. Cosa giusta per loro, ma il tornaconto dei club non può essere il metro di comportamento del Comune. Trovo veramente mortificante che il Comune sposi le tesi di un settore malato come quello del calcio, che ha oltre tre miliardi di debiti e che ha appena chiesto mezzo miliardo di euro al governo: hanno venduto la bufala che con uno stadio nuovo sistemano i loro conti e sono in grado di competere a livello europeo. Balle, e purtroppo la vicenda della Juventus conferma che sono balle.
L’unica squadra europea – mi risulta- che ha i conti in ordine è il Bayern Monaco; le altre o hanno emiri e sultani arabi o hanno ricchi americani o asiatici che mettono miliardi di euro ogni anno in barba a qualsiasi fairplay finanziario o accumulano disavanzi e debiti spaventosi.
Ottavo. Provo fastidio a leggere che al Comune le due società avrebbero dato 2,2 milioni di euro all’anno per 280.000 mq. di suolo pubblico, in concessione per novant’anni, per costruire quasi centomila metri quadrati di edifici, extra sportivi. Nel mentre, i club discutono di rinnovi di contratto ai calcatori per 6 milioni netti a stagione (fra l’altro, molti con il beneficio fiscale del “decreto crescita” dell’aprile 2019, che riduceva le imposte dal 45% al 25% per chi proveniva dall’estero, aveva più di vent’anni e aveva contratti superiori al milione).
Nono. In una dimensione metropolitana sarebbe cosa giusta che ogni squadra, che partecipa stabilmente alle competizioni europee, abbia il suo stadio in proprietà (costruito con i sui soldi) o uno stadio pubblico affidato in gestione esclusiva. Invece, – e questo dimostra che il vero obiettivo è una operazione immobiliare in combinato disposto con la proprietà dell’ex ippodromo del trotto – si vuole demolire uno stadio comunale funzionante, in coabitazione, per costruirne un altro sempre in concessione pubblica e in coabitazione. Per di più uno stadio ridimensionato, a discapito dei cittadini, e a favore delle televisioni e delle società sponsors.
Decimo. La vicenda San Siro mostra anche la qualità della programmazione urbanistica e la gestione del territorio. Oltre alla determinazione dirigenziale, ratificata poi da una delibera di Giunta e poi dalla approvazione del PGT che ha tolto la destinazione sportiva di interesse pubblico alle aree dell’ex ippodromo del trotto, sull’area di San Siro era prevista, oltre allo stadio, solo un grande centro commerciale. Né un aumento del verde, né un aumento del trasporto pubblico.
In conclusione. Tre anni di manfrina fra il Sindaco e Scaroni si concludono con il Meazza che ospiterà la cerimonia di apertura delle Olimpiadi nel 2026, e continuerà la sua gloriosa esistenza negli anni futuri.
Ma questa vicenda dimostra anche che le leggi elettorali sulla elezione diretta del sindaco possono concedere un potere “cesarista” al Sindaco, anche quando viene eletto da un cittadino su quattro, poiché il potere dell’esecutivo non è bilanciato dal potere della assemblea elettiva, che invece di essere rappresentativa, è configurata a dimensione maggioritaria in conformità al sindaco, che peraltro nomina la giunta. Per cui gli stessi assessori sono totalmente dipendenti dal Sindaco e, visti i poteri conferiti dalla legge Bassanini al Sindaco e ai dirigenti, si ritrovano ad essere dei semplici “portavoce” o “commessi del sindaco”.
La vicenda San Siro dimostra anche che le piccole furbizie, come quella di non parlare del progetto per un anno. in campagna elettorale, danno dei piccoli vantaggi immediati, ma alla fine non pagano e per di più alimentano ampie perplessità sulla operazione.
Si conferma inoltre che la clausola del secondo mandato per il Sindaco, che non può più essere riconfermato, si traduce sempre in un periodo negativo per la città, poiché non si mette mano a progetti a media e lunga scadenza, utili per il futuro della città, ma inutili sul piano elettorale per il Sindaco. Ci fosse poi una forza politica con la capacità di iniziativa e di autonomia e capace di una visione del futuro dell’area metropolitana sarebbe un’altra cosa, ma così non è allo stato dei fatti.
Aggiungo che questa vicenda conferma che manager o imprenditori di per sé non assicurano una buona gestione politica-amministrativa, se non hanno quelle capacità politiche che servono per la gestione della cosa pubblica. Un buon manager può essere un pessimo politico, ovvero un pessimo amministratore, perché – è bene ribadirlo – la amministrazione di una area come Milano e ila sua provincia è uno dei compiti politici più difficili e impegnativi.
Luigi Corbani
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