17 ottobre 2023

COME NON SI GOVERNA UNA CITTÀ

La vicenda dello Stadio Meazza


Copia di Copia di rification (3)

Ho avuto occasione di seguire in video la recente Commissione consiliare in cui il sindaco Sala ha espresso le sue posizioni sulla questione San Siro, un tormentone che si trascina ormai da anni e che non accenna a terminare.

Nel suo intervento Sala ha dichiarato di voler ricorrere al TAR sul vincolo imposto allo Stadio Meazza dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, impedendone così l’abbattimento, come prevedrebbe il progetto presentato al Comune dalle società Milan e Inter, sempre sostenuto dal sindaco.

Il ricorso TAR sarebbe giustificato dal fatto che secondo Sala questo vincolo rappresenta un danno economico per il Comune. Ora se ad un bene pubblico viene attribuito un valore storico e culturale, e mi pare che non ci possano essere dubbi in merito, va da sé che il valore del bene diventa inestimabile, e come tale va considerato. Non si può far rientrare nei parametri dei valori di mercato, non può essere valutato sulla base di quanto potrebbe rendere nel caso venisse abbattuto e non si capisce come un’amministrazione pubblica possa ragionare in questi termini, Sala deve prendere atto che il bene va tutelato.

A parte il fatto che il danno economico conseguente al mancato abbattimento del Meazza rimane assai opinabile, il sindaco Sala vuole addirittura riaprire le discussioni sulla proposta delle squadre, nonostante il vincolo e la richiesta di referendum, ancora possibile dopo il ricorso al TAR dei cittadini.

La posizione di Sala rivela una visione privatistica del bene pubblico, di cui come amministratore vuole disporre finalizzandolo ad altri scopi, trascurando appunto il valore storico e culturale di un bene che appartiene alla comunità.

Con ciò disconosce la funzione e il compito della istituzione pubblica, la Soprintendenza, messa a presidio e difesa dei beni storici e culturali, che va rispettata come tale, pur non condividendone personalmente le valutazioni, e disconosce anche il diritto ai cittadini di esprimere un parere su una questione rilevante, mentre avrebbe il dovere istituzionale di aderire alle richieste di referendum presentate secondo le norme.

La città appartiene a tutti, al sindaco compete l’amministrazione e la salvaguardia dei beni pubblici, non in base alle proprie opinioni particolari, ma tenendo presenti le decisioni degli enti competenti, la Soprintendenza, e le volontà dei cittadini. La scelta di ricorrere al TAR contro il vincolo e il rifiuto di un referendum sono in netto contrasto con la funzione di servizio alle istituzioni e alla cittadinanza che un sindaco è chiamato a svolgere.

A Sala vanno riconosciute indubbie capacità e competenze nella promozione dell’immagine della città in campo internazionale, Milano è oggi considerata una città attrattiva, ricca di eventi e manifestazioni, invasa dai turisti, ma pure dai fondi in cerca di buone opportunità di investimento.

La crescita della città in ottica aziendale, la valorizzazione del brand Milano, l’aumento di valore degli immobili sono obiettivi anche condivisibili, ma non possono essere declinati in un’ottica esclusivamente privatistica, devono essere contemperati da una visione in grado di gestire al meglio i servizi pubblici e di assicurare il benessere sociale rispondendo alle esigenze primarie dei suoi abitanti, anteponendo gli interessi pubblici a quelli privati. Per ciò occorre una visione politica e non serve una gestione manageriale.

Paolo Burgio

 



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  1. PietroOttima e chiara questa esposizione di Paolo Burgio, Sala deve capire "amministrare un bene pubblico" è diverso da "gestire una propria impresa".
    18 ottobre 2023 • 08:22Rispondi
  2. Annalisa FerrarioPerché non proponiamo un ricorso al TAR per togliere il vincolo al Duomo di Milano? A l suo posto si potrebbe fare un bel centro commerciale, sai i conti della Curia come migliorano? (scherzo, ovviamente. Ma meglio precisarlo, non si sa mai...)
    18 ottobre 2023 • 11:38Rispondi
  3. GiovanniTutto giusto, quanto scritto nell'articolo. Non fa una piega. Il secondo anello dello stadio ha un interesse culturale e quindi lo Stadio non si può abbattere. Non capisco bene una cosa, però. E magari chi legge può aiutarmi: adesso, cosa sarà di San Siro? Chi metterà a disposizione le risorse per la ristrutturazione e la manutenzione? Il Comune, non credo se lo possa permettere. E non credo neppure il MIC. E allora che si fa? Lo Stadio come verrà impiegato, se i due club si fanno un loro stadio? C'è un business plan per far fronte agli oneri che una struttura del genera comporta? Un conto è il Cenacolo, altro è uno Stadio di quelle dimensioni. Queste risposte non riesco a trovarle da nessuna parte, ne' dal Comune, ne' dalla Soprintendenza e ne' dalla politica romana che è rimasta troppo a lungo in silenzio. Adesso la palla va passata al Governo perchè Milano da sola non ce la può fare. E mi sembra sin troppo evidente.
    19 gennaio 2024 • 10:40Rispondi
    • Andrea VitaliMa tanto i due club il loro stadio altrove non lo faranno... Uno, perché non hanno i soldi. Due, perché le aree private dovrebbero pagarsele (senza neanche volumetrie annesse). È tutto un bluff
      19 gennaio 2024 • 21:30
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