10 gennaio 2023

L’ORGIA DELL’AVVENTO

Le vittime di un dissennato consumismo


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Eccoci nuovamente giunti alla soglia del compimento di quel tragico rito dell’imposizione del nostro regalo natalizio ai, più e meno cari, parenti e amici. Celebriamo con esso la santificazione del consumismo, l’elevazione dell’inutile a rango di essenziale, del kitsch al “ma che carino e spiritoso!” , del misto poliestere a puro cashmere, del multiplo di Hong Kong a pezzo unico della foresta tibetana, della sedia del mobilificio brianzolo a “comoda” del fine otto, e via dicendo.

Solo l’istinto di sopravvivenza ci salva dal gorgo di folla urlante e spintonante in cui ogni anno, in questa epoca, ci ritroviamo immersi e sommersi per strapparci di mano la sciarpètta o la camicètta o la magliètta o la cornicètta, che sarebbe stata ideale per la zia Marisètta piuttosto che per la cuginètta. E come riemergiamo dal gorgo, iniziamo a vagolare per i vari gironi dell’infernale negozio alla ricerca dell’unica commessa, avventizia, che, proprio perché unica, è subissata di domande, aggredita da una muta famelica con i vari capi in mano di cui cerca sempre la misura o il colore che non c’è, perché esaurito, non è arrivato, forse arriva ma si va a dopo Natale.

Finalmente alla cassa con un volume di merce doppia di quella che ci eravamo ripromessi di acquistare (perché tanto all’ultimo momento salta sempre fuori che ci eravamo dimenticati del cugino Pucci, della zia Gingi, piuttosto che della vecchia tata), e qui il nostro sguardo si incrocia col quello del negoziante che con quel muso da cricetino crede di essere un furbetto della malora solo perché i suoi prezzi sono fatti con l’euro a mille lire: venderò anche meno merce, pensa il cricetino, ma il ricavo e l’utile saranno addirittura maggiori! E infatti il 26 mattina tireremo le prime somme e ci accorgeremo di aver speso circa il doppio di quanto avevamo speso a natale 2001, prima dell’avvento, non di Gesù, ma dell’euro: loro cricetini e noi cretini!

Adesso, con quello che abbiamo speso vogliamo proprio un bel pacchetto regalo, perché sennò ti immagini il 24 pomeriggio, con gli ultimi regali da comprare, dover fare anche tutti i pacchetti che poi vengono sempre sgarrupati con la carta sgualcita, il nastro che finisce sul più bello, lo scotch opaco che si vede sulla carta argento, no no, il pacchetto me lo faccio fare dal cricetino! No signore, sentenzia sempre il cricetino di turno, i pacchetti regalo non li facciamo, se vuole può ripassare dopo le feste quando c’è meno confusione!.

Ma il bello deve ancora venire, e viene il 24 sera all’apertura dei pacchetti, quando emergono delle boiate allucinanti, di cui ci vergogniamo come ladri, e che sono ancor più brutte di come ci sembravano nel negozio; ci sono poi I regali più impegnativi per i quali abbiamo speso una cifra importante e che potrebbero evitarci la classica figura di cacca se solo piacessero alla destinataria che, invece, ci fa capire chiaramente che quest’anno si aspettava una noce, ma che dico una susina, anzi una pesca di diamante cosiiì!, come abbiamo potuto non capirlo con tutte le allusioni che ci aveva fatto a partire da marzo?

Non parliamo poi dei regali fatti a noi, di cui in preda ai conati dobbiamo decantare la bellezza e soprattutto la funzionalità: che so, il poggia pipa in cuoio o il porta sigari con umidificatore a te che non hai mai fumato in vita tua, il berrettino a coppola di un colore improponibile , il quadro con tutti i nodi marinari che speri solo non vedano i tuoi compagni di tante impegnative traversate a vela, la cento sessantaquattresima sciarpa senza aver ancora azzeccato l’unico colore che ci piace, la compilation di pezzi incompleti tratti da celebri opere liriche e di musica classica, i libri, anzi i tomi che fa più bella figura, che non leggerai mai perché di un genere diametralmente opposto ai tuoi gusti e interessi, la cravatta che se non ti piace la puoi cambiare, e via dicendo.

Quando questa orgia regalistica, questo tsunami che tutto ha travolto, si quieta ed inizia a ritirarsi lasciandosi dietro una montagna di cartacce e lustrini finti, salvo ancora un piccolo sussulto per la ricorrenza borgatara della befana, quando l’esercito di cricetini, raccolto il malloppo, è già in fuga verso i Caraibi a ridersela e godersela alla faccia nostra, quando cominciano a vedersi per strada i capetti tipici da regalo di natale indossati con imbarazzo per qualche giorno prima di finire irreversibilmente nel ripiano più alto dell’armadio.

Allora dovrebbe scattare la nostra rivolta, preventiva, valida per tutti gli anni a venire, e fare solenne giuramento di non cadere mai più vittime di questa libido comprandi natalizia , di questa bulimia del regalo a comando, di questa orgia del superfluo, e destinare la cifra che ipotizziamo avremmo speso, ad una meritevole istituzione di beneficenza che si adopera per far arrivare il necessario e non il superfluo a chi più ha bisogno, scegliendo ogni anno una istituzione diversa.

Già molte grandi società si comportano così, perché non farlo anche a livello di singolo individuo? Poi si inviano gli auguri comunicando caro amico, fratello, sorella, zia, quest’anno invece di farti un regalo, di cui tra l’altro non hai alcun bisogno, ho devoluto l’importo a tale e tal altra associazione, ente ecc. Si eviterebbero sprechi, arrabbiature, inflazione, massacro fisico e psichico, si restituirebbe tempo alla riflessione sul vero significato delle feste natalizie, e soprattutto si farebbe del vero bene al prossimo più bisognoso.

Lo so lo so, mi direte che questa orgia regalistica muove l’economia, fa girare la moneta, crea posti di lavoro ecce ecc, ma non si potrebbe ottenere lo stesso risultato con iniziative imprenditoriali di maggior utilità?

Preferite spendere 50-80 Euro e un’ora di tempo per regalare una sciarpa a una zia che non la userà mai, oppure regalare gli 50-80 euro ad una mensa per poveri e derelitti? Meditate gente, meditate.

Eduardo Szego



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