8 marzo 2022

IL VENTO FREDDO DELL’EST

Risposte razionali alla crisi energetica che arriva


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Il 20 giugno del 1925 il Parlamento italiano, fascistizzato, dichiara la Battaglia del Grano: il Paese consumava allora 75 milioni di quintali, importandone 25, essendosi alterato l’equilibrio anteguerra per l’accresciuta popolazione e l’aumento dei consumi.

Mussolini aveva intuito che la dipendenza dall’estero del bene fondamentale per l’alimentazione italiana sarebbe stato un problema nell’affermare la sua politica di potenza e quindi mise al centro degli investimenti pubblici i mezzi per raggiungere l’autarchia, a partire da un vasto piano di bonifiche tese a incrementare le rese dei terreni sin lì marginali, inoltre impartì comandamenti sulle restanti terre: “È da evitare ogni aumento della superficie coltivata a grano. Si deve aumentare invece il rendimento medio di grano per ettaro. Sono quindi da affrontare: il problema selettivo dei semi; il problema dei concimi e dei perfezionamenti tecnici; il problema dei prezzi”.  (Enciclopedia Treccani, 1938 appendice alla voce Grano)

Pochi anni più tardi di fronte alla crisi finanziaria post-bellica che travolse il sistema produttivo e bancario, avvalendosi dell’opera di uomini lungimiranti (Beneduce, Jung, Mattioli) diede vita all’IRI, ovvero una grande opera di partecipazione finanziaria pubblica per la ricostruzione del sistema economico italiano, opera rivelatasi meritoria anche nel Secondo Dopoguerra per poi infrangersi sugli scogli assistenzialisti nell’epoca che parte dalla presidenza Petrilli sino a Prodi.

Questa lunga e discretamente ambigua premessa per arrivare a riflettere sulla risposta che i Governi Europei e quello italiano in particolare, dovrebbero dare all’aggressione russa dell’Ucraina, posto che i costi di questa guerra, assolutamente insensata come tutte le guerre ma sensatissima nelle logiche di potenza mondiali, sono a carico nostro, pagati dall’aumento della bolletta del gas i cui extra profitti finiscono a Putin e quindi, proprio grazie a noi, in bombe con il loro corteo di vittime civili, morte o profughe.

Già in un mondo pacifico la dipendenza da fonti energetiche esterne è un problema, soprattutto per i costi addossati all’industria, ma proprio il conflitto russo-ucraino evidenzia come l’arma di ricatto legata alle forniture di gas sovrappostasi agli instabili equilibri di potenza extra-europei abbia prodotto l’attuale stato di belligeranza senza che l’Europa si ritrovi in mano carte efficaci da giocare per ricondurre alla normale diplomazia questi conflitti in casa propria.

Ecco che accanto alla ovvia solidarietà verso il popolo ucraino vittima di questo Gioco del Mondo più grande di tutti noi, urge ragionare alla svelta su come depotenziare le armi in mano all’aggressore e dunque su come affrancarsi dalla dipendenza energetica dal gas russo e su cosa possiamo fare già a partire dal livello politico più basso delle Amministrazioni Locali, posto che a livello nazionale ed europeo da qui al 2050 la triade rinnovabili-gas-nucleare avrà ancora al suo interno il gas, principalmente prodotto in luoghi scarsamente democratici.

Il risparmio da più parti invocato come una delle medicine della malattia energetica è in realtà un animale a tre teste:

  • Il minor consumo propriamente inteso, ovvero la limitazione volontaria dei consumi termici, elettrici e di trasporto
  • Le politiche di trasformazione passiva degli edifici, destinati ad utilizzare meno energia di quella oggi impiegata.
  • Lo sviluppo tecnologico di produzioni e processi meno energivori e quindi il potenziamento della ricerca e sviluppo di macchine più efficienti e di processi, pubblici e privati, più vantaggiosi.

In una società consumistica che tende all’autoassoluzione come la nostra è più facile mobilitarsi a parole contro la guerra piuttosto che diminuire coi fatti di due gradi la temperatura dentro casa, anche perché il passaggio logico tra minor consumo e dipendenza dall’estero non ha un Mussolini a petto nudo col falcetto in mano che lo stigmatizzi visibilmente di fronte al popolo italiano ma ha solo l’intelligenza, in questo caso sin troppo sotto traccia, di Draghi.

In attesa che la coscienza della libertà mancante a causa della dipendenza energetica si affermi politicamente anche ai livelli più bassi della società italiana, occorre che le Istituzioni comincino a fare la loro parte per portare a casa un serie di risultati tangibili sulla strada del risparmio energetico e sulla diversificazione delle fonti di energia necessaria.

Tali interventi erano già delineati nell’agenda europea di questo settennato ma diventano urgentissimi alla sinistra luce del conflitto ucraino:

  • Riqualificazione energetica dell’edilizia residenziale e pubblica al fine di diminuirne l’impronta energetica e i consumi
  • Razionalizzazione dei sistemi di trasporto di persone e cose, sia pubblici che privati al fine di ridurre il consumo per chilometro percorso
  • Riqualificazione di tutto il sistema di illuminazione pubblica e privata 
  • Spostamento anticipato della produzione di energia termica dalle caldaie a gas alle pompe di calore elettriche, puntando senza più alcun indugio sullo sfruttamento della risorsa geotermica la cui quantità disponibile e la stabilità di temperatura erogata garantiscono i massimi risparmi possibili e una più immediata interfaccia alle energie alternative disponibili, solare in testa

Su tutto, mancando di fatto una coscienza civica di questo indispensabile percorso di affrancamento dall’energia che ci arriva d’oltre frontiera, andrebbe imposto un catasto energetico delle abitazioni e delle attività al fine di fissare per decreto i limiti ammessi e su quelli avviare una stagione di Tassa contro la Guerra ai danni di chi irragionevolmente consuma più di quel che è lecito e questo sarebbe possibile già a partire da Comuni e Città Metropolitana cui sono delegati molti controlli su consumi ed emissioni.

Anche i Governi democratici in caso di violazione delle libertà collettive e ancor più di quelle della sovranità delle Nazioni, hanno l’obbligo di limitare le libertà individuali: il ricatto energetico dei Putin va respinto prima che con le armi della Guerra con quelle disponibili pacificamente, dimostrando autarchicamente di saper fare a meno del suo gas evitando così di finanziargli con lo stesso pure i suoi piani di espansione ai danni di tutti noi, essendo evidente che se oggi tocca all’Ucraina, domani toccherà a Moldavia, Romania e Polonia in un sinistro ripercorrere i sentieri della Storia.

Giuseppe Santagostino

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