8 febbraio 2022

LA EX SCUOLA ELEMENTARE LUCIANO MANARA DI QUARTO CAGNINO

Una nuova avventura…già interrotta


oreste

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C’era una volta una scuola elementare, in via Fratelli Zoia, Quarto Cagnino, ovest milanese. Resta un edificio, in abbandono da quando, una decina di anni fa, nel 2012, gli scolari se ne andarono altrove e il portone rimase chiuso. Eppure quel fabbricato rosso mattone sbrecciato, intitolato a Luciano Manara, patriota e bersagliere caduto nella difesa della Repubblica Romana, 1849, non è un caseggiato qualunque, tanto è vero che soggiace al vincolo della Soprintendenza alle Belle Arti e  compare nel sito dei Beni Culturali della Regione Lombardia, con una foto dal cielo che ne illustra la configurazione strutturale e con un breve scritto che lo descrive: un impianto con articolazione planimetrica ad U con palestra rettangolare al centro del cortile, raccordata al corpo delle aule attraverso un porticato, coperto da pensilina in struttura lignea, sorretto da pilastrini anch’essi in legno… 

 La costruzione risale tra gli anni venti e trenta. L’architettura oscilla tra l’eclettismo tardo ottocentesco e aspirazioni moderniste e razionaliste. Sono due piani, di cui uno rialzato. In tutto quasi tremila metri quadri di superficie calpestabile.

 Si accede per una scala, centrale rispetto alla severa facciata. Leggiamo ancora: “In corrispondenza dell’ingresso è l’atrio, che è l’ambiente più rappresentativo del complesso ed è caratterizzato al suo interno da un soffitto piano con travi in cemento armato ingentilite a scopo ornamentale da mensole in stucco modellato, da uno scalone con gradini in pietra e balaustra in ferro battuto e da decorazioni a tempera con motivi decorativi.”. Ancora: “Condizione giuridica: proprietà Ente pubblico territoriale”. Proprietà cioè del Comune di Milano, il quale se ne è occupato in passato e se ne sta occupando, senza saper bene se considerare la vecchia scuola in disuso una risorsa o solo un fastidioso ingombro, una preoccupazione in più da affidare ad altri. 

La nuova avventura della “Manara”, un simbolo d’alto valore per tante generazioni di Quarto Cagnino, comincia quasi sei anni dopo la chiusura, quando giunge, riservato “a tutti i soggetti del terzo settore”, l’avviso pubblico di “selezione per l’assegnazione in concessione d’uso a titolo oneroso dell’immobile di proprietà comunale sito in via F.lli Zoia 10…”. Venticinque anni di contratto, un canone di oltre settantamila euro all’anno, una previsione di spesa per il restauro di due milioni e un vincolo: “destinare l’immobile a spazio polivalente in cui si svolgano attività di socialità ed incontro nel quartiere e ad attività di natura socio-educativa e formativa senza modificare nella sostanza l’originaria destinazione d’uso a finalità educative e sociali”. Un concorrente si fa avanti, l’Ensemble Vocale Ambrosiano, un coro fondato nel 1996, che si presenta come “associazione senza scopo di lucro”, con la missione di promuovere “la divulgazione della musica, come valore culturale, ricreativo e di promozione sociale”. Le carte sono in regola. 

Così, all’inizio del 2019, il futuro della scuola Manara finisce di fatto nelle mani dei coristi ambrosiani. Per la musica, per ospitare una scuola di lingue, la Young Thinkers School, per bambini dai due ai dieci anni. Per altro si sarebbe visto. Siamo però all’avvio del Covid, i progetti si bloccano. La proposta con le relative prescrizioni deve passare anche all’esame della Soprintendenza delle Belle Arti, che ci mette un po’ prima di decidere. Soprattutto i prezzi lievitano e ci si rende conto che i due milioni di euro immaginati non bastano a rendere di nuovo agibile la scuola di via Fratelli Zoia. Di milioni ne occorrono molti di più. Tra i coristi e l’amministrazione s’avvia una trattativa, che si interrompe: siamo fuori dal bando. Fine della storia: l’Ensemble non sottoscrive gli accordi, il Comune si orienta verso un nuovo bando. Si ricomincia da capo. D’altra parte, garantiscono dall’amministrazione comunale, “l’immobile è un patrimonio che non ci si può permettere di lasciare inutilizzato e incustodito…”.

La “Manara” ha rivisto, nel frattempo, di tanto in tanto, un po’ la luce, ospitando profughi siriani e nord africani. Il giardino è diventato per una stagione sede di attività ricreative, culturali, di rassegne cinematografiche e musicali. Poi ha vissuto il consueto film delle occupazioni abusive, dello spaccio, dei vandalismi, del parco derubricato a prato incolto e inselvatichito percorso dai topi. Insomma, la scuola è entrata nel doloroso capitolo milanese della “sicurezza”.

Contro l’abbandono, organizzazioni del quartiere, associazioni, partiti, hanno messo in discussione le loro idee: polo multifunzionale, per la cultura e l’arte, con laboratori musicali e sala prove, scuola di danza e musica, cineteca… Un ex consigliere di Municipio (siamo nel Municipio 7) aveva immaginato una galleria d’arte che raccogliesse, secondo percorsi a tema, opere trascurate dagli altri grandi musei cittadini, una galleria d’arte, che potrebbe davvero diventare il fulcro di quel “polo multifunzionale” che si indicava. Un disegno ambizioso, coraggioso, in una dimensione metropolitana, che presupporrebbe però un cambio radicale di mentalità e di concezione del rapporto tra centro cittadino e periferie, una rivoluzione nel segno di una nuova gerarchia degli spazi (e dei quartieri), una rivoluzione che si è realizzata in alcuni episodi (vedi la Fondazione Prada o gli istituti universitari della Bovisa), che in altri casi è in parte abortita (vedi le premesse di Santa Giulia).

Per ora, tra ritardi e inerzie, siamo al “che fare?”. La risposta, se ci si affida ai pensieri della Giunta e ai soldi pubblici, è difficile. Si potrebbe intanto pensare ad una catalogazione delle risorse della città: la scuola “Manara” è una di queste, poco lontano, dimenticato e in rovina, l’Istituto Marchiondi, capolavoro dell’architettura brutalista, opera negli anni cinquanta dell’architetto Vittoriano Viganò, ma quanto altro “costruito” di valore si vede disperso e non solo ai margini. Per una diffusa e coerente impresa di “rigenerazione urbana”, come si legge peraltro tra le finalità indicate per l’attribuzione dei fondi europei (e del Pnrr), una pubblica amministrazione, a Palazzo Marino e nei Municipi, dovrebbe misurarsi con una visione complessiva, che confronti bisogni, necessità, aspirazioni e potenzialità. Come in un grande romanzo (e la città è un grande romanzo), che tiene assieme e non perde mai di vista storie, luoghi personaggi: “only connect”, connettere, raccomandava un grande scrittore inglese. 

Azzardo una domanda/provocazione: lo stadio Meazza, che ci sta tanto a cuore, vecchio o nuovo che sia, o le case popolari del quadrilatero di piazza Selinunte possono rinunciare alla vecchia scuola “Manara”?   

Oreste Pivetta

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