25 gennaio 2022

I FUNERALI DEL SINDACO DIMENTICATO

Mai addio fu più imponente


imm. marossi7 (1)

banner arancio

Il 5 febbraio di 62 anni fa, al cinema Capitol (chiuso nel 1984) arrivano Federico Fellini, Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Angelo Rizzoli, Anouk Aimée, Yvonne Forgeneaux per la prima del film, La dolce vita. La serata è di beneficienza, l’incasso sarà devoluto ai Martinitt, il pubblico quello delle grandi occasioni, uomini in smoking donne in abito da sera. All’uscita Mastroianni verrà salutato da insulti: “Vigliacco! Vagabondo! Comunista!” mentre Fellini verrà preso a sputi e sfidato a duello.

Una parte del pubblico e della stampa, capeggiata dall’Osservatore Romano, chiederà la censura e la messa al bando della pellicola, con il risultato che il giorno dopo lunghe file di aspiranti spettatori premeranno per vedere il film. Nel paese si apre un acceso dibattito. “Il Secolo d’Italia” titola: “Sacrosanti fischi a Milano. Vergogna! Dolce vita di Federico Fellini è un oltraggio all’Italia: lo si ritiri dalla circolazione”. Il mondo cattolico si divide ma con autorevolezza interviene l’arcivescovo Montini, futuro papa, che senza giri di parole condanna quei settori cattolici (il centro San Fedele) che danno una lettura positiva del film: “Mi duole che ciò sia avvenuto nonostante il forte richiamo della Lettera dell’Episcopato Lombardo su la moralità dei costumi e degli spettacoli, nonostante la classificazione di tale film da parte del Centro Cinematografico Cattolico, e nonostante l’avvertimento da me espresso alla Paternità Vostra, a voce e per iscritto. … la sua apologia ne aggrava l’influsso e ne estende la diffusione, e soprattutto disarma il giudizio morale, contraddice a criteri fondamentali della nostra educazione, rompe l’argine della difesa pastorale del nostro popolo alla dilagante immoralità delle scene…Essa mette in evidenza una disparità di criteri su questa materia e una autonomia di azione da parte di S. Fedele che mi obbligano a sospendere il permesso a cotesti Revv. Padri di assistere a spettacoli pubblici”. ù

imm marossi 5 (1)

Successivamente sarà la procura milanese a occuparsi di cinema sequestrando “l’Avventura” di Antonioni, e la “Giornata balorda” di Bolognini. Nella inaugurazione dell’anno giudiziario, a Milano, il procuratore Trombi replica “ai tanti improvvisati critici di casa e fuori casa…siete voi veri docenti di diritto cinematografico, e presso quale ateneo tenete cattedra? …Noi possediamo su di voi un titolo di assoluta, indiscutibile superiorità di cui andiamo fierissimi, affermando il principio che l’arte non rappresenti espressione fondata su prostituzione, pederastia, congiungimenti carnali e ostentate nudità”. 

La vicenda evidenzia una posizione di chiusura della Chiesa Milanese che in quei mesi preelettorali, a novembre si voterà per il consiglio comunale, verrà più volte ribadita da Montini il quale scriverà al clero più lettere aperte contro l’apertura a sinistra e l’avvio di una politica di centrosinistra: “Siamo in coscienza convinti di una duplice realtà. Tale apertura a sinistra coinvolge conseguenze molto gravi nelle anime in ordine alla fede ed alla vita cristiana e nelle condizioni della Chiesa del nostro paese; non sono state poste garanzie sufficienti, affinché il pericolo della apertura a sinistra non si risolva in danno e in disonore della causa cattolica. Non vogliamo pertanto che sia contestata, soprattutto nel campo nostro, la competenza della chiesa ad interferire ed a pronunciarsi sulla illeceità sulla sconvenienza dell’atteggiamento eventualmente favorevole dei cattolici in ordine al suddetto passo politico…Desideriamo esprimere il nostro rammarico nel vedere tanti nostri figli ancora incapaci di rendersi liberi dal vecchio marxismo, ancora prevenuto e ostile verso la religione…”.

imm marossi 6 (1)

È un’offensiva a tutto campo quella di Montini contro l’apertura ai socialisti, un’offensiva culturale ma soprattutto politica ed elettorale che mira a condizionare la Democrazia Cristiana dall’interno e dall’esterno, un’offensiva milanese ma coordinata con quella che a livello nazionale il presidente della Conferenza episcopale italiana cardinale Siri conduceva contro Aldo Moro e l’apertura a sinistra nazionale. Offensiva che coinvolgeva il presidente della repubblica Gronchi accusato dal cardinale Ottaviani di essere “un cattolico di quelli che con il pretesto della ragione di stato, stringono la mano ai persecutori della chiesa del silenzio e agli schiaffeggiatori di Cristo” questo perché Gronchi si era recato a Mosca in visita ufficiale, (visita peraltro approvata dai gesuiti di “Aggiornamenti sociali”).

Il 7 gennaio 1960 del resto l’Osservatore Romano aveva scritto: “il socialismo, anche nelle forme più temperate, anche se ripudiasse Marx, la socializzazione, la lotta di classe, non può conciliarsi con la professione di cattolico”, un anno dopo il 1° gennaio 1961 dal pulpito del Duomo Montini attaccherà in extremis l’accordo DC PSI PSDI. Offensiva che fallì sia nazionalmente, sono i tempi del governo Tambroni e dell’appoggio dei fascisti alla maggioranza, sia localmente grazie anche alle nette prese di posizione delle Acli, della Cisl, e soprattutto delle correnti democristiane favorevoli al centrosinistra.

imm marossi 2 (1)A Palazzo Marino furono eletti 25 democristiani, 17 comunisti, 13 socialisti e 4 radicali (tra cui Eugenio Scalfari ed Elio Vittorini) che si erano presentati assieme, 8 socialdemocratici, 6 liberali, 5 missini, 2 monarchici, 17 comunisti. Significativo anche il gioco delle candidature e delle preferenze; nel PCI vinse Cossutta e fu esclusa la vecchia guardia stalinista di Alberganti; nel PSI trionfarono le candidature ex socialdemocratiche (Aniasi, Vigorelli) e autonomiste; nella DC tutti i candidati della sinistra sindacale e aclista furono eletti e uno dei principali sostenitori dell’apertura a sinistra Bassetti risultò sesto alle spalle di un potente come Luigi Meda; nello PSDI si affermavano Pietro Bucalossi, Renato Massari decisamente più a sinistra del sindaco uscente Ferrari.

Nella democrazia cristiana il fronte moderato guidato dal vicesindaco uscente Agostino Giambelli si mobilitò: 29 dirigenti scrissero al segretario nazionale chiedendo di interrompere qualsiasi trattativa per un centro sinistra milanese. Aldo Moro, al quale la lettera dei dissidenti milanesi è comunicata durante la cena natalizia, commenta con gli amici: “Da Milano non poteva venirmi che una ripetizione del cenacolo; con la differenza che sono tutti e 13 i commensali ad abbandonarmi”. Tutto inutile; le trattative portarono il 21 gennaio alla creazione della prima giunta di centro sinistra in Italia, quella che Nenni definì “l’esperienza chiave” per aprire al governo nazionale, “Se manca Milano-scrisse nei suoi diari- la globalità politica viene a mancare”.

Ferocemente contrario all’apertura a sinistra Malagodi che paventava disastri per il bilancio comunale vista l’attitudine all’indebitamento del PSI. La sera del voto, rammento che il sindaco veniva eletto dai consiglieri comunali, 17 consiglieri comunisti votarono per il socialista Antonio Greppi, il sindaco della liberazione, liberali e monarchici votarono il socialdemocratico e sindaco uscente Ferrari contrario all’apertura a sinistra, 42 consiglieri su 68 votanti votarono il socialdemocratico Cassinis già assessore della giunta Ferrari; tutti e tre avevano in comune il fatto di essere allievi di Filippo Turati. 12 consiglieri, tra cui i democristiani di destra non parteciparono al voto. Molti assessori saranno eletti con più voti del sindaco.

Nei mesi successivi attraverso congressi e convegni, i partiti consolidarono la maggioranza a sostegno di Cassinis.  Nello PSDI con l’affermarsi delle correnti di Bucalossi e di Giulio Polotti che silenziarono l’opposizione di Virgilio Ferrari; nel PSI con la sconfitta della sinistra di Lelio Basso e Vecchietti e l’affermarsi della corrente autonomista; nella DC con il passaggio in maggioranza di molti consiglieri inizialmente tiepidi verso la nuova giunta.

L’operazione politica cittadina più importante del dopoguerra e quella che maggior valore avrà anche per i destini del governo nazionale si identifica così nella figura del sindaco Cassinis, la sindacatura più breve della storia cittadina (Borghini escluso) quella dell’unico sindaco morto nell’esercizio delle sue funzioni.

imm marossi 1 (1)

Gino Cassinis non era figura di primo piano della politica milanese, la scelta cadde su di lui perché meno politicamente caratterizzato dei suoi compagni di partito e schieramento Tremelloni, Vigorelli, Bucalossi. Nenni nei suoi diari scriverà: “Per la giunta è tutto fatto. Sindaco sarà il professor Cassinis. Ha settantasei anni; è un uomo debole; non è stato mai dei più combattivi, ma era il solo possibile candidato se si voleva escludere Ferrari”; Saragat invece aveva nella stessa giornata mandato un telegramma di sostegno sia a Ferrari che a Cassinis a significare che quello che contava era il significato politico dell’operazione non gli uomini.

Cassinis dopo aver partecipato alla guerra 1915-18 come ufficiale del Genio, fu professore universitario prima presso la facoltà di ingegneria di Roma poi di Pisa e infine nel 1932 venne a Milano alla cattedra di topografia. Preside della Facoltà d’Ingegneria e vicerettore, fu nominato Rettore nel 1943 e dichiarò pubblicamente di accettare la nomina a patto che il governo della Repubblica di Salò non gli chiedesse atti contrari alla sua coscienza. Sotto l’occupazione tedesca difese l’autonomia dell’Ateneo e i suoi beni preservò i laboratori scientifici e consentì che nei sotterranei dell’Università venisse installato un centro radio clandestino della resistenza. Nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico 1946-’47, conferirà 46 lauree ad honorem agli studenti partigiani caduti per la libertà. Nel 1945 aveva aderito allo PSIUP per passare poi con i saragattiani. Scienziato di vaglia, fu tra l’altro membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, presidente della Commissione Geodetica Italiana, presidente dell’Associazione Geodetica Internazionale, presidente della Società internazionale di Fotogrammetria, presidente dell’Accademia dei Lincei. 

Virgilio Ferrari non digerì mai la giubilazione ancorché abbastanza ovvia essendo stato a lungo oppositore dell’apertura ai socialisti e con una certa acredine dirà nel corso del consiglio comunale: “mi spieghi un po’ lei che è dalla parte del centro sinistra, io antifascista che sono stato in campo di concentramento cedo il posto ad un collega che è diventato rettore del Politecnico con la repubblica di Salò. Mi spieghi lei …”; del resto le relazioni tra il sindaco di Milano e il suo successore non sono quasi mai state fraterne né prima né dopo Cassinis.

La nuova giunta diede subito un segnale importante, affidando l’esercizio delle linee extraurbane all’Azienda trasporti milanesi (ATM); fu così chiara l’opposizione alla Edison, importante società privata (che aveva avuto nel cda alcuni consiglieri comunali) che fino a quel momento aveva controllato la rete. La scelta preannunciò la dura lotta che con la stessa società fu ingaggiata in occasione della nazionalizzazione elettrica. Tutta la vicenda è ben descritta nel volume di Enrico Landoni “il laboratorio delle riforme”

Il tema delle municipalizzazioni fu da una parte il collante della nuova maggioranza (spesso con un atteggiamento comprensivo dei comunisti) dall’altra l’oggetto degli attacchi più feroci della opposizione liberale e dell’ex sindaco Ferrari che nell’aprile cercò di far cadere la giunta sull’affidamento della gestione della metropolitana alla ATM, affidamento che fu approvato definitivamente nel luglio dopo che in consiglio comunale vi era stata anche scazzottata tra Servello (che aveva chiamato ex camerati alcuni comunisti) e il consigliere Beltramini.    

imm marossi 4 (1)Nel discorso programmatico del sindaco la municipalizzazione del servizio di distribuzione e produzione del gas ebbe il primo posto nelle priorità della giunta e l’assessore Bassetti rincarò la dose sfidando direttamente sulle tariffe dell’energia elettrica la Edison, vero potere forte, che si faceva forte di convenzioni che risalivano agli anni 30. Come ai tempi di Mussi, di Caldara ma anche dei podestà lo scontro più duro con i conservatori e le elites economiche fu sulle municipalizzate e il bilancio comunale, con i liberali che si ergevano a paladini del privato.

Sarà l’assessore Craxi a ricordare: “il PSI (e la giunta ndr) si è dunque trovato a fronteggiare gli interessi della Edison, dei grossi gruppi edilizi, delle holding finanziarie, ed ha ritenuto opportuno farlo direttamente, attraverso le posizioni di potere che ha conquistato nell’amministrazione municipale. Non sono i contropoteri di Basso che possono opporsi a queste forze ma il controllo dei trasporti, dell’Azienda del Gas, dello sviluppo urbanistico…”; anche Cossutta riconoscerà differenze sostanziali nell’approccio della giunta Cassinis rispetto alla giunta Ferrari ma ribadirà la previsione che l’approccio riformistico fallirà a causa della centralità della DC partito immobilistico e conservatore.

La città che il nuovo sindaco doveva governare era una città in sviluppo caotico: nel 1951 Milano aveva 1.278.000 abitanti nel 1961 ne aveva 300.000 in più. Il libro che meglio descrive quel momento fu pubblicato proprio quell’anno da Feltrinelli: “Milano, Corea” (erano chiamate coree i borghi che nascevano alle porte della città, tra le cascine abbandonate, le baracche e le nuove costruzioni). Si trattava di “un’inchiesta sugli immigrati nella Milano degli anni del miracolo economico condotta da Franco Alasia e Danilo Montaldi con la prefazione di Danilo Dolci…dirette testimonianze della realtà operaia intervistando uomini e donne, giovani e meno giovani, saliti a Milano dal profondo sud. Scrive Danilo Montaldi nella premessa del suo studio:” Qui a Milano arrivano gli immigrati…ne arrivano ogni giorno da anni…l’immigrato ancora non si esprime, però può raccontare la propria storia per quasi tutti la speranza si arena al capolinea del 15, del 16, dell’8, del 28; all’Albergo Popolare, in Corea”.

Lo stesso palazzo Marino, scrive il Corriere nel settembre 1963, fu occupato “da famiglie di immigrati in cerca di casa…famiglie di meridionali con gran numero di figli…l’occupazione si concluse con tafferugli e il trasferimento forzato nei dormitori di via Ortles”.

Tuttavia, chi volesse trovare un fatto, una realizzazione, un simbolo della sindacatura Cassinis farebbe fatica, nessuno si ricorda più di lui se non per il fatto, ironia della sorte, che morirà a Roma il 13 gennaio 1964 mentre era in missione; fece appena in tempo a vedere che anche a Roma si realizzava il centro sinistra con Moro presidente del consiglio e Nenni vice.

Scrisse il Corriere: “Cassinis di cui erano leggendarie la resistenza e l’ostinazione nel lavoro tentò di conciliare gli opposti e di imporre armonie difficili…la sua bella figura di vecchio signore è destinata per un pezzo a rimanere nel cuore dei milanesi…”, previsione sbagliata come poche anche se i suoi funerali furono tra i più imponenti in città.

imm marossi 3 (1)

Così, infatti sono descritti: “Il corteo funebre partito da piazza San Fedele era aperto da un drappello armato di vigili urbani e dalle bande musicali civili … seguivano cinquanta corone di fiori e oltre cento gonfaloni dei comuni dell’Alta Italia … seguivano altri vigili urbani, dazieri metronotte, striscioni, labari, il corpo diplomatico consolare e altri gonfaloni, mentre passando davanti alla Scala il teatro aprì le porte e si sentirono le note della marcia funebre di Sigfrido dal wagneriano Crepuscolo degli dei. … Il corteo si muoveva tra ali di folla…la folla dilagava in piazza del Duomo e sembrava che la fiumana non avesse più fine…La cattedrale era parata a lutto sia all’esterno che all’interno… Il feretro fu accolto al monumentale dalla banda dei tramvieri …La commemorazione affidata ai Ministri Tremelloni e Arnaudi entrambi già colleghi del defunto in consiglio comunale.” 

Fu proprio Arnaudi (altro dimenticato) a ricordare il solo grande merito politico di Cassinis, quello di essere stato un simbolo: il primo sindaco italiano del centro sinistra.

Walter Marossi

Nota: Le foto sono quelle pubblicate sulla pagina Facebook Cittadella degli archivi Milano, Fondo Manifesti, Fondo Presidenza – Gabinetto del sindaco.

Cara lettrice, gentile lettore, se sei arrivata/o qui, c’è voglia e bisogno di dibattito pubblico su Milano, indispensabile ossigeno per la salute della democrazia. Sostienici subito perché solo grazie a te possiamo realizzare nuovi articoli e promuovere il primato dei beni comuni per Milano. Attivati ora!

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema


23 aprile 2024

MILANO E LE MANIFESTAZIONI PER IL 25 APRILE

Walter Marossi



9 aprile 2024

BANDIERE ROSSE A PALAZZO MARINO

Walter Marossi



19 marzo 2024

MILANO CAPITALE

Walter Marossi



5 marzo 2024

PALAZZO MARINO E IL PANE

Walter Marossi



20 febbraio 2024

LA FOLLA DELINQUENTE

Walter Marossi



6 febbraio 2024

ISRAELE E PALAZZO MARINO

Walter Marossi


Ultimi commenti