11 gennaio 2022

BEIC: BIBLIOTECA EUROPEA DI INFORMAZIONE E CULTURA

Ossia l’esigenza di un nuovo progetto per moltiplicare conoscenza e socialità


longhi

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Il 30 dicembre 2021 la Giunta comunale ha approvato gli indirizzi per la realizzazione della nuova Biblioteca europea di informazione e cultura (BEIC), prevista nell’ambito del “Piano di investimenti strategici su siti del patrimonio culturale, edifici e aree naturali” complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). 

Quella della BEIC è una vicenda emblematica per comprendere il declino dei valori della comunità metropolitana milanese. L’idea di una nuova grande biblioteca, da localizzarsi sull’area dell’ex scalo ferroviario di Porta Vittoria ha origine dal processo di pianificazione creativo ed anticipativo che si è sviluppato tra la metà degli anni ’80 (Progetto Passante) e ’90 (Indirizzi preliminari per il riuso delle aree e degli impianti ferroviari di dismissione programmata nella città di Milano). Tale processo proponeva, su una base scientifica piuttosto evoluta – fondata sull’applicazione della matrice di Hill, l’implementazione del capitale umano quale forza guida dello sviluppo della metropoli. Secondo tale visione le aree ferroviarie dismesse avrebbero dovute essere rigenerate grazie alla realizzazione in un sistema ben differenziato di nuove infrastrutture destinate al sapere. 

Una visione ripresa appieno dal prof. Giorgio Fiorese, che (con la collaborazione del prof. Marcello De Carli), alla fine degli anni ’90, incaricato dal Comune di Milano per una “Ricerca per l’utilizzo delle aree di Porta Vittoria (Macello e Scalo Fs)” proponeva l’insediamento del nuovo “Polo umanistico dell’Università Statale”, idea sviluppata successivamente nello studio di fattibilità. All’interno del Polo trovava armonica collocazione la BEIC. 

Quindi la collocazione della BEIC ha origine da una strategia di sviluppo sistemico del sapere metropolitano che integrava le localizzazioni storiche con un nuovo sito ad ampio accesso alle reti internazionali, anche grazie alla prossimità con l’aeroporto. 

Alla metà degli anni ’90, al concetto di polo si aggiunse quello di ‘hub immateriale’; infatti, in quegli anni diventano applicabili i nuovi criteri di progettazione collegati all’avanzamento tecnologico nel campo delle telecomunicazioni, intuiti da Marck Wieser del 1991, “le più profonde tecnologie sono quelle immateriali, esse si fondono negli oggetti di ogni giorno, fino a rendersi invisibili”. Queste tecnologie si rivelano ben presto dirompenti e quindi destinate a modificare radicalmente i criteri di stoccaggio del sapere, che diventa immateriale grazie alla ‘nuvola’, la sua diffusione, che diventa ubiqua grazie alle reti ad alta capacità, la sua fruizione, che da passiva diventa interattiva. Ha inizio così un’epocale trasformazione del ciclo del sapere, che lo destina a diventare un settore primario di produzione di valore, grazie alla sua trasformazione in un sistema ‘neuronale’, i cui nodi sono attrezzati per dialogare in modo interattivo con i cittadini, a livello metropolitano e globale. 

Ma da qui iniziano gli inciampi:

– rispetto alla nozione di volume: al concetto di volume di sapere come motore di sviluppo sarà preferito quello di volume edificatorio. L’immobiliarismo diventerà la corsia preferenziale delle politiche urbane di sviluppo, con grande ossequio di tante forze culturali. Nel contesto di Porta Vittoria il concetto di “Polo umanistico” viene sostituito con quello di “Programma integrato d’intervento Porta Vittoria”, che da il via a un sequel di interventi immobiliari il cui esito infelice è ben noto; 

– rispetto all’evoluzione tecnologica: fra il 2001 ed il 2008 ha compimento il processo di progettazione della nuova grande biblioteca il cui costo previsto per i soli interventi fisici era di 290 milioni di euro, senza alcuna previsione per i costi tecnologici, ossia per il funzionamento della rete immateriale e per la connettività con i cittadini. Un progetto quindi che rendeva lampante, al di la delle dichiarazioni, il disagio della cultura metropolitana nell’affrontare la nuova realtà del funzionamento ‘neuronale’ del sistema della cultura.

Disagio a cui si deve associare il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che nel 2009 esprimeva, all’unanimità, parere favorevole al progetto per la realizzazione della Biblioteca Europea di Informazione e Cultura: il Progetto è cantierabile, il costo dell’Opera (in base al computo metrico estimativo) è di 260 milioni di euro. Il Comitato Interministeriale per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia delibera l’inclusione della Biblioteca europea di Milano (BEIC) tra le Opere che il Governo intende realizzare per la celebrazione del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Anche il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ignora che non ci troviamo di fronte all’esigenza di realizzare un’opera, ma di affrontare una radicale trasformazione di sistema.

Questo progetto non viene realizzato per mancato finanziamento, ma nel 2012 la Fondazione BEIC propone una più adeguata ipotesi, che impegna 124 m.ni di euro destinati a finanziare un sistema bibliotecario integrato, formato da due teste di rete, la BEIC a P.ta Vittoria più una Biblioteca digitale al Palazzo della ragione, connesse alle biblioteche di quartiere, cittadine ed universitarie, oltre che a poli internazionali.

In questo scenario si inserisce l’annuncio, citato all’inizio di questo articolo, in cui il Comune comunica lo stanziamento di 101,574 milioni di euro nell’ambito del PNRR, da destinarsi al progetto Biblioteca Europea di Informazione e Cultura – BEIC 2.0 di Milano, rientrante tra i 14 interventi strategici inseriti dal Governo nel Piano per i Grandi attrattori culturali.

Nello stesso comunicato il Comune da notizia: 

– di aver istituito un gruppo di lavoro tecnico nel marzo 2021 per la revisione dei criteri di progetto e per l’avvio di un concorso per una nuova progettazione della biblioteca;

– di aver dimezzato, in relazione all’importo del finanziamento ottenuto, la dimensione fisica del progetto del 2008; 

di confermare la localizzazione nell’area dell’ex scalo di Porta Vittoria in quanto baricentrica rispetto alle principali sedi universitarie e connessa con le linee metropolitane e ferroviarie regionali; 

– che la governance del progetto e la direzione scientifica sarà congiunta tra Comune e Fondazione BEIC.

Questo insieme di procedure ispira, ricordando una famosa frase di Federico Caffè, che l’assillo per gli equilibri contabili nasconde una sostanziale incapacità di coinvolgimento delle risorse umane. Infatti la procedura proposta dal Comune per la gestione del finanziamento si fonda sulla riduzione sostanziale delle dimensioni fisiche dell’opera, ma si sarebbero potute praticare altre vie:

  • per dar luogo ad un virtuoso e creativo processo di interazione sociale, avrebbe potuto essere comunicata alla cittadinanza la revisione delle procedure operata dalla ‘commissione tecnica’, attraverso le pagine web comunali https://partecipazione.comune.milano.it ;
  • per dimostrare di essere in sintonia con il cambiamento di sistema tanto auspicato dall’Unione europea, e di essere motore attivo del concetto di grande attrattore, che ha dato origine al finanziamento, la pubblica amministrazione milanese avrebbe dovuto interpretare i fondi erogati dall’UE come una generosa anticipazione, secondo la regola Junkers.

Quindi l’amministrazione dovrebbe impegnarsi a moltiplicare per 15 volte la somma oggi disponibile, raggiungendo così la ragguardevole somma di 1miliardo e 500 milioni, grazie al coinvolgimento proattivo dei capitali privati (i grandi assenti dal PNRR) e promuovendo nuove forme di non profit sociale, le cui potenzialità oggi sono enormi, decisamente superiori a quelle delle forme storiche. Darebbe così il via ad una capacità di sviluppo di politiche sociali innovative, tanto auspicate dai cittadini; 

  • non insistere sulla centralità dell’insediamento della BEIC a P.ta Vittoria, negata proprio dai promotori fondiari e culturali che hanno promosso, con l’avvallo della pubblica amministrazione il nuovo polo della Statale all’EXPO.

Infine, bisogna essere responsabili e non fingere che il problema da affrontare sia semplicemente adeguare il sistema esistente; il problema reale è la revisione del sistema di produzione delle idee, il loro deposito e le diverse forme di gestione, alla luce delle nuove competenze e capacità legate alle nuove tecnologie.

In questa dimensione, smettiamo di fingere che la priorità sia l’area e il manufatto, la priorità è definire nuovi sistemi di diffusione delle culture per attivare nuovi livelli di socialità. 

E su questo si abbia il coraggio di avviare non un concorso, ma un processo partecipativo creativo, a dimostrazione della capacità della metropoli milanese di saper creare valore a partire da una nuova organizzazione delle conoscenze. 

Giuseppe Longhi

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  1. Annalisa ferrarioDue note banali sul nuovo progetto comunale: - la beic verrebbe localizzata in prossimità del passante e quindi del sfr. È da ritenersi logico, considerando che gli utenti saranno soprattutto urbani? Non era meglio la localizzazione precedente, più prossima anche alle linee di forza del Tpl? - ha senso pensare a un concorso di architettura, quando il tema principale è proprio l'impostazione? Esempi recenti, come gli infelici concorsi per piazza castello e per l'ampliamento del museo del Novecento, dove gli errori più evidenti erano nei bandi mal impostati, suggerirebbero un approccio più modesto ma più ragionevole: innanzitutto un concorso di idee (ad oggi alquanto carenti) e solo di conseguenza un progetto di architettura.
    12 gennaio 2022 • 10:23Rispondi
  2. Cesare MocchiSecondo la nota legge di Northcote Parkinson, i mediocri sono destinati a scalare le posizioni di vertice delle organizzazioni. Non fanno eccezione gli enti pubblici, dove negli ultimi anni si sono susseguiti una serie di dirigenti uno più mediocre dell'altro ( e i risultati, anzi i non-risultati, si vedono). Un tempo saggiamente le amministrazioni contemperavano questo problema affiancando agli uffici comunali anche personalità esterne capaci e prestigiose, oggi invece stranamente non lo fanno più. E questo depaupera inevitabilmente l'azione dell'ente pubblico, sempre più debole e flebile e privo di buone idee. Deve essere chiaro che l'azione degli uffici interni è indispensabile: ma da sola non basta, di fronte alle sfide del futuro.
    12 gennaio 2022 • 12:08Rispondi
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