4 settembre 2021

LA PERDITA DI SENSO E UN FILO DI SPERANZA

Ricomincia la musica dal vivo


viola

Dunque si riprende! Evviva dunque ArcipelagoMilano che rinasce, dopo la pandemia (dopo?), in un momento ancora più strano e disorientante di quello del primo lockdown (che sembra appartenere a un passato lontano e non son trascorsi neppure due anni!) in cui tutti ci interroghiamo sulla direzione che sta prendendo il mondo, il paese, la città, la singola nostra vita. Fin dall’inizio di questa estate, ma ancora in questi giorni di ritorno alla normalità (normalità?), si è sentito nell’aria – e lo abbiamo sentito dire a tanti amici e conoscenti – una sorta di mancanza di senso, come se avessimo perso il filo, come se dovessimo ricominciare tutto daccapo senza avere obiettivi chiari, strategie condivise, una vera ragione per darci da fare.

Ho cercato a lungo di capire dove fosse il bandolo di questa matassa, ma confesso che non l’ho trovato. È un disorientamento che ci prende in diversi momenti del quotidiano, ci trova ovunque incomprensibilmente smarriti, nelle relazioni di lavoro e in quelle personali, dalla politica all’informazione, dalle vicende della cronaca agli eventi culturali. Tutte cose molto diverse tra loro che tuttavia hanno un legame e sembrano collimare: ciò che succede nei paesi asiatici, il cambiamento climatico (da New York a Pantelleria!), l’inquinamento (i mari gonfi di plastica), le disuguaglianze sociali (leggere “Dominio”, di Marco d’Eramo), i continui femminicidi, i balletti intorno ai vaccini obbligatori e al green pass, per finire alla crescente ed ormai insopportabile invasività della pubblicità (in televisione, nello smartphone, ad ogni angolo di strada)!

Mi rendo conto che questa premessa è uno zibaldone, anche un po’ catastrofista, tuttavia è necessaria ad inquadrare il tema di questa rubrica, il tema della musica classica ascoltata dal vivo. Se l’arte rispecchia la vita, e se la musica è la quint’essenza dell’espressione artistica, eccoci serviti: ovunque abbiamo volto lo sguardo, in questi ultimi mesi, salve rare eccezioni abbiamo visto e sentito banalità, volgarità, pasticci, cialtronerie. Per ritrovare memoria di una musica di qualità e di autentiche emozioni, bisogna riavvolgere la pellicola ed andare a prima del febbraio 2020, quando tutto fu sospeso e rinviato a data da destinarsi.

Si dirà, ed è più che comprensibile, che in questi tempi non è stato possibile fare programmi (nel mondo della musica, e non solo, i programmi vanno predisposti con grande anticipo) e che dunque non è stato facile preparare stagioni, festival, eventi importanti, mettere in scena opere liriche, ecc. Ma tutto ciò è sufficiente a spiegare il programma del festival MITO – SETTEMBRE MUSICA che si svolge in questi giorni fra Milano e Torino? Consultatelo sul sito e scoprirete che pochi giorni fa, al teatro Dal Verme, sono state eseguite musiche di Bach ed Händel – insieme ad altri autori dell’otto e del novecento fino ai contemporanei – trascritte ed arrangiate per un duo di sassofono e fisarmonica (!). Ed ancora che il 23 settembre, sempre al Dal Verme, sarà eseguito in prima assoluta un Requiem di Mozart completato da David Del Puerto (Madrid 1964) con uso di strumenti come la fisarmonica, la chitarra e il basso elettrico (immagino il carattere che potrà assumere il Lacrimosa……) con la presenza e l’assistenza dell’Orchestra Verdi e del suo direttore artistico Ruben Jais. Tutto normale? Non è quantomeno spaesante?

A proposito dell’Orchestra Verdi e dell’orchestra dei Pomeriggi Musicali, che al teatro Dal Verme ha la propria sede, sfogliando i loro programmi scopriamo che mentre la prima attribuisce ai suoi concerti titoli fantasiosi come “Mondi pop”, “Guida sinfonica per amanti del cosmo”, “La nonna di Mozart”, “A tutto organo” e via di seguito, la seconda fa precedere ogni concerto dallo stesso soprattitolo “Racconti senza parole – La musica fra mito, letteratura e poesia”. Ma ha senso confezionare i concerti come fossero prodotti commerciali?

Per fortuna il cartellone della Scala – nonostante le… pericolose presenze di Davide Livermore che curerà la regìa del Macbeth e della Gioconda, e di Robert Carsen che curerà quella del Don Giovanni (lo stesso con cui inaugurò la stagione di dieci anni fa) – presenta importanti titoli d’opera, un buon calendario di concerti sinfonici, e soprattutto ci farà conoscere molti nuovi interpreti, soprattutto nel settore dei direttori di orchestra; si sente la volontà, ben espressa da Dominique Meyer nella presentazione che ne ha fatto tempo fa, di “rinnovare nella tradizione”.

Con i concerti di musica da camera ritorneranno molti artisti che conosciamo ed amiamo: sia la Società del Quartetto, che le Serate Musicali e la Società dei Concerti (la quale, chissà perché, titola ogni concerto Ladri di note…) hanno presentato i programmi della stagione 2021- 2022, e bisogna riconoscere che il più professionale e accattivante fra tutti è, come sempre, quello della Società del Quartetto che, fra il 12 ottobre e il 17 maggio prossimi, snocciola 23 concerti tutti di ottima qualità. Scrive il suo direttore artistico Paolo Arcà, che l’ha messa insieme, “la stagione prende avvio con Jordi Savall e i suoi musicisti, impegnati nelle sinfonie Sesta e Settima di Beethoven, e prosegue con Brunello (musiche di Tartini), il Trio di Parma (musiche di Brahms) e il Coro di voci bianche dell’Accademia della Scala diretto da Casoni. Quattro quartetti (Vision, Cremona, Emerson e Aris) formano il solido impianto dell’offerta quartettistica, cui si aggiungono il concerto del grande violinista Joshua Bell e quello del talentuoso violoncellista Sheku Kanneh-Mason con la sorella Isata al pianoforte. Di assoluto rilievo gli appuntamenti con i pianisti che sono le eccellenze dei nostri giorni: Trifonov, Lewis, Schiff, Uchida, oltre a Hewitt e Aimard (i cui programmi compongono un affascinante medaglione bachiano)……e in più cinque ‘nuovi talenti’ (Malofeev, Tjeknavorian, Vision String Quartet, Kantorow, Quartetto Aris)…… Pierrot lunaire (con MDI ensemble, Zavalloni e Angius), i Songbirds dei King’s Singers, i brani di musica sacra nella serata “Anima aeterna” con il celebre controtenore Orlinski (e il Pomo d’oro) e le sorprendenti percussioni di Simone Rubino & friends”. Un programma chiaro, comprensibile, più che attraente, senza aggiunte di allusioni e senza giochi di parole.

Intanto, in attesa di queste novità, ho avuto la ventura di ascoltare Michele Campanella che, nell’ottocentesco teatro Stignani di Imola e nel quadro dell’annuale “Festival musicale della Emilia Romagna”, ha eseguito le ultime tre Sonate di Beethoven come da anni non mi capitava di ascoltare. Sono consapevole di essere in gravissimo conflitto di interessi (notoriamente Michele ed io siamo parenti!) e tuttavia non posso esimermi dal confessare di aver provato indescrivibili emozioni e di essermi trovato immerso in una lettura di tale spessore da esserne letteralmente travolto. Capire le ultime pagine di Beethoven come le ha capite e come le ha spiegate nota dopo nota Campanella, con un suono perfettamente calibrato e curato in ogni minimo particolare, con un fraseggio che penetrava la più profonda intimità degli ascoltatori, ha ridato un senso a tutto, ci ha “riempito di senso”. Si è creata quella meravigliosa simbiosi autore-interprete-ascoltatore che è sintesi ed apoteosi della grande musica.

Se il Covid – soprattutto la paura del Covid – ci lascia in pace, forse possiamo cominciare a nutrire qualche speranza che la musica ci aiuti a ritrovare quel senso” che abbiamo perduto.

Paolo Viola



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  1. Annalisa FerrarioRicordo che qualche anno fa sempre il Dal Verme pubblicizzava un concerto con il simpatico slogan "Cià, cià...Čajkovskij" come se per attirare il pubblico all'ascolto del peraltro notissimo compositore bisognasse per forza regredire come minimo allo spirito delle scuole medie - che ci vuoi fare?
    15 settembre 2021 • 10:14Rispondi
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