26 aprile 2021

IL 25 APRILE DIVIDE ANCORA?

Non siamo tutti brava gente


La domanda è retorica, ben si conosce la risposta: si, il 25 aprile divide ancora. Tutti vorremmo che non fosse così, che gli ideali, i sacrifici, le speranze, raccolte attorno a quella magnifica data, fossero riconosciute ed amate universalmente, ma non è così, non ancora. L’arco di 3 generazioni non è stato sufficiente per ricomporre l’unità di tutta la nazione attorno ai valori di libertà, eguaglianza e fraternità, che la lotta partigiana seppe riaffermare.

Che di questo a ben vedere si tratta, del grande flusso della storia, del respiro profondo di un secolare processo civile che conosce splendidi slanci e tragiche ricadute, e che chiede sempre all’oggi, anche al nostro oggi, di riconoscere se la via maestra è abbandonata e di riprenderla. Il 25 aprile 1945, per noi italiani e milanesi, ha segnato esattamente il momento in cui quella via, lasciata da parte da oltre vent’anni, è stata ripresa da una nuova generazione disposta a sacrificare il bene più prezioso per riaffermarne i valori.

I nomi dei martiri, che pur conosciamo, vanno detti, ricordati, quelli più noti e quelli più umili: Pietro Gobetti e Umberto Fogagnolo, Giacomo Matteotti e Giuseppe Trezzi e tanti altri….. Le 470 lapidi che punteggiano strade e piazze di Milano fissano nella memoria, e nel culto, le vite spezzate di quelle persone, spesso giovanissime, formando le tappe di un itinerario laico, non per questo meno sacro. Ieri, come tanti, ho visto persone portare fiori e fermarsi di fronte ad uno di quei luoghi, leggendo date, nomi e vicende.

Tutto passato? Tutto trascorso e scolorito, come fra qualche giorno i fiori?

Per alcuni, ancora troppi, sarebbe preferibile lasciare i morti ai morti, oggetto di una pietà “al di sopra delle parti”, balsamo che accomunerebbe in un abbraccio corale i superstiti di una tragedia vissuta dai “combattenti” delle brigate partigiane e della RSI. Ma il 25 aprile non è questione di pietà o materia di dissertazione storiografica sui torti e le ragioni degli uni e degli altri.

Lasciamo scoprire al povero Giampaolo Pansa la verità tardiva e risaputa che le grandi tragedie portano con sé, intrecciandosi nella carne viva delle persone e non dei santi, con le tremende sofferenze anche i sentimenti più violenti e se si vuole anche le giustizie sommarie, ma non per questo confondiamo, neppure per un minuto, il significato storico che la Liberazione ha portato al Paese ed a tutti noi, come persone, che ne godiamo ancora i frutti.

Piuttosto, il 25 aprile, il suo ricordo, chiama anche oggi a leggere nelle sfide del nostro tempo la sua lezione ed a riconoscere la parte dove vogliamo stare e quella che intendiamo giocare, come individui e come comunità. Per questo, il 25 aprile divide tuttora, e non solo perché il suo ricordo etico e la sua sostanza storica sono mistificati, come prova a fare il pessimo Sindaco di Codogno che nel giustificare la perdurante cittadinanza a Benito Mussolini afferma stentoreo “allo stesso modo ha concesso la cittadinanza a Liliana Segre”. “Allo stesso modo”: non bisogna argomentare altro.

E’ fin troppo facile cogliere la connessione, ideale e politica, tra le forze che vorrebbero disinnescare i principi del 25 aprile ed alcuni processi critici della contemporaneità, su scala globale e sulla scena nazionale.

Libertà e diritti politici e civili. Se è vero che in Italia, si fa sentire forte la voce a favore della libertà delle persone di scegliere la propria vita, salvaguardando la diversità come ricchezza e non come oggetto di pelosa tolleranza, è anche vero che non mancano orientamenti e forze poco o nulla disponibili a tradurre questo principio in effettivo spazio di libertà, tollerando o benedicendo le lezioni che tuttora vengono impartite a chi non conduce uno stile di vita “tradizionale”.

Questo accade in Italia, ma di più in Europa, dove la “dottrina” sovranista coniuga la tutela del “carattere nazionale” con le negazione dei diritti civili e di libertà, di genere, di credo, di orientamento sessuale. Orban e Salvini, Meloni e Duda, Le Pen e Farage, formano già oggi l’internazionale reazionaria contro di diritti civili e politici. Democratura è la loro parola d’ordine ed il 25 aprile di indica dove stare oggi.

Eguaglianza e diritti sociali. La nostra bella Costituzione dice “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3).

La compressione violenta dei redditi da lavoro, il privilegio insostenibile offerto alla finanza ed alla rendita, l’indebolimento dei servizi sociali e previdenziali, contraddicono il dettato costituzionale. In effetti, quale bilancio possono trarre oggi le classi popolari dalle politiche restrittive condotte negli ultimi dieci anni, fino alla tragica pandemia di questi ultimi mesi, da una classe dirigente ossessionata dal pensiero unico del “pareggio di bilancio”? Cosa le donne ed i giovani precarizzati da politiche del lavoro dove la flessibilità è sinonimo di povertà?

Fraternità e globalizzazione. Il nostro tempo è segnato dal processo di globalizzazione, economico, tecnologico, logistico, culturale e militare. Un processo che genera per alcuni grandi ricchezze, ma manomette benessere diffuso e sopravvivenza ambientale. Guerre ed ingiustizie spingono le persone del sud del mondo a cercare chance di vita nei paesi più ricchi, a loro volta però segnati da gravi crisi sociali.

Per Papa Francesco, la terza guerra mondiale è in atto, a pezzi, ed è il frutto avvelenato dell’ingiustizia planetaria. Non saper, non voler, distinguere tra gli autori del sacco globale e le loro vittime, ha innescato la guerra tra poveri che si disputano ferocemente le briciole del lauto pranzo altrui. Su questa enorme mistificazione, dove anche il campo democratico ha le sue connivenze e responsabilità, la destra gioca le sue carte, cinicamente lanciando parole d’ordine gravide di tensioni insostenibili. I morti del Mediterraneo sono un fardello insostenibile per la nostra coscienza civile.

Tre valori, tre campi di battaglia tra visioni opposte, tre chiamate a decidere dove stare, con chi e contro chi. Il 25 aprile divideva e divide ancora, tra chi sostiene diritti, eguaglianza e fraternità e chi si oppone, mistificando il passato per negarli ancora.

Non fummo tutti brava gente, non lo siamo neppure oggi.

Giuseppe Ucciero



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema


23 aprile 2024

Il 25 APRILE 2024 NEL POSTFASCISMO

Giuseppe Ucciero



23 aprile 2024

25 APRILE: LE CULTURE DIVERSE SOPRAVVIVONO

Oreste Pivetta



19 maggio 2021

LA RIQUALIFICAZIONE DI PIAZZALE LORETO

Michele Sacerdoti



25 aprile 2021

25 APRILE 2021 RIFLESSIONI DI UN IMMIGRATO

Mustapha Ouelli



24 marzo 2021

LE DONNE “PROCREATICI” RIFLETTONO

Antonella Nappi



17 marzo 2021

L’AFFITTO DEL SIG. G E LA CITTÀ SMART

Gianluca Gennai


Ultimi commenti