24 marzo 2021

LE DONNE “PROCREATICI” RIFLETTONO

Il limite del carico antropico del pianeta la vera incognita


Discussioni e confronti si fanno su Milano tra donne in più sedi, e soprattutto negli incontri tra associazioni di quartiere. Non si tratta di desiderare un meglio di così soltanto, a Milano, o di amare comunque il proprio contesto; di accennare al minor gradimento rispetto alla città di chi sta in periferia.

Nappi

Si tratta di denunciare ciò che è inaccettabile anche per noi ceto medio e comprendere che ancor più duramente ricasca su chi ha solo una casa e l’ha a Milano, o nell’iterland. Periferie che ripetono e moltiplicano l’inquinamento che ammala, l’edilizia fatiscente e quella nuova: semi fatiscente ( vent’anni di vita o meno) eppur carissima.

Si tratta di non accettare quella che viene portata in palmo di mano sul Corriere della sera: ” così vivremo! ” nel publicizzare le terrazze di Boeri che hanno prezzi in vendita e affitti da petrolieri arabi o più attualmente da re dei social e delle comunicazioni via onde radio. Non parlano di noi quelle case, neppure di noi non poveri!

La copertura degli ultimi terreni vivi di natura, con erbette o poco più, perché sotto un filo di terra ci mettono cemento, a custodire automobili e servizi tecnici innumerevoli per le innumerevoli persone che si vorrebbero assommare in verticale per avere affari e consumi da cui attingere ancora soldi per pochi padroni e pochi loro rappresentanti politici, è inaccettabile. La città che sale non libera terreno, e neppure ne dà l’illusione: ti senti costretto nel rado giardino della portineria, più vasto sommando i condominii grattacielo.

Questi costruttori chiamano gente che non abita ma consuma molto, perchè al contempo abita e consuma il mondo. Il verticale assomma i rifiuti, le deiezioni, i consumi di energia ed i trasporti uguale alla città orizzontale che già estesa da Torino a Venezia occuperebbe – occupa comunque di già – tutto il terreno delle tre regioni. Non si ricrea più natura così, non ci ricrea ma al contrario ci ammala.

Chi può pagare badanti e servitù, e questi stessi lavoratori, sembrano essere gli sproporzionati cittadini di Milano. E’ poco per fare una città che vive, vive solo se sono molte e diverse le relazioni e le attività; non c’è proporzione umana. E’ troppa come popolazione poco residente: mobile e provvisoria! Spero chi è venuto a lavorare in Italia diventi popolazione stabile! Anche se aggiungi gli studenti ed i turisti che affittano le stanze di chi vive di rendita, altrove, e qualche mese passa dalla scala, dalle banche, dagli uffici e dai ristoranti, non vedi relazioni proporzionate all’ arrichimento umano e ambientale di chi chiede quello che ha bisogno proprio qua, in un posto solo!

Dobbiamo metter mano a ciò che è stato bandito e dunque per due ragioni ci spaventa: ai limiti. E’ controcorrente e meno soddisfacente che non vederli. Dobbiamo rinvenire dalla sbornia intellettuale che il capitalismo ci ha fatto prendere! Ci ha costrette/i a far fuori tutto il patrimonio mondiale in un secolo. E’ astratto pensare che non ci siano norme, ci sono invece: sborniarsi! Fingere non ci siano conti da pagare era ed è assurdo ! Una irresponsabilità che torna a noi con l’insonnia e i tranquillanti o con perdita di intelligenza.

Meglio rinvenire a norme sane, a quelle ragionevoli che tutti sanno pensare. Riveniamo alla modestia che ci renda più simili, alla collettivizzazione che ci dia beni comuni e beni contingentati in tempi contingentati. Questa parola è necessaria e democratica. Beni a turno, non tutto a pochissimi e tutto quel che rimane agli altri ammassati tutti assieme. Li dobbiamo rompere questi tabù capitalistici, è di buon senso sapere che a piccole scale siamo molti di più le/gli sfruttati di quelli che sappiamo o non sappiamo! Somigliare ai ricchi con le piccole strategie di denaro è un conforto minore di quello che possiamo avere organizzandoci assieme. Io penso e mi piace.

Il limite delle nascite è il tasto che più fa vergogna e più aiuta a rinvenire: diminuire le nascite per godersi la vita. Ma perché nò se il pianeta è già stato popolato tutto da due secoli? Se la popolazione mondiale si moltiplica sempre più velocemente? Quale vita fai e fai fare ai nuovi nati, se diventano continuamente di più?! E quelli già esistenti, di cui scoppia il mondo, non li vuoi ospitare?

Infatti le donne, dove possono, riducono le gravidanze. In prospettiva ci fanno ritrovare l’equilibrio tra le specie animali, e quello con la vegetazione, con le risorse materiali chimiche e fisiche che ci sono indispensabili perché riducono la popolazione, di fatto lo fanno già le italiane.

Le donne riportano proporzione perché hanno responsabilità della vita loro e degli altri. Di fatto le donne, occupandosi dell’esistenza di tutte le generazioni sanno che è positivo vivere a lungo se si sta bene; che è piacevole occuparsi della cura di se stesse e degli altri se c’è una misura nel farlo e al contempo se lo si può fare. Curare è piacevole per tutti, se anche altre azioni e relazioni ti gratificano, ti socializzano, ti danno la possibilità di mantenerti economicamente e non ti respingono fuori, alla emarginazione.

Diciamo brave alle italiane e alle donne per le soluzioni già effettuate da loro stesse in molte parti del mondo!

Vivendo tredici anni di più di quanto si vivesse nell’ Italia del 1970, vivendo di più in tutto il mondo, la popolazione cresce per l’ammassarsi delle generazioni; bellissimo moltiplicare le nostre relazioni ma facciamo mente locale che la società da organizzare è proprio questa: è intergenerazionale. Quella che di media sostituisce le generazioni in ottant’anni invece che in cinquanta. Quella per cui divieni orfano dopo i cinquant’anni o più e non a venticinque come nell’ottocento. La questione è progettare questa società di lento ricambio e alta intergenerazionalità. Sapendo di avere tempo dunque per recuperare, tempo per curare, spazio per passeggiare.

Non abbiamo altri pianeti! Rinveniamo, la moltiplicazione dei consumi e degli umani e degli averi è una guerra contro quasi tutti. Troviamo equilibrio in politica e in economia come le italiane trovano nella loro vita.

Antonella Nappi



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