1 aprile 2021

IL VENTO DEL NORD SOLLEVA LA POLVERE DEL SUD

Illecito sportivo, piano Marshall e Recovery fund. La storia si ripete


Non si tratta della battaglia di Napoli ma della battaglia del sud…la legge dei due pesi e delle due misure deve scomparire per sempre…occorre smasche­rare questo gruppo dirigente che da anni ci perseguita…il consiglio dei ministri avrebbe dovuto assegnare a Napoli un miliardo per costruire un monumentale stadio…la battaglia non è perduta…abbiamo anche noi la bomba atomica…”

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L’articolo e le dichiarazioni sono del 4 agosto 1948 a pochi mesi dalle epocali elezioni che hanno sconfitto definitivamente il Fronte Democratico Popolare, a 20 giorni dall’attentato a Togliatti che aveva portato il paese sull’orlo della guerra civile (o così si credette); ma non si tratta di un problema politico primario bensì più banalmente di una polemica calcistica, difatti così prosegue l’articolista: “Siamo decisi a liberare il calcio dalla casta milanese che ha in mano anche l’associazione arbitri. Un vero e proprio trust calcistico che manipola da anni le carte…”.

All’origine della feroce polemica la retrocessione del Napoli in serie b alla fine del campionato 1947 1948 per due ragioni: 1) era ultimo in classifica 2) veniva condannato e penalizzato per tentata corruzione dei giocatori di un avversario (il Bologna).

Il Napoli contestava il punteggio perché a suo avviso l’arbitro aveva favorito palesemente l’Inter nella partita finale e chiedeva alla federazione calcio di essere riammesso in serie A per ragioni “patriottiche” come del resto era avvenuto l’anno precedente per la Triestina cui gli anglo americani avevano vietato di giocare a Trieste.

Quanto alla frode sportiva, la denuncia era stata presentata dal presidente del Bologna Renato Dall’Ara che dopo la partita persa dalla sua squadra in casa contro il Napoli descrisse un incontro avvenuto in precedenza tra il calciatore azzurro Luigi Ganelli e il rossoblù Bruno Arcari, entrambi residenti a Codogno e parenti nel quale era stato contrattato il risultato. La dirigenza del Napoli negava ogni coinvolgimento e in difesa della squadra come avvocato fu scelto il prosindaco della città.

f7d6945f94ccf8397e44f4099251ce5cLe recriminazioni contro la tirannia nordista e il complotto settentrionale contro il quale si chiedeva la solidarietà di tutte le squadre meridionali (che non venne) assumevano connotato politico perché si mescolavano con una generica protesta meridionalistica che si era già concretizzata elettoralmente nell’Uomo Qualunque, il movimento del commediografo Guglielmo Giannini che alle elezioni del 1946 mentre a Milano otteneva il 3,82% dei voti, a Napoli sfiorava il 20% e a Bari raggiungeva il 36,82%. Qualunquisti furono i sindaci di Palermo Patricolo e di Messina De Salvo.

Giannini era il direttore di un settimanale l’uomo qualunque costo 5 lire che aveva come sottotitolo “Abbasso tutti. Questo è il giornale dell’uomo qualunque, stufo di tutti, il cui solo, ardente desiderio, è che nessuno gli rompa le scatole”.

Giornale a tinte forti, dove il turpiloquio (possiamo attribuire a Giannini la primogenitura sul vaffa day) si abbinava allo sfottò più feroce (una delle rubriche più seguite, intitolata Le vespe, era una raccolta di pettegolezzi sugli uomini politici e sugli intellettuali) e a tutto quanto possiamo definire non politically correct.

Il giornale si inseriva in quella tradizione di settimanale politico satirico del Travaso, Marco’Aurelio, Asino, Becco Giallo e Monocolo conclusasi anni fa con il Male.

903ed7c2f0da8b5ae88eab4e249a1617-1Finanziato dagli industriali raggiunse le 800.000 copie di vendita e figliò anche di una testata quotidiana Il Buonsenso che ebbe due edizioni una milanese e una romana.

Giannini non perdeva occasione per attaccare i “nordisti” l’acronimo CLN veniva sciolto in “Consorzio Lavativi Nequitosi” e il “vento del Nord” diventava il “rutto del Nord”, la DC era chiamata partito-biscia, partito anfibio.

Giannini denunciava il presunto “fascismo dell’antifascismo”, il proseguimento del dominio di un’oligarchia ai danni della maggioranza. Gli scontri non furono solo cartacei, così quando affermò che l’unica rivolta antifascista era stata quella di Napoli mentre a Milano si era trattato di messa in scena, la sede romana del Buonsenso in via Colonna fu assalita e devastata.

Terminate le sovvenzioni confindustriali il quotidiano cessò le pubblicazioni mentre il settimanale (che periodicamente vede tentativi di rilancio) si ridusse a poca cosa ed evitò per poco la bancarotta.

sud-420x420Il movimento durò poco, dilaniato da svariate polemiche interne: nel 1948, il partito di Giannini costituì con il Partito Liberale e i nittiani una lista Blocco nazionale ottenendo solo 4 deputati contro i 30 della Costituente.

Dopo varie scissioni in gran parte verso i monarchici (come il milanese Michele Maria Tumminelli poi consigliere comunale) e i missini (come fu per il milanese Mario Marina) e qualche abboccamento anche con i comunisti, il partito, come scrive Maurizio Cocco, venne sciolto e Giannini si candidò senza successo nella DC.

Ancora nel 1956 una lista denominata dell’uomo qualunque fu presentata alle elezioni per palazzo Marino, capeggiata da Nicola Romeo figlio dell’omonimo fondatore dell’Alfa Romeo, ottenne 2000 voti.

Al centro della protesta meridionalista vi era il trattamento di favore che il nord aveva nei progetti di ricostruzione e sviluppo.

Il 1948 fu caratterizzato dall’avvio del dell’ERP (acronimo del European Recovery Plan, conosciuto ai più come Piano Marshall) che fu fondamentale anche nella campagna elettorale ( uno dei leit motiv della DC fu che se avessero vinto i socialcomunisti si sarebbero interrotti gli aiuti).

Tirando le somme del piano si può grosso modo affermare che l’87% delle risorse finì alle industrie nelle regioni del nord (Fiat, Edison,Ansaldo, Piaggio, Alfa Romeo, Riva, Innocenti), la Fiat ottenne più del 10% da sola; la Calabria e la Lucania ottennero un centesimo di quello che andò in Lombardia e Piemonte.

Forse la protesta del meridione sulla sperequazione della spesa aveva una qualche ragione d’essere!

Bisognerà attendere l’agosto del 1950 quando venne approvata la legge che costituiva la Cassa per il Mezzogiorno per vedere i primi interventi organici al sud, alla cassa venne affidata la realizzazione di strade, opere idrauliche, scuole e ospedali, con l’obiettivo di aumentare l’occupazione, il tenore di vita e il livello di reddito nel Mezzogiorno, che sarebbe divenuto un area di espansione commerciale per i prodotti industriali del Nord.

Pasquale Saraceno nella “Intervista sulla Ricostruzione 1943- 53” (a cura di Lucio Villari) scrive“Il Mezzogiorno rimase escluso dalla rivitalizzazione della nostra economia, … la forte espansione produttiva del 1946, che avrebbe potuto attenuare il turbamento che la fine della guerra aveva lasciato nel Paese, probabilmente invece l’accentuò, a causa del tipo di distribuzione dei beni disponibili posto in atto dall’indirizzo liberistico impresso, senza molte remore, alla nostra politica economica”.

Le forze politiche si divisero sull’accettazione degli aiuti del piano Marshall, oltre alla DC favorevoli furono i socialisti democratici, che, con il milanesissimo Roberto Tremelloni ministro senza portafoglio per la Cooperazione economica europea, ebbero un ruolo fondamentale sia nella preparazione dei progetti che nella gestione delle risorse del piano; il piano Marshall rafforzò le posizioni filo-americane e antisovietiche saragattiane.

Contrari furono i comunisti, Togliatti definì il Piano Marshall un piano di guerra e strumento dell’espansionismo imperialista americano cui veniva contrapposto idealmente il fraterno aiuto che ai paesi dell’est veniva offerto dall’URSS attraverso il Piano Molotov.

Ma non da meno furono i socialisti.

Nenni nel comizio di apertura in Piazza del Duomo a Milano nell’aprile ’48 disse: “… lasciamo alla stampa cosi detta indipendente la triste responsabilità di riprendere nel 1948 il linguaggio e gli atteggiamenti che tenne nel 1921 e nel 1922, quando non aveva occhi che per vedere il pericolo rosso, allorché incombeva il pericolo nero, e quando non aveva orecchie per intendere il grido di dolore del proletariato sopraffatto nell’impari lotta contro le bande fasciste e lo Stato … Sul piano Marshall noi abbiamo assunto una posizione critica e non negativa che deriva da una valutazione di carattere politico e tecnico. Posti quindi di fronte ad un insieme di disposizioni alquanto caotiche non si addice ad un Paese serio, che ha bisogno degli aiuti americani, prendere una posizione negativa, ma non gli si addice neppure il tono apologetico dei democristiani e dei secessionisti socialisti i quali hanno spinto la loro “cupidigia di servilismo” fino all’inverosimile. A noi si addice invece discutere ognuno dei paragrafi e delle clausole del Piano. Noi desideriamo di essere messi in condizioni di respingere ciò che è nocivo al nostro Paese e di accettare tutto ciò che corrisponde all’interesse comune della ricostruzione del nostro Paese…Per la neutralità italiana…l’adesione al blocco occidentale comporterebbe per la nostra gioventù la condanna virtuale a servire da carne da macello per una guerra di interessi stranieri, come ciò è successo dal 1940 al 1945…Noi non siamo oggi che i continuatori della tradizione rivoluzionaria del Socialismo italiano in quanto attraverso l’alleanza col Partito Comunista realizziamo l’unità d’azione e di lotta delle classi lavoratrici incrinata sul piano delle ideologie”.

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Era stato sempre Nenni a denunciare le differenze nord sud fin dai giorni immediatamente seguenti la liberazione di Milano con il famoso articolo il “Vento del nord” che aveva però oltre che una valenza alta anche una vulgata quasi antropologica dove si contrapponeva un nord giovane e attivo ad un sud accomodante e compromissorio.

Vale la pena ricordare un articolo sull‘Avanti! edizione milanese del 7 maggio 1945 dal titolo “Il vento del Nord solleva la polvere del sud!” dove l’autore (per la precisione Ugo Zatterin, che diverrà il commentatore politico televisivo più famoso nei decenni successivi) scriveva: “A Roma ai partigiani non ci credevano affatto e se li figuravano come una montatura propagandistica…la giustizia rapida e poco cavillosa degli italiani del nord (piazzale Loreto ndr) ha esaltato le delusioni degli italiani del sud che hanno dovuto sopportare…le assoluzioni scandalose, le punizioni col contagocce…si era accreditata la voce che una colonna di patrioti del nord stava marciando su Roma per venire a compiere finalmente l’epurazione…”.

Ma perché ritornare a quei dibattiti?

Perché l’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano, ha calcolato che il miliardo e mezzo di dollari che arrivò in Italia con il Piano Marshall corrispose al 9,2% del Pil italiano medio di quegli anni. Se si considera che il Prodotto interno lordo italiano del 2019 è di 1.787 miliardi, il 9,2% corrisponde a 164 miliardi di euro, non molto meno dei 206 del Recovery Fund.

E conseguentemente constatato come ha fatto il ministro Provenzano (attualmente nella segreteria del PD) che: “Tutti decantiamo Milano ma non è la prima volta nella storia d’Italia che è un riferimento nazionale. A differenza di un tempo, però, oggi questa città attrae ma non restituisce quasi più nulla di quello che attrae”, in molti ambienti ci si pone la domanda: DAL PIANO MARSHALL AL RECOVERY FUND: LA STORIA SI RIPETE. TUTTO AL NORD?

I più duri nel diffidare il nord sono i movimenti neoborbonici quelli per i quali il Regno delle Due Sicilie, prima dell’unificazione, era una specie di eden all’avanguardia in Europa: prima ferrovia d’Italia, prima illuminazione pubblica, prima nave da crociera, mortalità infantile più bassa della Penisola. Tuttavia hanno un peso trascurabile. Maggiore il peso dei movimenti sorti attorno a Pino Aprile che con il suo libro “Terroni” ha riaperto in termini popolar divulgativo la questione meridionale, dando vita al Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale ma sopratutto ispirando i pentastellati.

Il movimento cinquestelle che ha tra le sue ragioni d’essere la rivendicazione meridionalista, come fu per L’uomo qualunque di Giannini, ha le sue roccaforti elettorali nel sud , tant’è che se nei collegi uninominali milanesi alle elezioni del 2018 ha stentato a superare il 20% a Bari e Palermo ha stentato a non superare il 50%.

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Pentastellati sono stati i consiglieri regionali che in Puglia il 4 luglio 2017 hanno proposto la delibera poi approvata con tre contrari e due astenuti per l’istituzione della “Giornata della Memoria per le vittime meridionali dell’Unità d’Italia”, la data prescelta il 13 febbraio, corrisponde al giorno della resa di Gaeta e della fine dell’indipendenza meridionale.

Mozioni analoghe, l’incipit è pressoché uguale per tutte (“premesso che:’Unità d’Italia costò la vita a migliaia di valorosi cittadini meridionali dall’unificazione ad oggi…il processo di unificazione dell’Italia costò la vita ad almeno 25.000 meridionali in base a documenti di morti certificate, ma numerosi storici sostengono che le vittime furono più di 100.000; ignobili stragi furono perpetrate nei confronti di tali cittadini…ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo è inaccettabile che non esista una giornata della memoria nazionale in onore delle migliaia di meridionali che perirono nel corso del processo di annessione del Mezzogiorno”) sono state presentate in Campania, Basilicata, Sicilia e ovunque hanno ottenuto un consenso trasversale.

Ai pentastellati si sono aggregati subito cercatori di preferenze di partiti diversi, come testimonia la mozione 1-01523 presentato dall’ex ministro Nunzia De Girolamo alla Camera che ha avuto le firme anche di diversi parlamentari PD. Tutto il dibattito lo trovate qui.

Non che la diffida meridionalista si limiti ai pentastellati: De Luca ha più volte denunciato la distribuzione dei fondi in campo sanitario: “I campani ricevono 46 euro in meno rispetto alla media nazionale solo in campo sanitario, 45 euro in meno rispetto ai veneti, 39 rispetto ai lombardi, 60 euro in meno rispetto agli emiliano romagnoli”, il sindaco De Magistris ha risposto “il futuro dell’Italia passa da Sud, che non è una zavorra e lo abbiamo dimostrato in questi anni, noi vogliamo un’Italia unita ma non più con le discriminazioni di questi ultimi 150 anni, un’Italia unita nelle sue diversità, un’Italia in cui il Sud torni ad essere protagonista perché a nuje nun ce manca niente”, mentre una lista neoborbonica ha appoggiato Vittorio Emiliano.

Se i pentastellati di oggi sembrano reincarnare l’uomo qualunque del 1946 anche il campo dei fautori del “vento del nord” è affollato.

Si va dal vecchio Bassetti che ha un qualche vago cenno di autocritica “Abbiamo rotto le scatole dicendo per anni che siamo i più bravi, così oggi ce lo ributtano addosso. Ma è la rivalsa dei frustrati”; al vicepresidente di Assolombarda: “ Ma c’è purtroppo anche altro, in questo clima di aggressione nei confronti di Milano e della Lombardia. Ed è una contestazione radicale contro l’impresa, di cui la Lombardia è paradigma. L’assistenzialismo contro la produttività, il fantasma di un “Iri2” (la gestione pubblica e politica delle imprese, che ha dato troppo spesso cattiva prova di sé nella recente storia d’Italia) contro l’intraprendenza privata, la burocrazia contro l’efficienza, la voglia di dominio della politica sull’economia invece che la competitività e il mercato ben regolato. Le clientele di partito contro il merito, la competenza, la responsabilità. Sono tentazioni negative da statalismo di ritorno, che possono mettere seriamente in crisi ogni impegno per impostare efficaci politiche di ripresa e di sviluppo sostenibile in chiave europea”.

Non mancano ovviamente le invettive alla Vittorio Feltri: “Attenzione, manutengoli ingordi – conclude riferendosi alle regioni del Sud – a non tirare troppo la corda, poiché correte il pericolo di rompere il giochino che finora vi ha consentito di ciucciare tanti quattrini dalle nostre tasche di instancabili lavoratori. Noi senza di voi campiamo alla grande, voi senza di noi andate a ramengo. Datevi una regolata o farete una brutta fine, per altro meritata…Ciucciate quattrini ai lavoratori del Nord, farete una brutta fine” (leggo.it).

Del resto gran parte del PD lombardo attraverso il comitato per il si capeggiato da Giorgio Gori, fu lesto nel dichiararsi favorevole all’autonomia differenziata, cavallo di battaglia di Salvini, nel referendum consultivo in Lombardia del 2017 mentre Beppe Sala a un convegno, rispondeva all’allora in voga tematica delle chiusure domenicali dei negozi, con la sprezzante frase: “Se la vogliono fare in provincia di Avellino la facciano, questa chiusura. Ma a Milano è contro il senso comune. Pensassero alle grandi questioni politiche, non a rompere le palle a noi che abbiamo un modello che funziona e 9 milioni di turisti”. ( Contro Milano | Il Foglio).

Con l’avvicinarsi delle elezioni comunali a Torino e Milano, anche perché Sala l’ha detto senza mezzi termini “datemi i danè”, ma sopratutto con l’avvicinarsi della definizione dei progetti del Recovery found queste polemiche acquisteranno nuovo vigore.

Sono passati più di settant’anni, Giannini è morto nel 1960 dei qualunquisti come partito non si ricorda più nessuno ma il dibattito è molto simile.

Quanto alla protesta del Napoli Calcio nel 1948 finì con la squalifica a vita del facente funzione di presidente del Napoli Muscariello e del giocatore Granelli, mentre il club fu relegato all’ultimo posto della classifica retrocesso per tentata corruzione divenendo così la prima squadra nella storia del calcio repubblicano a essere penalizzata per illecito sportivo (l’unica squadra mai finita in serie b è l’Inter ma questa è un’altra storia).

Granelli verrà poi “graziato” e terminerà la sua carriera nel Pavia mentre Muscariello poi riabilitato sarà parlamentare nel 1953 e nel 1958 e assessore comunale nella giunta Lauro.

Walter Marossi



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