21 marzo 2021

DIECI, CENTO, MILLE DARSENE!

Le acque del milanese una risorsa per la transizione ecologica?


Nel corso del novecento, la crescita della città e dell’economia furono fondate sulla grande disponibilità di combustibili fossili, e sui dispositivi inventati per sfruttarne le potenzialità. L’acqua, di cui Milano e il suo territorio erano ricchi, da risorsa divenne un problema.

Si cominciò interrando i Navigli interni e si proseguì per tutto il XX ° secolo coprendo la ricca rete di corsi d’acqua che caratterizzava anche la città e i suoi dintorni. Per costruire strade, infrastrutture e palazzi, e per favorire la circolazione automobilistica, si tombinarono e interrarono decine di chilometri di fontanili e rogge, talora interrompendone il corso.

Le raffinate soluzioni tecnologiche sviluppate dai milanesi nel corso dei secoli per utilizzare l’abbondanza d’acqua a scopo trasportistico, energetico, agricolo e ambientale furono abbandonate e dimenticate; si privilegiarono le tecnologie basate sulla combustione di prodotti fossili, con le conseguenze che stiamo vivendo: emissioni fuori controllo di inquinanti che hanno contaminato aria, acque e suolo; aumento delle temperature medie e di picco molto superiore alla media (3° centigradi contro una media di 0,7°); elevati rischi per la salute pubblica, solo per citare i più evidenti.

Il reticolo irriguo nella porzione sudoccidentale della Città metropolitana. Fonte: ns. elaborazione da CTR Lombardia

Il reticolo irriguo nella porzione sudoccidentale della Città metropolitana. Fonte: ns. elaborazione da CTR Lombardia

Vi invito a osservare quest’immagine: è la rete irrigua compresa tra il Ticino e la porzione meridionale della città metropolitana. Vedete come l’intero territorio è innervato da una stupefacente rete di corsi d’acqua artificiali, che captano l’acqua del “fiume azzurro” per distribuirla tra i campi. Una rete capillare che sposta l’acqua da dove è in eccesso, per distribuirla dove serve.

Ci sono voluti almeno otto secoli di lavoro, intelligenza e tentativi per crearla. Per secoli i nostri antenati hanno scavato fontanili, canali e rogge; hanno colmato avvallamenti, spianato motte e dossi per secoli, per dare ai campi la giusta pendenza di scorrimento dell’acqua.

Dal milanese, la rete irrigua si è ampliata a tutta la Lombardia, dove oggi si estende per migliaia di km. Ma la cosa più straordinaria è che la rete irrigua distribuisce miliardi di metri cubi di acqua ogni anno, senza bruciare un solo chilogrammo di combustibile fossile, perché sfrutta la naturale, impercettibile pendenza della pianura, dove la forza di gravità lavora gratuitamente per noi, facendo scorrere l’acqua dai punti più elevati a quelli più bassi, senza emissioni e senza sprechi.

Ancor oggi il sistema irriguo porta acqua di buona qualità a ben 700.000 ettari di campagne, solo in Lombardia (1). Grazie ad esso i nostri raccolti non dipendono dai capricci del tempo, perché ricevono un apporto d’acqua costante e commisurato alle necessità di ciascun campo. Purtroppo, negli ultimi decenni questo favoloso equilibrio ambientale è stato compromesso dall’urbanizzazione massiccia che ha coperto centinaia di chilometri di campagne irrigue tra i laghi e Milano, oltre che da pratiche agricole industriali.

Ma restiamo a MIlano….

Milano sorge al centro di un sistema idraulico che va dal Ticino all’Adda, che ha trasformato un contesto naturale sfavorevole in uno dei territori più ricchi del pianeta. L’acqua entra ancor oggi in città attraverso una miriade di torrenti, rogge e fontanili, che per secoli hanno alimentato centinaia di mulini, magli, segherie, follature e altre attività che la resero ricca.

Su questa mappa del 1870 vediamo i corsi d’acqua che attraversavano il centro città, alimentavano i Navigli interni e si innervavano nella rete irrigua.

Mappa del reticolo idrico che scorre sotto il centro di Milano, 1870. Fonte: Milano città d’acque

Mappa del reticolo idrico che scorre sotto il centro di Milano, 1870. Fonte: Milano città d’acque

UNA, CENTO, MILLE DARSENE

Credo che l’inaugurazione della Darsena sia stato uno degli eventi di riqualificazione urbana più importanti del passato decennio. La Darsena è diventata la meta di centinaia di migliaia di cittadini e milioni di turisti che amano passeggiare e sostare lungo questo specchio d’acqua, il cui accesso fu negato loro per qualche decennio. Quanti progetti di rigenerazione urbana, da Valencia a Londra, da Cordoba a New York, da Genova a Parigi sono partiti recuperando la presenza di un fiume o di un waterfront, diventato l’elemento centrale per trasformare spazi abbandonati in meravigliosi percorsi e attrattive per cittadini e turisti?

Oltre all’anello interno del Naviglio, la cui riapertura è stata chiesta dal 70% degli elettori del referendum di dieci anni fa, pochi sanno che Milano ha un patrimonio idraulico unico, nascosto sotto l’asfalto.

Sotto strade, cortili e piazze di molti quartieri anche periferici, scorre ancora l’acqua di dozzine di torrenti, rogge e fontanili che fanno parte del reticolo irriguo (2). Si tratta di un patrimonio nascosto e ignorato, letteralmente sotterrato, che un importante lavoro di ricognizione e restituzione ha rivelato. In questa sede non voglio affrontare il problema ben più noto del Seveso e all’Olona, che richiedono un discorso a parte.

Alcuni tratti di questi corsi d’acqua minori sono ancora visibili: come la Vettabbia, ex fognatura a cielo aperto finalmente ripulita dagli scarichi fognari e alimentata da acque pulite, o il cavo Ticinello che attraversa l’omonimo parco urbano; altri, come le aste di fontanile che si possono vedere nei dintorni del cimitero di Baggio, benché asciutti restano bellissimi per imponenza e vegetazione, anche se gli alvei sono diventati discariche abusive; altri ancora sono stati riqualificati, come quelli del Boscoimcittà o del Parco delle Cave, grazie a un meticoloso lavoro dei volontari di Italia Nostra e oggi arricchiscono queste due importanti aree verdi. Nella mia pratica professionale di progettista di parchi urbani ho sempre fatto riferimento alle preesistenze irrigue, anche se raramente è accaduto di poterle riattivare, stante la complessa situazione gestionale.

Provate a immaginare come cambierebbero molti quartieri e quale beneficio avrebbero gli abitanti, se la loro riqualificazione partisse proprio dal riportare alla luce rogge e fontanili, se li alimentassimo e facessimo di questo straordinario patrimonio ambientale che è il reticolo irriguo oggi interrato il perno della loro riqualificazione, proprio come la riapertura della Darsena è stata il fulcro della riqualificazione dei Navigli.

Un progetto integrato di riqualificazione urbana e ambientale che partisse dalla valorizzazione del reticolo di fontanili e rogge oggi coperti attraverso interventi di naturalizzazione; arricchendoli di percorsi pedonali, fasce verdi, nuove alberature, aree attrezzate e di gioco, con servizi utili alla collettività: potremmo estendere il successo della Darsena a tutta la città e in ogni quartiere, anche quelli meno dotati di spazi verdi e i più periferici: sono dozzine i chilometri di percorsi interrati che potrebbero essere recuperati.

Riportare tutti questi corsi d’acqua alla luce non sarà sempre possibile: bisognerà verificare la fattibilità di ogni intervento. Ma sono convinto che i costi sarebbero molto più contenuti di quelli previsti dal progetto di riapertura integrale della cerchia dei Navigli, di cui la scoperta, ricostruzione e rimessa in rete del reticolo irriguo oggi nascosto sarebbe la naturale estensione e i vantaggi ambientali, economici, energetici e turistici che ne deriverebbero sarebbero di gran lunga superiori.

E i vantaggi non riguarderebbero solo i quartieri, con la creazione di nuovi spazi verdi, l’attenuazione delle isole di calore e la dotazione di nuovi servizi ecosistemici.

Ne trarrebbe importanti vantaggi anche per la nostra agricoltura, perché ricostruendo la continuità idraulica interrotta potremmo restituire ai campi, che da tempo patiscono una penuria d’acqua legata alle interruzioni del reticolo irriguo anche acque che oggi vanno perdute, come quelle del famoso “anello blu” dell’area Expo provenienti dal Villoresi, che oggi vengono immesse nell’Olona.

Sono convinto che per la transizione ecologica dobbiamo abituarci a pensare la nostra città in termini di ecosistema urbano e rurale: e nel milanese l’acqua è il principale elemento da valorizzare, per restituire vivibilità e ricchezza biologica laddove per troppo tempo abbiamo pensato solo a costruire.

Luca Bergo

1 fonte: Consorzio ET Villoresi

2 l’elenco si trova in: Comune di Milano, PGT – Piano delle Regole – relazione illustrativa del reticolo idrografico e delle fasce di rispetto, 2019 che cita il rilievo eseguito non solo dei percorsi attivi ma anche degli ex alvei e tavole allegate



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