24 febbraio 2021

CENTO ANNI DI BOMBE A MILANO

Gli attentati nella storia della nostra città


23 marzo 1921, intorno alle ore 23, a Milano, in Via Mascagni, al teatro “Diana”, nell’intervallo tra il secondo e terzo atto, 160 cartucce di gelatina, collocate in prossimità dell’ingresso riservato agli artisti esplodono provocando la morte di 21 persone ed il ferimento di altre 170.

strage-fiera

Le vittime, tra cui una bambina di 5 anni, sono tutti spettatori dell’ultima replica dell’operetta “Mazurka blu” di Franz Lehar, coinvolte le prime file e la buca dell’orchestra.

Il teatro è accanto all’hotel in stile liberty, progettato dall’architetto Achille Manfredini come “centro per il tempo libero”; inaugurato nel 1907 comprendeva un ristorante, una sala da ballo, una piscina, due teatri, un campo da gioco per la pelota, una pista di pattinaggio a rotelle. Si trattava di un’area che fin dal 1842 quando furono inaugurati i Bagni di Diana (alimentati dal Seveso attraverso la Roggia Gerenzana che un tempo scorreva da nord a sud della città) era destinata al divertimento dei “ricchi”. Sempre quella sera esplode una bomba senza fare vittime alla centrale elettrica di Viale Gadio.

Attorno a mezzanotte con un tempismo che parve a molti sospetto, gli squadristi fascisti danno l’assalto alle sedi del giornale anarchico umanità nova in via Goldoni al civico 3, alla sede dell’USI (sindacato) in via Mauri, ad un circolo socialista al Verziere, viene incendiata la nuova sede de l’Avanti! in via Settala angolo San Gregorio e cercano di assalire i magazzini dove avviene la spedizione del quotidiano

Poco dopo lo scoppio (23,20) venne fermata dalla polizia (secondo la questura posta a difesa della redazione del quotidiano socialista l’Avanti!) una carrozza in via S. Damiano dalla quale scapparono quattro individui armati; rincorsi uno venne trovato nascosto nel naviglio in secca era Antonio Pietropaolo, un anarchico calabrese studente in Bocconi, che fu il primo arrestato dell’inchiesta, era passata poco più di mezzora dallo scoppio.

Alle 3,40 il prefetto Lusignoli è già in grado di indicare in un dispaccio a Roma gli anarchici come responsabili della bomba.

La polizia così ricostruisce la vicenda: si tratta di attentati tendenti a richiamare l’attenzione sulla detenzione di Errico Malatesta e altri anarchici (Borghi e Quaglini) arrestati nell’ottobre 1920 e detenuti sulla base di generiche contestazioni nel carcere di San Vittore; i tre, dopo cinque mesi di prigione, poiché la magistratura non aveva stabilito la data di inizio processo, il 18 marzo avevano iniziato uno sciopero della fame, particolarmente critica era la situazione di Malatesta anziano e malato. Obbiettivo degli attentati oltre il Diana e la centrale elettrica anche la redazione de l’Avanti!.

Palazzo Marino decide di fare funerali municipali, il sindaco socialista di sinistra Filippetti comunica la decisione al prefetto ma trova la ferma opposizione delle associazioni patriottiche perché la giunta di Milano è “di parte”. Mussolini parla di “inopportunità” e si offre alla borghesia intimorita come prezioso baluardo contro il pericolo sovversivo che si annida anche in comune; tra i 4 rappresentanti delle associazioni patriottiche che contestano il sindaco un’era Cesarino Rossi.

Nel paese si diffondono voci incontrollate ad esempio quella per cui ‘attentato prefigurava un complotto contro lo stato nel quale sarebbero coinvolti i sovietici.

Il popolo d’Italia esce con il titolo “la strage del Diana era nei piani di Mosca?”.

interni teatro diana

Si parla di attentati falliti ai danni di Giolitti e Mussolini (c’è anche un presunto reo confesso) e di militari rossi (i marinai della Giulio Cesare) pronti all’insurrezione, si racconta di attentati a Genova e dell’arresto di cinque stranieri comunisti entrati clandestinamente.

In questo clima Malatesta e gli altri interrompono lo sciopero della fame, in pratica dissociandosi agli attentatori, aprendo un dibattito che continua ancora. Tempo dopo Malatesta scriverà in un articolo dal titolo Tormento d’animo: “Rivendicare il fatto, tanto contrario ai nostri sentimenti ed agli interessi della nostra propaganda, è assurdo, impossibile…Condannare gli autori è ingeneroso, ingiusto, impossibile. Bisogna comprendere”.

I funerali vengono rinviati a dopo Pasqua il 28 marzo e saranno funerali di stato, a spese del governo. Nessun discorso, nessuna bandiera o stendardo, le autorità non avrebbero sfilato ma ricevuto le salme sul sagrato del Duomo. Nei fatti fu una grande prova di forza dei fascisti che in divisa, divisi in compagnie di arditi, nazionalisti, avanguardie studentesche, camicie nere sfilano per la città con alla testa Mussolini che impersona l’ordine che il governo non ha saputo assicurare; i carri funebri sfilano con in testa quello della bambina di 5 anni.

Le indagini intanto galoppano, decine di anarchici vengono arrestati, si procede per retate.

Accusare gli anarchici non era difficile: solo due anni prima era morto durante un attentato in Galleria Vittorio Emanuele, Bruno Filippi responsabile di bombe alla Corte d’assise in piazza Fontana, in stazione centrale, contro l’industriale Giovanni Breda contro il marchese Ettore Ponti.

Mentre tra il 1920 ed il 1921 i suoi eredi avevano colpito due volte il Caffè Cova in via Verdi, il Caffè Biffi in Galleria, l’Associazione Esercenti in piazza San Sepolcro, l’albergo Cavour (in questo caso si sarebbe trattato di una bomba dimostrativa di scarso peso che avrebbe dovuto richiamare folla e di una bomba a innesco lento che sarebbe dovuta esplodere tra i convenuti). In gran parte attentati “dimostrativi” alcuni non riusciti.

Pietropaoli confessa di aver partecipato a riunioni (in via Casale) per organizzare proteste contro la detenzione di Malatesta nelle quali si è parlato anche di attentati ma nega di avere nulla a che vedere con il Diana. Automaticamente vengono coinvolti nelle indagini i suoi soci in una piccola officina Carlo Restelli ed Eugenio Macchi. I tre avrebbero organizzato un attentato a un ponte della Ferrovia Nord, ma chi materialmente avrebbe dovuto compiere questa azione decise di lasciar perdere, seppellendo l’ordigno ai piedi di un albero, avvolto nel giornale: “La Scuola moderna di Clivio” praticamente una firma; la scuola (che il 23 aprile del 1922 fu data alle fiamme) era l’unica unica esperienza italiana di una realtà educativa ispirata a Francisco Ferrer, il Restelli vi lavorò.

BLOG LA STRAGE DEOL DIANA

A condurre le indagini Giovanni Rizzo che riuscirà ad ottenere una confessione e un arresto dietro l’altro, va a colpo sicuro. Quella del Diana è l’unica strage della storia d’Italia di cui si scoprono tutti i colpevoli nell’arco di poche settimane. Nonostante alcuni clamorosi errori, (un testimone portato al processo per l’accusa si rivelerà aver fornito falsa identità ed essere altra persona perdi più ricercata per l’omicidio di una guardia) Rizzo ebbe una carriera brillantissima diventando una figura mitica della questura milanese anche perché pochi anni dopo il Diana fu il protagonista di un altro arresto clamoroso quello di Sante Pollastri.

L’ossessione anarchica tuttavia lo porterà alla rovina, quando dopo le bombe del 1928, in occasione della IX Esposizione della Fiera di Milano puntò subito e ancora sulla pista anarchica, ripetendo lo schema del Diana ma con così scarse prove che fu rimosso dalle indagini dal fascistissimo capo della polizia Bocchino e assegnato come scorta a D’annunzio.

Nel dopoguerra Rizzo scriverà articoli e un libro sulla vicenda del Diana,

La svolta avviene il 9 aprile quando viene arrestato a Mantova, le ferroviere Giuseppe Mariani che di lì a poco confesserà di essere l’autore materiale dell’attentato dando tutti e dettagliatamente i particolari.

Spiegherà tra l’altro che inizialmente si era pensato alla sede della questura in San Fedele e che viene scelto il Diana perché il questore di Milano Giovanni Gasti, si diceva alloggiasse nell’albergo ed era uso colà incontrare il Mussolini (entrambi i fatti non veri).

VOLANTINO STRAGE DIANAIl 14 aprile v’è il dibattito in consiglio comunale aperto dalle parole del sindaco che nel deplorare la strage ricorda come oltre alle morti del Diana occorra ricordare la violenza squadrista che aveva ucciso il 22 marzo “il buon vecchio compagno Inversetti”, gli replica per la minoranza il consigliere liberale Raneletti, un magistrato, che afferma “ noi non siamo così settari da pensare che anche su di voi ricada la responsabilità diretta ma la responsabilità morale si…per due anni avete continuato a predicare il bolscevismo”. Seguirà il rappresentante comunista Schiavello. “l’orrido episodio del Diana non può essere compreso isolandolo. Tutto intorno a noi è violenza. Si ardono le nostre case, si distruggono i nostri organismi, si calpestano le nostre bandiere, si percuotono i nostri uomini…anche questo è degenerazione della violenza”. La posizione comunista e socialista verrà denunciata dalle destre come equidistante e giustificazionista, una sorta di “opposti estremismi” ante litteram.

Per Mussolini è una occasione straordinaria. Il 18 maggio ci sono le elezioni e sull’attentato fa la campagna elettorale. Dopo il primo manifesto che si concludeva con l’appello “Vendetta, dunque sia”, vieta ogni iniziativa privata dei suoi (non vuole che qualche esuberante cancelli l’immagine di uomo d’ordine e dà vita ad un comitato d’azione che organizza manifestazioni in tutta Italia. Più volte visita i feriti, in particolare Lina e Ida Crippa due sorelle cui avevano amputato le gambe, partecipa alla costituzione di un comitato per raccogliere fondi per le famiglie delle vittime.

Milano è nelle mani degli squadristi e il futuro Duce si atteggia a statista: “…colui che ha gettato nel teatro l’ordigno di morte…se pur poteva avere una causa qualsiasi da difendere, egli ed egli solo ha tradito la sua stessa causa. Inoltre egli può aver dato pretesto ad eventuali altre violenze di rappresaglia, che però non sarebbero meno condannabili di questa infamia…Sentivamo…che qualche pazzo criminale avrebbe trovato nel digiuno del leader anarchico il pretesto per una strage in grande stile…colui che ha lanciato l’ordigno ha pregiudicato irreparabilmente la causa del detenuto… L’attentato è inutile e stupido e solleverà una formidabile ondata di sdegno e di odio” (Il popolo d’Italia, 24 marzo 1921).

Con astuzia Mussolini opera per dividere (non che ce ne fosse bisogno) le sinistre, tant’è che L’Avanti! del 25 marzo 1921, nell’editoriale intitolato “Follia”, lo cita: Nessuno può pensare che via sia una qualsiasi relazione tra la propaganda socialista e l’attentato al Diana; nessuno può supporre che il fatto abbia suscitato tra noi una meno sincera riprovazione ed indignazione che non fra ogni altro cittadino; nello stesso Popolo d’Italia è detto, con rispetto della verità, che nessuna relazione esiste tra gli episodi consueti della lotta tra fascisti e socialisti e l’attentato”.

Su 535 deputati i fascisti ne ottengono 35 (tra i 105 dei Blocchi Nazionali, nelle elezioni precedenti non avevano avuto eletti), i socialisti 123, i comunisti 16; a Milano i socialisti ottengono il 50% dei voti e 14 deputati (tra cui Francesco Buffoni che sarà uno dei difensori al processo Diana), i bloccardi 7 (tra cui Mussolini), i popolari 6, i comunisti 1 (Luigi Repossi); i votanti furono 503875 pari al 72% degli aventi diritto. Mussolini quindi non sfonda a sinistra, ma diventa leader del centrodestra; l’attentato fu utilissimo per rendere accettabile presso i conservatori il movimento fascista ed erigerlo a baluardo contro il bolscevismo.

s-l1600 (4)Il processo si apre nel maggio del 1922 con 22 imputati. Le accuse sono quella della strage al Diana, quella di aver cercato di buttare bombe a l’Avanti! quella della bomba alla centrale elettrica, della bomba all’hotel Cavour, più molte di complicità, a quasi tutti viene contestata l’associazione a delinquere; in pratica è un maxi processo politico che mette insieme candidati all’ergastolo e personaggi molto minori.

Lungo l’elenco degli avvocati difensori: c’è Francesco Saverio Merlino che difenderà Mariani e Aguggini; Alfredo Podreider, il marito di Rosa Genoni, Barbetti, Ciccolini, Contini, Romano, Trevisani, Mazzola, il deputato socialista massimalista Francesco Buffoni, Leonida Repaci inviato da Gramsci, Serrao, Giorgetti, Cattini, Magnalbò, Mirri, Vacchelli. Altrettanto numeroso l’elenco degli avvocati di parte civile. Per Mariani, reo confesso, Merlino chiese la semi infermità mentale, analoga richiesta fu fatta per altri imputati come il Pietropaoli.

Pietropaoli che aveva confessato l’intenzione di dare l’assalto a l’Avanti quando era stato arrestato nel dibattimento al processo sosterrà di essersi inventato tutto (e i suoi potenziali complici confermeranno) per evitare di essere coinvolto nella bomba vera del Diana.

É questa la vicenda più oscura. Non si capisce perché gli anarchici avrebbero dovuto dare l’assalto al quotidiano, non si capisce perché la redazione milanese del giornale si divise tra sostenitori dell’accusa e testi a difesa degli imputati, Pietropaoli Perelli e Parrini, non si capisce perché nessuno abbia mai indagato il quarto uomo a bordo della carrozza fermata, che non sarà mai identificato. In particolare Parrini impiegato in passato nell’amministrazione de l’Avanti! come procacciatore di pubblicità, negherà strenuamente e accuserà anzi i socialisti di essersi prestati ad una montatura preparata dalla questura.

Quel che è certo che Parrini verrà graziato nel 1929, diverrà dirigente Rizzoli e nel dopoguerra sarà collaboratore di Nenni proprio a l’Avanti!, fondatore dell’ANSA, editore di diverse testate tra cui Don Basilio, Presidente della federazione editori giornali e uno dei più importanti distributori di stampa italiani. Se si considera che in un’intervista proprio Nenni dirà che furono i fatti del Diana a deciderlo per l’iscrizione al Psi e ribadirà la tesi di un tentato assalto anarchico alla redazione (Corsera 6 marzo 1977 intervista di Giuseppe Tamburrano) la vicenda Parrini appare particolarmente misteriosa.

Gli altri due assalitori de l’Avanti! usciti dal carcere, ripresero l’impegno politico; entrambi comandanti partigiani nel dopoguerra fondarono la corrente dei “comunisti libertari” in seno al movimento anarchico che nel gennaio 1946 elabora un documento politico apertamente riformista, che propone di trasformare il movimento libertario in un vero e proprio partito in grado di partecipare anche alle competizioni elettorali. Usciti dalla Federazione anarchica italiana costituiscono la Federazione Libertaria Italiana che dopo un anno confluirà nel PSLI di Saragat.

Insomma gli assalitori del quotidiano socialista sono tutti socialisti!!

La vicenda appare una montatura vera e propria ma non è chiaro il perché. Lo stesso investigatore Rizzo nel 1952 ipotizza (curiosamente per trent’anni nessuno ci aveva pensato) che l’obbiettivo non fosse il quotidiano ma una vicina caserma. Ciononostante i tre imputati verranno condannati a 16 anni e 11 mesi. Condanna francamente spropositata visto che quando i fascisti assaltarono e distrussero più volte la sede del giornale non vi furono condanne.

Dopo 18 udienze il processo si chiude; il 1 giugno 1922 viene emesso il verdetto; dei tre che materialmente hanno deposto la bomba Mariani e Boldrini (prima accusato e poi scagionato da Mariani e Aguggini, ma Boldrini negherà sempre) vengono condannati all’ergastolo, Aguggini (reo confesso) a trent’anni, gli altri imputati a pene diverse dai 5 ai 15 anni. Tre Ustori, Tosi e Marcucci furono assolti con formula piena.

Nel resoconto romanzato e incredibile che il Corriere fa della sentenza, prima di essere condotti al carcere Boldrini e Mariani ballano allegri e ridenti, salutano i coimputati con abbracci omaggiati da bottiglie di birra e tutti insultano vittime e avvocati; la campagna elettorale continua.

Aguggini morì in carcere nel 1929, Boldrini morì a Mauthausen nel 1945.

Giuseppe Mariani viene graziato nel 1947 per intervento di Sandro Pertini (che dovette insistere con vigore presso Nenni e Togliatti), motivato dal fatto che durante la rivolta dei carcerati di Ventotene si era adoperato per salvare la vita al direttore del carcere e alla sua famiglia. All’inizio degli anni ’50 pubblica due libri autobiografici: “Memorie di un ex terrorista” ripubblicato in anni recenti da Ultima Spiaggia a cura di Riccardo Navone e “Nel mondo degli ergastoli”.

Sempre militante anarchico, muore a Sestri Levante nel 1974.

Molti ipotizzarono che il gruppo anarchico fosse stato manovrato e i più erano convinti che fosse infiltrato, anche perché tre ore dopo l’attentato già si indicavano gli anarchici come colpevoli e le indagini nei fatti durarono poche settimane.

s-l1600 (5)I sospetti si concentrarono sul socio di Pietropaolo, Restelli, che non era stato rinviato a giudizio. Nessuna prova fu portata a sostegno di questa tesi, sostenuta e poi ritrattata in particolare da Mucchi (condannato a 11 anni, morto nel 1970 a Montevideo), ma le ombre restarono. Restelli (probabilmente del tutto innocente) fu ucciso nel 1933 a fucilate dalle guardie di frontiera quando cercò di espatriare clandestinamente in Svizzera insieme ad un altro anarchico mentre un terzo sconosciuto riuscì a fuggire; Infinita tristezza il titolo di un libro a lui dedicati alla fase progettuale dell’attentato ma che non comparve fra gli imputati.

L’altra sospettata fu Elena Melli che avrebbe partecipato.

La Melli era già stata arrestata nel settembre 1919 per complicità negli attentati al tribunale e alla Galleria e processata con l’accusa di “essere stata attiva incitatrice ad azioni violente e desiderosa di strage”.

In molti siti ancora oggi si parla della misteriosa donna velata che si incontrò con il questore in un bar di Porta Venezia poche decine di minuti prima dell’attentato e dell’omicidio del padrone del bar stesso tale Santini (che aveva raccontato la vicenda ad un cronista) un paio di giorni dopo per una presunta rapina, ma nulla fu rubato.

In altri siti la Melli viene data per scomparsa e fuggita in America Latina. Leggende metropolitane.

In realtà la Melli, che fu l’ultima compagna di Malatesta non scomparve affatto anzi venne arrestata il 22 aprile 1928 e assegnata al confino per cinque anni, sarà poi ricoverata coercitivamente (com’era in uso ai tempi per i dissidenti politici) in una clinica psichiatrica di Roma nel 1937. Dimessa nel 1941 si trasferisce a Carrara, aiutata dai militanti della Federazione anarchica, dove muore nel 1946.

Mariani peraltro non fu mai convinto che il gruppo fosse infiltrato:” Non ho mai pensato, come sempre hanno fatto alcuni miei compagni, in base ad elementi che mi hanno detto positivi, fino a credere possibile una revisione del processo, d’incolpare qualcuno che vicino a noi sapesse manovraci tanto bene da farci credere che avremmo colpito il questore e altre personalità e che invece ci facevano colpire delle povere persone innocenti intente solo a divertirsi”.

517-suO9hvL._SX293_BO1,204,203,200_Si riparlò della strage del Diana in occasione della visita di sua maestà Vittorio Emanuele alla Fiera di Milano il 12 aprile 1928 quando alle 9.50 una bomba scoppiò nel basamento in ghisa di un lampione della piazza e le schegge diventarono proiettili che provocarono 20 morti; strage senza colpevoli, nessun rinvio a giudizio, nessun reo confesso, nessuna rivendicazione e neppure oggi a 93 anni di distanza nessuna certezza; comunque anche in quella occasione si cercò di coinvolgere gli anarchici, i primi due indiziati per la strage furono: Gino Nibbi e Libero Molinari entrambi saranno prosciolti in istruttoria.

Si riparlò del Diana con la bomba di Piazza Fontana, in primis dalla questura, che senza senso del ridicolo, come scrive il Corriere il 15 dicembre 1969 in un articolo dal titolo: “Anche i vecchi anarchici del Diana setacciati nei covi degli estremisti”, identificò, come 50 anni prima, le responsabilità anarchiche ad horas.

Il Corsera al parallelismo dedicò fondi e articoli in particolare (13 dicembre 1969) quello di A. Grisolia dal titolo Un tragico precedente: lo scoppio al Diana. Autori furono tre anarchici, il cui incipit era “Milano subisce la seconda ondata di anarchica violenza della sua storia”, quando formalmente ancora si parlava di indagini in tutte le direzioni.

Grisolia era la “Fonte Giornalista” dell’ufficio milanese degli Affari riservati, cioè un collaboratore dei servizi.

A destra l’on Mantica ricordò nella commissioni parlamentare sulle stragi che: “Nell’autunno del ’68 Valpreda dà vita al gruppo degli “Iconoclasti” composto da non più di quattro-cinque persone…L’Iconoclasta!, infatti, era stato nel “biennio rosso” 1919-1921 il portavoce forse più famoso e autorevole degli “anarchici individualisti” vi scriveva Bruno Filippi…L’unico numero del bollettino Terra e libertà, “organo sovversivo” del circolo L’Iconoclasta di Valpreda e compagni, porta la data del 21 marzo 1969. La data di pubblicazione coincide con l’anniversario della strage del cinema Diana quasi una celebrazione”. In pratica Valpreda sarebbe un emulatore di Mariani.

A sinistra come spiega una nota editoriale alla recente ristampa di La strage di stato, il parallelismo è sui mandanti: “Lo Stato è sempre lo stesso lo stesso che negli anni venti metteva le bombe all’hotel Diana di Milano per far ricadere la colpa sugli anarchici; sempre la stessa mancanza di fantasia, tra l’altro”.

Alle vicende del Diana viene dedicato un film “L’ultima mazurca” (1988) diretto da Gianfranco Bettettini, scritto da Luigi Funari e interpretato da Senta Berger, Erland Josephson, Paolo Bonacelli, Mario Scaccia e uno spettacolo teatrale scritto a Ciro Fontana storica figura del socialismo municipale milanese, Mazurka Bleu, la prima fu al Filodrammatici nell’ottobre 1978 con Milly.

Non molti i libri dedicati alla vicenda ma uno semplicemente splendido Mazurka Blu (Rusconi) di Vincenzo Mantovani.

Non sono riuscito a trovare immagini del monumento commemorativo a Musocco dello scultore Aurelio Capsoni inaugurato nel 1924 se qualcuno ne sa qualcosa ci scriva.

Walter Marossi



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  1. Annalisa FerrarioColpisce che Mussolini, parlando dell'anarchico autore dell'attentato, dica "...se pur poteva avere una causa qualsiasi da difendere", in qualche modo riconoscendo le possibili motivazioni. Chi direbbe una cosa del genere oggi, poniamo del PD?
    3 marzo 2021 • 23:08Rispondi
  2. Sergio SammartinoStano che susciti scalpore e dubbio il fatto che gli anarchici vogliano assaltare il giornale socialista "Avanti!". Gli anarchici hanno sempre odiato la parte "istituzionale" della Sinistra, tesa ad accettare il gioco parlamentare; anzi avevano in odio la stessa idea di partito, convinti come erano che il partito è di per sé un viatico per una forma di elitismo e di "imborghesimento" burocratico. La stessa idea, del resto avevano i primi fascisti, soprattutto nella loto componente sindacalista rivoluzionaria (detta anche, con una punta di spregio, "anarco-sindacalismo"). Ma è chiaro che gli anarchici furono sempre portati a considerare "traditori" del proletariato tutti quelli che a Sinistra facevano un'opzione diversa da quella che aveva espresso Bakunin, marxisti compresi. E ricordiamoci che essi furono espulsi dalla Prima Internazionale - quasi fisicamente - su mozione di Bebel che di loro disse: "non hanno un programma politico, non hanno alcun vero valore. Non possiamo aver nulla a che fare con loro!"
    5 marzo 2021 • 13:36Rispondi
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