11 febbraio 2021

ATTUALITÀ DI UN MODELLO URBANO

Un libro di Pierfrancesco Sacerdoti


NUOVA IMMAGINE DI SACERDOTICi sono tre registri attraverso cui leggere il ricco e ben documentato libro di Pierfrancesco Sacerdoti su via Dante a Milano (Via Dante a Milano. Una strada e la sua architettura nella città europea del XIX secolo, Gangemi, Roma, 2020), rielaborazione di una tesi di dottorato in Composizione architettonica svolta al Politecnico di Milano negli anni 2007-2011.

Il primo, strettamente storiografico, è in grado di riprendere e riallacciarsi a quella intensa tradizione di studi storici su Milano che ha visto, soprattutto tra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, la pubblicazione di testi ancora oggi fondamentali per conoscere la storia architettonica e urbana di Milano, come L’idea della magnificenza civile. Architettura a Milano 1770-1848, a cura di Luciano Patetta (1978), e Milano. Guida all’architettura moderna di Maurizio Grandi e Attilio Pracchi (1980).

Il secondo è invece strettamente legato a quella esperienza di studi urbani che nasce all’inizio degli anni ‘60, dai capisaldi di Saverio Muratori su Venezia e di Carlo Aymonino e Aldo Rossi su Padova, sino agli studi sui centri storici della scuola francese e belga, tra cui quello sul quartiere de Les Halles a Parigi. Una tradizione di studi che si riflette nel libro attraverso il taglio analitico dato alla ricerca, che non si limita a una semplice raccolta e ordinamento del ricco materiale documentario, ma tende a interpretarlo criticamente con gli strumenti propri del ridisegno, attraverso cui approfondire gli stretti rapporti tra architettura e città, e tra edificio e strada, che contraddistinguono questo unitario pezzo di città.

La terza chiave di lettura è invece quella propriamente progettuale, che emerge in brevi passaggi dell’introduzione e della conclusione, e in alcune note. Questa vede via Dante non solo come caso studio oggetto di indagine storico critica, ma come vero e proprio modello urbano per la contemporaneità. È qui che il libro apre a un pubblico più ampio, non solo di addetti ai lavori, ponendo questioni antiche, seppur oggi desuete, sul significato civile dell’architettura in quanto espressione dei diritti di un’intera comunità. Basti pensare alla complessa pratica concorsuale che accompagna il progetto, che qui viene ben ricostruita e che mostra la stretta relazione tra scelte progettuali e linee guida cui attenersi, rivelando un vitale e condiviso rapporto tra città storica e nuovi interventi.

È proprio qui, quindi, che il libro si apre anche ad altre esperienze simili, seppur solo brevemente citate, in cui il singolo edificio non è inteso come oggetto solipsistico legittimato da una più o meno conclamata autorialità del progettista, ma come parte di un ensemble, nell’accezione contemporanea del termine, purtroppo impiegato più nei settori dell’Heritage e della conservazione di contesti storici, che nella pratica progettuale contemporanea. Da altri casi milanesi in questo senso esemplari – come alcuni interventi di Giò Ponti e di Asnago e Vender, e interi ensemble urbani come piazza della Repubblica, via Pancaldo e certi tratti di viale Tunisia e viale Andrea Doria – sino a più recenti esperienze in città europee – dal Borneo di Amsterdam alla Friedrichstadt berlinese – in cui emerge la medesima questione del rapporto tra unità della strada e individualità di ciascun edificio. Soprattutto dal confronto con la ricostruzione critica di Berlino, in particolare dopo la riunificazione, emerge l’identità dei temi qui trattati: la costruzione unitaria della strada, l’isolato come scala d’intervento e i rapporti reciproci, la casa urbana e il suo rapporto con la manualistica e i modelli storici del palazzo, il rapporto tra l’impianto tipologico a corte e la forma spesso irregolare del lotto, la facciata quale elemento rappresentativo tra la sfera pubblica e quella privata di un edificio.

Questioni importanti, che stanno alla base dell’intera storia urbana della città europea, ma che purtroppo sembrano oggi completamente dimenticate; soprattutto a Milano, dove da alcuni decenni vediamo sorgere quartieri ed edifici che sembrano rivolgersi a questioni altre, come la sostenibilità e il verde, senza considerare la città come organismo unitario. Che sia questo libro un’occasione per poter mettere in discussione queste scelte, troppo disinvoltamente prese e non realmente accompagnate da un dibattito pubblico? Ce lo auspichiamo.

Michele Caja



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