1 gennaio 2021

DE MAGNALIBUS MEDIOLANI (BONVESIN DE LA RIVA O RIPA)

Le meraviglie di Milano – 2021 p. C.


Rileggere o leggere per la prima volta il volumetto che porta il titolo di queste note oggi può sembrare un arzigogolo di persona interessata alla storia antica affabulata o volutamente una proposta invito provocatoria.

Pasquini

Il celebre frate parla delle strade, dei Signori, del popolo, dei mercanti, degli armaioli, degli speronari, dei fiumi, degli “orti” che fin dalle sue origini (circa il 500 a.C. con un insediamento dei Galli) erano presenti in quel territorio e ne facevano un luogo che attirava – come oggi XXI secolo p. C. – gente pacifica e operosa oltre a genti straniere di invasori. Storia attuale.

Il Bonvesin parla poi di Unni, Goti, Longobardi tutti attivi nel distruggere la città e anche ad essere sconfitti dagli abitanti, riunitisi tra loro dopo ogni diaspora derivata da quelle invasioni, e che seppero anche cacciarli, i Longobardi, con e dopo i Romani ormai nel tempo contaminati con le genti originarie, Galli, e poi con quelle arrivate da parti del mondo di allora resistettero più a lungo a formare il popolo della città chiamata nella lingua dei romani, il latino, Mediolanum (in mezzo alla pianura). Latino che i Longobardi adottarono come loro lingua, anche scritta …

Come accade ancora negli ultimi secoli, il XIX, il XX ed oggi il XXI, ma anche qualche tempo prima, così dalla storia patria.

Alcuni cronisti odierni scrivono e parlano della “pandemia “in corso da un anno (solo? Mi permetto di avanzare dubbi) paragonandola ad un nuovo Attila con i suoi Unni e gli altri popoli che vennero di seguito.

Non voglio fare della polemica sovra o sotto strutturale, perché ho sempre difeso “usque ad sanguinem” la liberà di parola di scrittura di pensiero di espressione poetica ed artistica. Mi sembra invece che dietro la colpevolizzazione “UNICA” della pandemia – noto solo qualche timida o seria parola sulle questioni della conduzione economica mondiale e nostrana viene detta o scritta e chiamata in causa – secondo una moda eterna nell’uomo che vuole cercare la causa, l’errore la colpa fuori da sé. Tutto questo mi appare come una fuga dalle verità che sottendono la questione pandemica.

Pandemia che non possiamo solo attribuire ad un virus ed alle due mutazioni possibili ma con molta responsabilità ed un attento excursus storico ed analitico almeno degli ultimi due secoli passati – XX e XXI – dobbiamo riconoscere ed accettare per farne una pietra miliare da cui individuare strategie di sviluppo economico ma soprattutto di evoluzione sociale e culturale dell’uomo e della sua “società”. Per tutti dunque.

Vogliamo ed è necessario per quanto ora ci tocca da vicino parlare o meglio lavorare sullo stato della nostra città con il suo hinterland ed umane pur se convinti pertanto che non solo la nostra città sia da “ricostruire o rifondare”.

Trovo giusta la domanda posta dal Direttore alcuni numeri or sono domanda alla quale non mi sembra – leggendo il dibattito su ARCIPELAGO MILANO intorno alla città, storica Metropolitana e oltre, Regione Stato Europa Mondo – sia stato risposto.

La domanda era: rifondare la città o rifondare i cittadini.

L’assenza di qualche timida nota sul secondo termine del quesito – ne è problema fondamentale – ci dovrebbe mettere tristezza e suonare come un allarme. Si potrebbe ritenere la questione una oziosa metaforica favola da sussurrare sorridendo a bassa voce in qualsiasi bar sport o salotto bene. Comunque può essere intesa come una sorta di timore dell’uomo il pensare ad un proprio rinnovamento visto la sovrapposizione di esperienze, culturali e comportamentali che gravano sulla sua vita corrente e sono da ritenersi presenti nel DNA umano trasmessi alla propria memoria per via ereditaria.

La dualità della questione che ci è stata posta non può essere scissa ed affrontata e risolta con la separazione delle due componenti, consapevoli che ognuno dei due mutamenti può o potrebbe avvenire con tempi non sovrapposti rigidamente ma comunque in una simbiosi quasi naturale che voglio chiamare di “reciproco sostegno”.

In particolare perché la rifondazione in entrambi i casi richiede all’uomo – soggetto principe nell’operazione rifondativa – una capacità oltre che di autoanalisi riguardante solo le abitudini quotidiane (cibo, sonno, amore, lavoro ripetitivo, malattie e pandemie, divertimento) ma, libera da paure, una analisi approfondita della propria funzione economica. Funzione che va oltre lo scambio lavoro – salario fatto che ne ha sempre ridotto potenzialità intellettuali di molti, la maggioranza, ma relegate come la storia umana ci ricorda sempre ad élite chiuse entro recinti non facilmente superabili. Muri poco docenti e poco accoglienti. La “docenza” serve unicamente per far muovere il rapporto lavoro – salario e a perpetuare gli aspetti utilitaristici della “produttività” ed “accumulo” di profitti?

E non dobbiamo dimenticare il ruolo che avrà il linguaggio, quello che già sta entrando nella parlata corrente, che sarà sempre più determinante nella vita prossima ventura. Che non avrà più i ritmi cui siamo abituati in ogni manifestazione umana partendo dalla “comunicazione” non solo verbale sempre più in divenire, criptata, dall’invasione di neologismi e strumenti che volgarmente potrei chiamare – mi si passino i termini – informatici, elettronici algoritmici quantici ed altri + o – “rivoluzionari” – che invaderanno il cervello umano sempre con maggiore “velocità”. accelerandone le attività “addomesticate” dalla docenza riducendo la storia culturale accumulata nei secoli ad una eventuale “memoria” pallida non formativa, favola.

Nuovo linguaggio della comunicazione, come detto, quindi nuovi linguaggi matematico scientifico letterale artistico, se l’arte, la letteratura, la filosofia come finora intese, avranno ancora un peso importante nella nostra vita e sui nostri posteri. Quali posteri?

Un nuovo pensare che modificherà i canoni della “costruzione” di aggregati umani – diciamo ancora urbani e territoriali – che saranno superati, con una mutazione quasi naturale se non prodotto di laboratorio, gli attuali moduli e significati di architettura, urbanistica, mobilità, in particolare vivere E lavoro (quale?) prodotto da una metamorfosi profonda di valori e di contenuti meccanici in una sorta di smart living e smart working che le persone eserciteranno senza una piena coscienza di abitare in un medio evo vero ma non più prossimo venturo ( Cfr, il nuovo cantiere, n. 12 – dicembre 1987). In questo contesto in continuo movimento verrà “accolto” è dovrà” muoversi per produrre.

Un l’UOMO che avrà svolto funzioni da protagonista nella propria rifondazione, quindi fattore e fruitore, e nel contempo trovarsi in un habitat da lui stesso costruito sapendolo mutante. Un “luogo” organizzato e dinamico dai cambiamenti rapidi in cui potrà intravedere, ora per dopo, muoversi l’uomo che gli succederà.

Le meraviglie di Milano – 2021 p. C.

Milano città – Metropoli – Megalopoli

Dobbiamo rivedere “Metropolis” di Fritz Lang – 1927 – per approcciare ipotesi del domani. Rileggere i fumetti di Jeffrey Jordan (anni ’70 è80 a puntate su alcuni quotidiani e poi raccolto da Milano libri editore) per conoscere come l’immaginazione di artisti ed intellettuali di quegli anni pretendevano di immaginare un futuro del genere umano e del suo mondo come si sarebbe presentato alle nuove generazioni.

La cosiddetta “città” potrà essere sempre più Metropoli se non Megalopoli (termine corrente anche oggi) e i suoi cittadini sempre più ISOLATI in una massa non solo anonima ma indifferente egoista di cui oggi vediamo premesse concrete muoversi nelle strade delle aggregazioni umane/urbane. Nel mondo a qualsiasi latitudine. Gli ultimi anni del secolo scorso ce ne hanno dato un primo assaggio reale non più immaginario. Il binomio composto da uomo e habitat sta superando ogni imitazione di quanto abbiamo conosciuto studiato ed imparato dalla storia più antica.

Dallo Zigurrat babilonese dalle Piramidi egizie, dai templi e teatri greci, dai mausolei ed arene romani, per lo più fuori misura umana, l’uomo ha costruito castelli ed aggregazioni sempre più imponenti in concorrenza con “il vicino di casa” a mostrare la propria potenza in accumulo dallo scambio lavoro – salario che si ripeterà nel vivere dei nuovi uomini. Potenza, finanza, che ha dato loro la “magnificenza” dell’altezza di nuovi edifici e la tristezza della superficie terrestre sempre più ridotta ed in desertificazione. E nello stesso crescere sarà spinta sempre più lontano dai “castelli” quella maggioranza di uomini relegati nel rapporto lavoro/salario, che non li mette in grado di affrontare l’accesso e la fruizione ai “nuovi castelli”. Relegati nelle nuove e storiche “periferie. Assistiamo in questi tempi/giorni ad una troppo lenta “occupazione per abitare “nei castelli, come a Porta Nuova e a City Life, il cui costo €/mq è decisamente proibitivo come sempre se non alle citate élite.

Nulla hanno potuto battaglie ideologiche, estetiche, funzionali, ecologiche contro il potere della finanza riproducente un leit motiv mai interrotto. Se non da guerre che ne hanno procurato la rinascita, Per restituire all’uomo – folla anonima sempre in crescita – contesti “nuovi” ed esistenze (?) sempre più limitate. Ricordo un amico di battaglie sociali che sosteneva le rivoluzioni nascono nelle grandi città – metropoli; è quanto dobbiamo aspettarci e sperare davanti a questo crescere ad UNA dimensione “non obsoleta nella struttura” degli agglomerati urbani?

Stiamo pensando le pesanti e difficili problematiche che si dovranno risolvere in quelle “isole “; non fenomeni ma reali necessità che la nostra generazione conosce e tenta con molta fatica di realizzarne la gestione. E a questo scopo si collezionano “invenzioni” che, avendo al momento tempi non brevi di realizzazione, hanno la vita di un placebo, All’alba si porrà problematico il governo delle prossime aggregazioni,

Dalla crescita sono e saranno emersi bisogni legati alla gestione della “macchina città”. Fatto prevedibile dall’aumento della popolazione sia quella in movimento, inurbata sia quella stanziale che non segue parametri e curve dalla demografia

Si determinano distanze e necessari collegamenti all’interno dell’agglomerato e con gli insediamenti prossimi e remoti contenitori di persone e di attività non solo produttive (rifornimenti, agricole e industriali, formative, scientifiche,, di ricerca, innovative … e di riposo forzato), La tecnologia assumerà – ora ci appare ovvio e scontato – una sempre maggiore dinamica evoluzione sia degli “abitanti” sia della morfologia dei luoghi e potrebbe imporre rapidi cambiamenti ai “mezzi” di collegamento.

Alla comunicazione verbale/elettronica si salda quella storica chiamata mobilità. La collettiva in conflitto perenne con quella individuale. Il trasporto assumerà una dimensione teoricamente da 0 a 00 sia pure mostrando in itinere una tendenza “inversa” verso lo 0 per lo sviluppo ed uso di ulteriori strumenti “robotizzati”.

Non è più necessario avere una rete sotterranea, soprelevata o sospesa (presente a Wuppertal – Germania – forse in altre località) delle quali possiamo prevedere una parziale o graduale obsolescenza e dismissione con l’abbandono di rotaie, gallerie, sopraelevate reti elettriche, tutte destinate a diventare una sorta di ARCHEOLOGIA DEL TRASPORTO COLLETTIVO URBANO ed EXTRAURBANO. Resteranno se mai verranno da ora generalizzati metropolitane/ treni semoventi su “cuscini d’aria”, e droni” sempre più di ultima generazione.

Ma la città o metropoli secondo la dimensione raggiunte si modificheranno, oltre che in espansione nel “contado” contermine, al proprio interno. Fenomeno non nuovo ma tradizionale e ripetuto nell’essere dell’uomo. A fronte di questi cambiamenti, nel tentativo di darvi ordine, vennero emanate norme e leggi per regolare il fenomeno derivante dall’occupazione delle terre confinanti e delle parti degli aggregati consolidati in cui si esercitava o si eserciterà sostituzioni e modifiche. Queste in nome di necessità definite di riordino (molto poco di recupero) ma solo in effetti speculative. [È da ricordare come tutte le norme (destinazione d’uso, indici edificatori, altezze, possibili varianti, etc.) siano state anche condizionate da titoli di proprietà dei territori e, come nella città rinascimentale o medioevale, dal valore che il tempo attribuiva loro per la distanza più o meno grande dal nucleo centrale dell’insediamento, Pertanto si ha da pensare a senso unico di valore ed uso dei suoli urbani (e no),

Nel 1942 viene varata la legge nazionale urbanistica in previsione di una ricostruzione post bellica che obbliga le città a dotarsi di P.R.G o Piani regolatori generali. Dei quali riconosciamo la funzione – non sempre puntuale nella loro durata – comunque notevole per la disciplina del territorio comunale. Oggi, dal 2005 varata adottata approvata una legge, che sostituisce i P.R.G., per il cosiddetto Piano di Governo del Territorio, PGT dal quale si sono profilati mutamenti certi ed epocali per la “costruzione della nuova città comunista”,

Siamo all’oggi della nostra Città, Metropoli o Megalopoli, Milano.

Il P. G. T. rivoluziona una serie valori sostanziali dei P. R. G. Ad esempio la destinazione d’uso attribuiti ad ambiti urbani (p.e. parco, edilizia popolare, produzione etc.) rinviando il primo a verde di vicinato e il secondo a edilizia ad un surrogato detto canone concordato o ad edilizia sociale. Fatto ancora più “novità “viene normata la possibilità di acquisto di “volumetrie” e relative aree su cui insistono esistenti o previste volumetrie, non solo residuali ma anche da edifici da manutenere nel costruito in capo ad operatori – proprietari che non intendono intervenire nel loro recupero o rinnovo. Sono volumetrie una volta demolito l’esistente da sommare ad altre di proprietà (?) ed alle volumetrie “comperate” (a quale prezzo?) ed effettuare sull’area liberata dal vecchio o dal nulla interventi il più delle volte con “varianti d’uso” ottenute dalle Amministrazioni Comunali.

Il nuovo avrà destinazione per la maggiore a “terziario” in senso più ampio possibile con relativamente poca quota di residenza” – mutando norme volumetriche ancora presenti dà indicazioni “a frutto “dal precedente P-R-G: Norme mantenute perché aree libere o occupate ma ritenute strategiche per lo sviluppo di quegli ambiti della città ma anche metropolitani.

Da notare che il P. G. T. (Piano del Governo del Territorio) della Città Metropolitana è stato adottato/approvato dal Consiglio Metropolitano solo qualche settimana addietro.

Il terziario degli anni ’70, ’80, ’90 semi occupato che abbiamo visto sorgere in quegli anni oggi rappresenta un notevole giacimento archeologico del terziario

I grandi interventi di questi ultimi anni potrebbero fare uguale fine è a questi sommo la richiesta di identici interventi edificatori. Pongo l’attenzione, una per tutte, alle aree del quadrante nordovest della città di Milano. Cito come esempio puntuale la proposta di costruzioni si vorrebbero fare sul Piazzale dello Sport, e aree limitrofe vuote o costruite da tempo, veicolate dal progetto di un nuovo stadio (ma il “Meazza”, il QT8, lo storico Lido di Milano di Piazzale Lotto sono tutti vincolati ope legis e da nuovi vincoli del Ministero ai B.C.A.P.; ed allora.?).

Sfogliando fotografie, acqueforti e cartografie datate conservate nell’Archivio Storico di Milano si possono conoscere le “direttrici” delle espansioni ed anche iri “rifacimenti” dentro le mura.

La questione di modifiche nella struttura /tessuto dell’edificato di Milano la si ritrova in documenti del periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale che hanno occupato i primi quarant’anni del XX secolo.

Senza retrocedere in tempi più remoti consideriamo entrambi i momenti storici determinanti espansioni e rielaborazioni interne alla città storica.

In particolare dopo il 1945 assistiamo alla “ricostruzione” delle parti distrutte dalla guerra e una corposa espansione caratterizzata – come dalla fine della prima guerra mondiale – dal costruire quartieri di Case Economiche e Popolari lontane dal centro storico su terreni agricoli che davano prodotti sicuramente di pregio e peso per la non trascurabile evoluzione dei mezzi e metodi delle coltivazioni. Motivazione di tale scelta era il costo inferiore delle aree agricole rispetto a quelle interne alla città.

Operazioni che hanno aumentato il patrimonio pubblico.

I responsabili della RES PUBLICA.

Dovremmo poter elencare quanti sono gli Enti e loro derivati e coordinati con compiti istituzionali di tutela e gestione del patrimonio pubblico e delle interferenze o sovrapposizioni tra loro esistenti e quale valore economico può avere questo importante e consistente patrimonio.

Senza spaziare al di fuori del Comune ed Area Metropolitana di Milano possiamo annoverare almeno tra i maggiori: Comune con ATM, MM, A2A, Consiglio Metropolitano, Consorzio dell’acqua potabile, ALER (già Istituto per le Case Popolari), S.E.A., Regione Lombardia. R.F.I., Demanio Militare, Magistrato del Po … tutti patrimonio pubblico sia pure con differenti gestioni comunque interconnessi.

Consideriamo solo tre questi “enti” e loro funzioni

  1. ALER. La costruzione di case popolari essendo stato l’Istituto Autonomo delle case Popolari esautorato dalla sue funzioni fondative ( 1908) e rinominato dalla Regione Lombardia – Giunta Formigoni)- A.L.E.R. (Agenzia lombarda per l’Edilizia Residenziale) trasformato praticamente in un gestore del proprio patrimonio consistente in quartieri residenziali (in provincia di Milano nel solo dopoguerra si sono contati più di 120.000 alloggi)..Sui quali (storici e anche più recenti) esercita manutenzioni e adeguamenti tecnologici (manutenzione straordinaria) come dovuti in ogni gestione di patrimoni edilizi residenziali I lavori operati da fondi dalla Regione e dello Stato sono appaltati in prevalenza a “macchia di leopardo” per una interpretazione “locale” delle norme sugli appalti.

A questi compiti istituzionali sono stati aggiunti da leggi finanziarie strumenti (PRU, PRUST, CONTRATTI DI QUARTIERE) che prevedono finanziamenti dedicati a sostanziali e puntuali interventi sia sugli edifici sia di ordine urbanistico coordinati con il Comune. Opere alle quali strumenti tecnici e progettuali non mancano ne sono avviati dagli Enti coordinati o coordinabili. Non risultano molte le intraprese di recupero di grandi quartieri storici ma non per questo da abbandonare.

Oggi il patrimonio è affidato alla Metropolitana Milanese Spa che gestisce per conto del comune l’erogazione dell’acqua potabile e della rete fognaria. Oltre che partecipare ai lavori di assegnazione degli alloggi liberi o vuoti. Assegnazioni eseguite da una commissione in cui devono essere presenti MM, Comune, Regione, Sindacati segnate da lentezze non in grado di far fronte, per quanto può competere all’ALER ed Enti citati alla sempre presente “crisi di abitazioni.”

  1. R. F. I. (le storiche Ferrovie dello Stato). L’evoluzione del trasporto di massa non solo urbano ma in tutto il territorio nazionale ha determinato una presenza importante delle “ferrovie” all’interno delle grandi città. Milano non per la sua collocazione “in mediolano” è uno dei nodi dei collegamenti su rotaia da ovest a est, a nord per l’Europa e a sud per l’Italia entro meridionale.

In Milano ha costruito stazioni, depositi, officine di riparazione e SCALI per merci. Elenchiamo: Porta Genova- San Cristoforo, Porta Romana, Rogoredo, Lambrate, Stazione Centrale, Pirelli – Bicocca, Farini, Certosa tutti in via di dismissione funzionale. Nelle aree liberate da funzioni “ingombranti “resteranno solo Stazioni di transito. RFI intende capitalizzare quelle superfici e sono già in corso non solo dibattiti e studi per il loro futuro riuso. Unico scalo quello di “Porta Romana” vede attività cantieristiche finalizzate in buona parte a costruire una metafora di villaggio da destinarsi a residenza temporanea per le Olimpiadi invernali del prossimo 2026.

Un dibattito che ha impegnato Professori del politecnico – Battisti in prima fila – professionisti e cittadini per individuare quali funzioni urbane e metropolitane vi si potessero collocare o meno per uno sviluppo non solo della città “che li contenemmo nell’invenzione di quella aggregazione umana/urbana che arriverà nel giro di pochissimo tempo superando i confini della città storica e forse anche della Area Metropolitana.

Senza stare alla finestra ne vediamo già oggi non solo i segnali ma le prime realizzazioni. R.F.I. – Rete Ferroviaria italiana proprietaria per conto dello Stato italiano di tutte le aree ferroviarie – e Amministrazione Comunale hanno tenuto tavoli di consultazioni dai quali poco o nulla di interessante è scaturito al di fuori di quanto annunciato per lo Scalo Romana. Un commento nella cronaca locale dei quotidiani dai responsabili della politica urbanistica di Milano plaude a quella decisone come un grande evento per Milano.

Nel sito una parte minore sarà la nuova sede di A2A la società energetico produttrice e distributrice di gas e corrente elettrica. L’A 2 A ovviamente abbandonerà la storica sede in centro città, a due passi da Piazza Duomo, ora in via Verziere//Francesco Sforza.

In tempi di pandemia COVID 19 non si sente più ragionare degli altri scali tutti “strategici” non più per il cosiddetto sviluppo urbano cui è saldato – ornai senza soluzione di continuità – a quello della Metropoli, sviluppo che non può limitarsi a riprodurre cubi (edifici) di cemento ferro plastica. E non è un amarcord da milanesi, da cittadini metropolitani, lombardi italiani europei se è urgente reclamare concreta una legge etica di questo futuro prossimo venture di cui pare si stia costruendo/inventando assetti neo-urbani e territoriali voglio dire alla solita maniera (non si può ora parlare di rito ambrosiano).

Legge etica rivolta alla qualità della vita dei prossimi fruitori, uomini nuovi forse diversi ma non credo in toto rispetto a noi, di un luogo e al quale avremmo dato responsabilmente una impronta di civiltà. E non è un amarcord se ricordo come in piena seconda guerra mondiale il responsabile dell’urbanistica comunale – ing. Albertini – predispose il Piano Regolatore Generale per il dopoguerra. E ricordo commosso che nel 1944 compariva pubblicato (a Napoli su un periodico, non legato al regime ornai in disfacimento, dal titolo “Rinascita” da quattro Architetti Urbanisti Milanesi Banfi, Belgiojoso, Peressutti e Rogers il Piano AR sulla cui impronta si è operato da Bottoni e successori tanto da renderlo riconoscibile ancora fino a ieri sera pensare per una Milano del domani.

  1. Metropolitana Milanese e Sistema pubblico di trasporto

Per portare passeggeri dall’aeroporto di Linate (City Airport di Milano secondo uno slang corrente) a piazza del Duomo si sta costruendo la quarta linea di metropolitana ( M 4 blu). Invece era possibile dal capolinea della M 3 (gialla) di San Donato – con due o tre fermate su manufatto a terrapieno o sopraelevato (vedi la linea 2 verde da Udine all’hinterland est) – si potevano risparmiare denari pubblici ed anche privati, si evitava di trovare reperti della seconda guerra mondiale lungo il viale Forlanini (lì c’era una polveriera) e di arare la fossa dei Navigli con le problematiche dovute a reperti archeologici della Milano romana ed alle ”fondamenta” degli edifici nuovi costruiti dopo gli anni ’30 lungo le rive dei Navigli coperti.

Per andare allo scalo aereo di Malpensa si è ristrutturata tutta la linea delle Ferrovie Nord Milano (ora Trenord) da Saronno a Busto Arsizio e con un prolungamento all’aeroporto. Si è dovuto – mi sembra giusto – operare su tutto il percorso da Piazza Cadorna al nuovo tratto (Saronno > Malpensa) dovendo adeguare linee, stazioni, passaggi a livello diventati sottopassi nei comuni che le FNM attraversano. Queste intraprese per garantire celerità ai convogli da e per Malpensa.

Avanzo dubbi sulla utilità della linea M 4 per il percorso e il suo terminale urbano alla stazione di R. F. I. di San Cristoforo attualmente in esercizio per la linea Milano – Vigevano – Mortara ed oltre e per i treni del cosiddetto passante ferroviario di Milano. Ora è come parlare del latte versato.

Come si potrebbe fare qualche osservazione sul collegamento per Malpensa con un raccordo della Ferrovia dello Stato da Casorate Sempione all’aeroporto

che da Milano porta a Domodossola –Sempione e interessata da Milano a Gallarate dai treni R.F.I. per Varese e Porto Ceresio (confine svizzero di Capolago).

Ma gli Enti pubblici citati non sono etichette su un vaso perché esiste per ognuna una loro direzione, Consiglio di Amministrazione, Presidente, Direzione apparato amministrativo e tecnico che ne gestiscono le scelte “politiche” e le attuano anche in coordinamento con altri Enti cointeressati a quelle scelte,

A tutt’oggi comunque non si vede l’attuazione di alcuna rete tanto immaginata fin dagli ’60 secolo scorso quando venne realizzata la line M 1 (rossa) che mostrava la possibilità non remota di estendere un sistema di metropolitane al di fuori di Milano. Scopo prioritario era, ed è ancora forse, collegare il capoluogo a centri ed aree di interesse per lo sviluppo economico – che integrasse la presenza storica delle ferrovie, Non ignorabile in un piano territoriale già a carattere “regionale” ma nella ipotesi di ridurre traffico individuale su gomma l’inquinamento di aria e suolo che ne è derivato.

Altra conseguente necessità è quella di sviluppare una rete stradale di cui a sessanta anni dalla M 1 se ne vede il risultato. L’Area metropolitana milanese ma tutta la regione ed in particolare nel settore settentrionale vede da ovest a est in “grande piatto di spaghetti e fettuccine “attorno a città e cittadine, che si sta riproducendo sia per aumentarne la capacità dell’esistente sia per richieste “locali” forse solo parzialmente utili. E a convalida dobbiamo registrare che solo le linee M 1 e M 2 hanno seguito la. filosofia “del trasporto pubblico integrante” ma limitatamente (Sesto San Giovanni e Rho-Pero) e la M 3 con peduncolo a San Donato, qui immobile quando poteva come detto collegare l’aeroporto di Linate al centro città pur non escludendo come si parla un prolungamento verso sud est (p.e. Paullo, Crema).

La M 5 lilla ha tutta la Brianza da collegare con studi adeguati. E a riparazione la M 4 verso sud ovest. I percorsi sono da individuare sulla base delle attività produttive presenti e più ancora quelle prossime innovative per quei territori nel tessuto industriale terziario e di servizio on più insediabili nel capoluogo e suo hinterland.

In questa politica di trasporto pubblico manca la chiusura a ovest di Milano della “cintura ferroviaria” che può essere anche utile per una alta velocità non solo passeggeri ma particolarmente merci da Torino verso Genova tramite collegamento via Pavia per lungo la linea esistente o attraverso il terzo valico se fattibile (se fatto) ma sempre in ritardo rispetto ai tempi che la innovazione imporrà alla società.

Altre carenze per non cadere nei dialoghi da caffè sport o salotto bene è la Metropolitana che non pensa ad una circolare ovest –sudest Milano e le possibili connessioni con linee R. F. I. e la propria linee.

Qui viene una domanda: se gli Enti gestiscono il patrimonio pubblico vuol dire che anche loro sono lo Stato. E lo sono tutte le persone che vi prestano il loro lavoro con intelligenza, conoscenza e coscienza del ruolo che rivestono voglio dire che ognuno di loro, tutti, rappresentano lo Stato, sono lo Stato. Che non è un Ente ectoplasmatico ma che le sue funzioni sono quelle di gestire un patrimonio fatto da cose ma soprattutto da persone con le quali dovrebbe essere presente una coincidenza di interessi.

Danilo Pasquini



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