4 maggio 2021

MILANO E CITTA’ METROPOLITANA: QUALI PERIFERIE?

Il ciclo Milano dopo la Pandemia


Il prossimo e ottavo incontro del ciclo Milano dopo la pandemia si terrà martedì 25 maggio alla 18,00 è intitolato Milano e Città metropolitana: quali periferie? potrete parteciparvi con il link https://zoom.us/j/94771287068. Se nessun altro si renderà disponibile introdurrò io l’incontro e ne discuterò con Gabriele Rabaiotti Assessore alle Politiche sociali e abitative del Comune di Milano con una serie di deleghe molto importanti.

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https://www.comune.milano.it/comune/palazzo-marino/la-giunta/gabriele-rabaiotti e con Franca Caffa storica esponente e presidente del Comitato Inquilini “Molise – Calvairate” https://www.arcipelagomilano.org/archives/author/franca-caffa che ha inviato, insieme ad altri, una lunga lettera aperta al sindaco Sala e a Rabaiotti nella quale, oltre a molto altro, si afferma che “non c’è il problema periferie ma un problema centro produttore di periferie” che potete leggere al seguente link https://drive.google.com/file/d/1WoNRNG9B_vsZhWS-LJBzRBPa_4v9fNMs/view

Proprio a partire da questa affermazione desidero affrontare la discussione nel prossimo incontro anche perché l’anno prossimo ricorrerà il centenario della riforma che portò Milano a dimensioni simili alle attuali, decisa dal neoinsediato governo fascista nel 1923, quando undici comuni vennero annessi al capoluogo, i sindaci dei municipi soppressi divennero consiglieri comunali milanesi, e ad uno di loro fu riservato un posto in giunta.

L’incontro del 4 maggio scorso dedicato a Economia 4.0 e reindustrializzazione possibile: potenzialità per l’area milanese in cui si è discusso del ruolo che può svolgere nella Milano metropolitana del dopo pandemia, proposto da Roberto Camagni fin dal primo incontro che abbiamo tenuto lo scorso 10 febbraio per avviare le attività del gruppo di lavoro, è stato veramente interessante.

Ad affrontare questo tema siamo arrivati dopo aver discusso di altre questioni riguardanti il rapporto tra Amministrazione comunale milanese e governo metropolitano, le problematiche della transizione ecologica della Città metropolitana a bassa entropia, della questione delle abitazioni e dei tempi della città.

La registrazione dell’incontro la potete vedere a questo link https://vimeo.com/545368748

è stato introdotto da Roberto Camagni già ordinario di Economia urbana e territoriale al Politecnico di Milano che ne ha discusso con Giancarlo Turati amministratore delegato FASTERNET srl e vicepresidente Nazionale Piccola Industria di Confindustria e con Enzo Rullani, già ordinario di Economia industriale, Senior Resercher a Ca’ Foscari di Venezia, esperto di economia della conoscenza e reti d’impresa che ha consigliato di allegare all’invito dell’incontro di oggi il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza presentato al Parlamento il 25 aprile scorso.

Camagni ci ha segnalato che “la grande trasformazione tecnologica 4.0 nasce da una pluralità di innovazioni, integrate e interconnesse, che hanno coinvolto settori diversissimi – intelligenza artificiale, robotica, internet of things, veicoli a guida autonoma, stampanti a 3D, sensori, nanotecnologie, biotecnologie, immagazzinaggio di energia, … – e la loro quasi infinita possibilità di ricombinazione.”

E ha aggiunto che “soprattutto questa natura ricombinatoria delle tecnologie e la replicabilità e trasferibilità delle conoscenze hanno dato vita a nuovi mercati (delle tecnologie e dei beni e servizi), nuove forme di competizione economica, strategie di impresa, fonti di produttività e di profitto ma insieme anche nuovi rischi e  sfide per la società – le sue trasformazioni, le sue diseguaglianze, le sue discriminazioni – e in particolare per il lavoro (riduzioni occupazionali, polarizzazione delle mansioni e delle competenze, de-skilling e up-skilling).”

Da come ci ha presentato il fenomeno sembra evidente che la finalità dell’economia 4.0 sia soprattutto di incrementare la crescita aumentando enormemente la produttività dei mezzi di produzione abbattendo la componente del lavoro umano che deve diventare specialistico e qualificato nella gestione digitale del processo produttivo.

Ma Milano registra una perdita percentuale di quasi il 5% dell’industria manifatturiera che comporta gravi conseguenze riguardo alle potenzialità derivanti dall’adesione

alla produzione 4.0, per quanto la sua componente manifatturiera sia ancora molto consistente e, a livello nazionale, seconda solo alla Germania.

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Oltre alle questioni e agli interrogativi che Camagni ha posto riguardanti sia le problematiche di carattere generale che quelle più attinenti al nostro Paese e alla Città metropolitana mi sono sentito di porre in evidenza due altre problematiche di grande crucialità.

Sicuramente oltre alla crescita si persegue anche un miglioramento qualitativo della produzione 4.0 sempre più affidata alla precisione delle operazioni messe in atto dall’automazione e sempre meno dipendente dalla capacità umana di eseguire un manufatto con una attività di carattere manuale (artigianale) e la conseguente enorme diminuzione dell’occupazione. Ho letto che a fronte di 7000 attuali posti di lavoro della manifattura convenzionale, 2000 potrebbero essere recuperati dalla produzione 4.0 mentre 5000 risulterebbero eccedenti.

Si manifesterebbe quindi una grave contraddizione economico sociale alla quale non credo sia possibile non far fronte in modo strutturale anche se immagino che vada gestita con accorta gradualità. Si potrebbe iniziare con il ricomporre l’orario delle 8 ore di lavoro destinandone una quota alla riqualificazione permanente.

Sulla questione dell’occupazione l’intervento di Giancarlo Turati ha fornito una serie di informazioni che ci hanno fatto di ricredere in quanto i primi risultati del nostro Piano Industria 4.0, di cui ci ha parlato, smentiscono che dal 2016 al 2019 si sia avuta una contrazione dell’occupazione. Ma ciò è avvenuto soprattutto per merito degli incentivi che non potranno durare ed hanno anche limitato il formarsi di processi endogeni nell’accesso alla produzione 4.0 da parte di molte realtà soprattutto nell’ambito delle piccole e medie industrie.

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Ma certamente deve cambiare drasticamente la qualità del lavoro e ciò comporta un’attività formativa che deve essere fornita permanentemente sia dalle aziende che dallo Stato.

Non è più immaginabile che un lavoratore che svolge delle mansioni tecniche e di controllo digitale della produzione possa qualificarsi una volta per tutte in età scolastica come avveniva per gli ingegneri del Politecnico fino agli anni 70-80. Il rettore Gino Bozza che lo governò negli anni ’60 vantava una prerogativa, riconosciuta a livello internazionale, degli ingegneri e degli architetti che si erano laureati fino a quegli anni che consisteva nel fatto che la loro formazione di base consentiva loro di aggiornarsi senza l’aiuto di terzi.

Ma proprio in quegli anni con l’avvento del digitale e delle applicazioni dell’informatica quella prerogativa andava in crisi e da allora sia gli ingegneri che gli architetti hanno avuto necessità di un supporto formativo per restare al passo con gli avanzamenti scientifico tecnologici.

Un altro aspetto da prendere in considerazione riguarda la sostenibilità ambientale della produzione 4.0. Si segnala che già comporta un contenimento dei consumi energetici, degli scarti e dei rifiuti ma è soprattutto l’economia circolare il presupposto per affrontare il tema della sostenibilità in forma integrata.

Ma la transizione energetica e il raggiungimento al 2050 dell’azzeramento della carbonizzazione dei materiali, dei processi produttivi e dei prodotti comporta ben altro impegno e nel nostro quinto incontro dedicato alla La Transizione ecologica abbiamo valutato quanto sarà impegnativo sul piano sociale ed economico portarla avanti senza che si manifestino gravi conflitti tra le varie componenti sociali.

L’introduzione di Panos Mantziaras alla ricerca Dessiner la Transititon https://drive.google.com/drive/my-drive?hl=it della Fondation Braillard Architects di Ginevra ha messo in chiara evidenza con lo schema che segue, di quale gravità e quanto inevitabili potranno essere le fasi di collasso del sistema economico sociale a seconda delle politiche che saranno messe in atto.

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Le traiettorie riportate vanno da quella (A) della crescita incontrollata della CO2 del business as usual a quella della risposta tardiva (B) che procede senza riduzioni significative fino al 2040 e comporterebbe nel decennio successivo, una precipitazione della CO2 con conseguenze difficilmente controllabili e calcolabili.

Compare anche la traiettoria della risposta radicale (C) che risulta del tutto inattuale perché dovremmo già essere nella condizione di affrontare le conseguenze dell’abbattimento della CO2 che, anche per quanto riguarda i traguardi ipotizzati dalla UE, sono ad oggi sostanzialmente disattesi.

Figurano infine tre traiettorie intermedie (D1, D2 e D3) che “corrispondono a uno scenario pragmatico nel quale si terrebbe conto nel primo decennio dei bisogni di formazione, di convincimento e di adeguamento delle componenti sociali e delle loro rappresentanze politiche, seguito dal secondo decennio da una rapida diminuzione degli indicatori della CO2 che andrebbe a concludersi con un atterraggio dolce al terzo decennio e che a seconda del successo delle politiche si radica nel quotidiano dei modi di vita.

Questa terza via pragmatica che potrà avere differenti traiettorie, a seconda dei contesti, comporta che l’insieme delle nostre attività debba essere sottoposto al medesimo esercizio di verifica durante l’eccezionale fase della transizione ecologica che come tale deve essere governata da uno specifico programma, un progetto, necessario e vitale che metta insieme politica, scienza, tecnologia e arte.”

L’intervento di Enzo Rullani ha introdotto nella nostra discussione una questione molto spiazzante perché ha fatto notare che il concetto di “prossimità” che è sempre stato legato alla vicinanza fisica tra soggetti o luoghi con l’avvento delle reti informatiche è stato totalmente riformulato.

Conseguentemente anche i contesti territoriali

avrebbero perso la loro specificità e individualità sostituite da fattori di “attrattività” che sia a me che ad altri componenti del gruppo di lavoro non sono sembrati in grado di sostituire utilmente quegli spetti che generano la qualità dei contesti, della vita e delle relazioni tra gli individui soprattutto in ambito urbano.

Ascoltare ciò che si è discusso dalla registrazione dell’incontro https://vimeo.com/545368748 penso possa meglio restituire la complessità della questione della “prossimità” e delle prospettive che anche questo tema può offrire alla nostra riflessione cercando di tenere collegati i temi, evitando approcci settoriali che non possono portare a soluzioni accettabili.

Continuiamo a discuterne!

Emilio Battisti



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