28 luglio 2020

ESSERE VERDI È COMPLICATO

Un vero partito verde in Italia non esiste. Peccato


Il distintivo “verde” se lo appuntano al bavero in troppi con la conseguenza che non riesce a prender forma un partito verde di stampo europeo in grado di rappresentare l’anima verde che non è solo ambientalismo.

rosa

Essere Verde è uno stato d’animo. Uno come me, nato in montagna, non può non esserlo, e non richiede spiegazioni, va da sé. Fare politica con i Verdi invece è una cosa complicata e piena di inciampi. È complicato perché stare dentro una minoranza ecologista è oggettivamente difficile in un paese come l’Italia, nel quale dell’ambiente tutti se ne sono sempre fatti un baffo.

Complicato perché i Verdi in anni passati sono stati al governo, hanno avuto ministri, con tutte le contraddizioni belle e brutte che ne derivarono (comunque grandi e importanti leggi innovative ancora adesso di riferimento).

Complicato perché i Verdi poi sono spariti, pur avendo molti attivisti, polverizzati in tutto il paese, da nord a sud.

Complicato perché l’ispiratore del pensiero Verde Europeo, Alexander Langer, era troppo bravo e troppo puro per poter essere eguagliato. Complicato perché a Milano la pensano in un modo, a Firenze in un altro, a Napoli in un altro ancora, etc.

Complicato perché non sempre abbiamo capito che la rivoluzione ambientalista passa necessariamente dalla lotta alle diseguaglianze, sociali e culturali che abitano l’Italia, e quindi si rischia di fare un braccio di ferro fra chi spinge e sinistra e chi vuole restare al centro dell’ombelico ecologista.

Complicato perché nonostante abbia l’ecologia come principio ispiratore è un partito come gli altri: chi vince comanda ed elimina chi ha perso, le minoranze contano meno di nulla, e le risorse umane diminuiscono.

Complicato perché il partito confonde l’attivismo con l’attività politica e in questo modo diventa difficile l’elaborazione di un pensiero compiuto, di un programma insomma.

Chi vuole discutere disturba sempre, nei partiti: insomma la solita solfa della politica falsamente assembleare, e al contrario fortemente centralizzata, molto fortemente, personalizzata su uno, due, massimo tre persone “leader”. Vale per tutti i partiti ma essere verde lo rende più indigeribile anche perché lo spappolamento territoriale senza un centro fortemente radicato e preparato, rischia di restare spappolamento e basta.

È complicato perché l’intuizione ambientalista, la necessità di affrontare l’emergenza climatica lo rendono indispensabile, sproporzionatamente indispensabile.

Complicato perché autodefinendosi il partito ambientalista per eccellenza, questo non vuole concorrenti e quindi non assorbe, anzi, tende a respingere. Il covid19 dei Verdi pare essere il narcisismo, il peterpanesimo con esso coniugato.

Cerco una differenza fra il livello nazionale quello locale, ma non la trovo.

Ora, è qui che volevo arrivare: che senso ha fare una dichiarazione elettorale tipo “guardate che corriamo da soli” nel 2021 alle elezioni comunali, a Milano, a molti mesi dalle prossime elezioni, rischiando di favorire la nascita di altre 10 liste “verdi” a destra e a sinistra del sindaco Sala?

Che senso ha spaccare il fronte del centrosinistra di fronte a una destra che cavalca allegra e spaventosa la rabbia sociale?

Che senso ha leggerla sul Corriere e non averla discussa?

La risposta sta nel mio presupposto: essere Verde è complicato. Si rimane un Verde “nonostante tutto”, ma non “nonostante tutto”.

Giuseppe Pino Rosa



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  1. Pietro VismaraMah, se si resta in una logica "frontista", pur di fermare la destra accettiamo di tutto dall'ex direttore generale della Moratti? (da allora, tranne dichiararsi ogni tanto "di sinistra", non è cambiato niente...)
    29 luglio 2020 • 08:05Rispondi
  2. Maurizio SpadaCondivido quasi tutto, purtroppo le belle idee camminano con le gambe degli uomini, o meglio, te lo dico alla Morin, il pensiero della complessità e delle interrelazioni si degrada a contatto con il riduzionismo, tuttavia bisogna accettare che la politica è l'arte del possibile e non dell'impossibile. Questo riferirsi ad Alexander Langer mi sembra un suicidio politico. L'Italia in questo momento avrebbe più che altro bisogno di un partito serio che non prenda in giro la gente e che affronti i problemi della socetà a 360 gradi, quindi compreso l'ambiente non solo l'ambente. Del resto ormai tutti sono ambientalisti. In Italia purtroppo è complicato non solo essere verde.
    29 luglio 2020 • 12:45Rispondi
  3. Gianni DapriLa crisi del partito Verde, diversamente dal movimento di pratiche verdi (usiamo strumentalmente queste definizioni) e in modo simile la sinistra non sembrano in grado di produrre ne politica ne pratiche, una immobilità che rompe gli indugi solo nelle vicinanze delle elezioni, dove l’unica cultura politica che si manifesta è una incomprensibile opposizione a tutto e tutti. È tempo che si torni alla politica, al confronto di idee in maniera anche aspra, ma poi si abbia un sano realismo politico che salvi i pochi elementi di democrazia reale rimasti. L’angoscia di un verde è la stessa di un rosso.
    29 luglio 2020 • 14:49Rispondi
    • Pietro VismaraMah, le proposte (proposte, non opposizioni) che erano state fatte ai tempi della campagna di Pisapia sono state del tutto disattese (tranne dove era obbligato dal referendum). Va bene il realismo, ma si è fatto l'opposto di quanto promesso (vedi qualità dell'aria). Se non ricordi questo in vicinanza delle elezioni, allora quando? Non è affatto incomprensibile - se non secondo proverbio, che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire
      29 luglio 2020 • 21:50
  4. Barcucci AndreaIo sono in sintonia con Pino. Mi piace anche il commento di Maurizio. La crisi dell'Italia, come ho scritto oggi in chat alla Grandi, è dovuta ad una nazione violenta fino alla schizofrenia. Quindi pannicelli caldi o freddi, pomate e unguenti non possono sostituire le operazione dolorose ma necessarie. Invece siamo immersi nella cultura del minor dolore possibile e del relativo minor impegno. Alla fine non resta che sottoscrivere le parole di Nanni Moretti sui dirigenti. Dopo di che, il problema è alla base. Ciao
    30 luglio 2020 • 19:47Rispondi
  5. Giuseppe Pino RosaPer dire che non basta essere contro tutto e, opportunisticamente o ingenuamente, con tutti "comitati" per arrivare a governare una città. Bisogna offrire a cittadini dei programmi con degli obiettivi raggiungibili, non illudendosi che la transizione ecologica si realizzi dall'oggi al domani, una specie di rivoluzione francese verde. Tra il difendere un'aiuola in centro e in periferia e governare le politiche di una sindacatura o di un assessorato c'è di mezzo la piccola e la grande politica, con tutte le mediazioni necessarie. Questi mesi post Covid hanno dimostrato purtroppo che la famosa catarsi esistenziale verso il mondo nuovo era una chimera, bella ma fantasiosamente infantile. Per convertire Milano in una città capitale della sostenibilità (parola ormai bruciata), ci vogliono grandi alleanze politiche e culturali che siano in grado da una parte di superare le barriere autoreferenziali e dall'altra di recepire con umiltà la voce dei cittadini, che spesso è molto diversa da quella immaginata dal ceto politico di sinistra e ambientalista. Uomini nuovi, con una cultura rinfrescata alla luce dell'emergenza climatica, che presenta una crudele accentazione delle diseguaglianze sociali. Spiegare a chi ha urgenza di lavoro, soldi, casa, un pò di futuro che l'economia circolare, quella che ha da venire, lo salverà, lui e la sua famiglia, non è impresa facile, ma non lo è neppure nei confronti dei politici più o meno incrostati nel vecchio modello produttivo e consociativo. Essere verde a mio parere dovrebbe contribuire a costruire questo processo di trasformazione, insieme a tanti altri, esperti e cittadini consapevoli.
    1 agosto 2020 • 12:31Rispondi
  6. annamaria poliCaro Giuseppe Pino Rosa, "non farei di tutta un'erba un fascio!" come solitamente si dice... Le porto l'esempio dell'impegno dei Verdi a Brescia, un impegno costante e sistematico che in questi anni ha mantenuto e che ha dato i suoi frutti secondo un programma ben definito. Sul territorio bresciano i Verdi sono molto attivi dato le molteplici complicazioni derivate da un inquinamento ambientale molto diffuso. Le consiglio di leggere le piccole e grandi lotte e anche le conquiste che il partito dei Verdi a Brescia ha ottenuto.
    4 agosto 2020 • 11:38Rispondi
    • Andrea PassarellaNon voglio disconoscere quanto fatto dai Verdi a Brescia ma quello che le sfugge è proprio la mancanza di un quadro generale, di una ideologia di fondo che possa adattarsi alla mutevolezza dei localismi, dei giochi di potere e delle correnti che esistono realmente. Non si può giustificare l'esistente, un partito con percentuali da prefisso telefonico in Italia mentre in Europa si attesta fra il 10 ed il 20%, portando ad esempio alcune battaglie vinte in una città. Il problema è che qualsiasi partito che si consideri riformatore in Italia, a partire dal crollo del muro di Berlino, è vissuto in soli due modi: uno strumento per salire al potere in modo sterile o uno strumento per esprimere il proprio malcontento in modo sterile. A seguito del suo esempio posso portarle tonnellate di esempi di mala gestione o scarsa conoscenza delle tematiche ambientali dei Verdi e associazioni ambientaliste. Il partito dei Verdi deve basarsi su un modello federativo ma deve anche fare i conti con una realtà ben più complessa di quella che crede di aver percepito. Non si può aver tutto e subito, non si può prescindere da una fase di transizione, non si può accontentare tutti, non ci si può meramente opporre a soluzioni non condivise, non si può nascondere il fatto che ogni transizione lascia sul campo morti e feriti e che questi ultimi devono essere gestiti...
      1 settembre 2020 • 10:55
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