10 luglio 2020

IL PEDONE, UNA VITTIMA DESIGNATA E INDIFESA

L'assedio delle biciclette, dei monopattini e, da sempre le automobili


Lo spazio "sicuro" per i pedoni, soprattutto con l'arrivo di nuovi dehors, continua a restringersi. Pedoni, in particolare se anziani, carrozzine e "coppie" vivono con ansia e insicurezza i marciapiedi. Aspettando un regolamento comunale che li tuteli.

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Poche settimane di confinamento hanno suscitato molte fantasie sulla forma urbana e sul modo di abitare. Guai se non fosse così, anche se forse noi architetti potremmo essere meno prescrittivi, e più aperti alle diverse libertà.

Di fatto, però, i tempi della città sono lunghi, e il divenire delle tipologie ha tempi lunghissimi.

Tra queste riflessioni mi ha colpito, forse perché ben scritto, il pezzo apparso il 10 giugno scorso su Arcipelago Milano di Elio Bosio. Egli indica, più che una prospettiva, un punto di partenza; e cioè scende con i piedi per terra: letteralmente, parlando degli spazi e dei percorsi pedonali nella città (di Milano).

La riflessione mi sembra interessante perché introduce nella tematica un elemento dinamico, e non solo una visione. E noi sappiamo che larga parte della forma urbana è proprio generata dagli elementi dinamici. Sappiamo che la forma della metropoli sarebbe stata diversa e diversamente policentrica se la mobilità su ferro, struttura dinamica fondamentale, fosse stata intrecciata nel suo schema regionale dal passante ferroviario milanese, così come proposto negli anni ’50 del secolo scorso da Zambrini e da d’Angiolini.

Il passante fu poi realizzato con trent’anni di ritardo, penalizzando la regione e dando più e inutili opportunità al centro, dove si contano troppe fermate.

La dinamica pedonale – ce ne eravamo in effetti dimenticati – è una sub-struttura che può incidere, se non sulla forma della metropoli, ormai non veramente policentrica ma troppo densificata nella immediata cintura, nei comuni di prima fascia cresciuti tumultuosamente, certamente sul ridisegno di larghe parti di essa.

La mobilità pedonale, grazie al nuovo intreccio tra lavoro e abitazione, va intesa come la parte dinamica del risiedere e del lavorare insieme, con sconfinamenti e tappe intermedie: si può lavorare anche sulla panchina al parco (come la statua di Montanelli recentemente offesa ricorda).

Nello stesso tempo la mobilità pedonale è un modelle di decongestione: in una città metropolitana, come sottolinea Bosio, troppo densa. Tutte le città capitali godono di ampi spazi, di ampie prospettive dello sguardo, e in questo senso Milano è proprio una “capitale mancata”.

Troppo pochi spazi e, al tempo stesso, troppi sprechi di territorio: la estrema frammentazione degli interventi, nella sua costante serie storica, si è portata dietro una miriade di micro sprechi e disordini generati dalla mancanza di progetto d’assieme, che nell’insieme formano una opportunità di riscatto.

La sub-struttura pedonale, se non può essere dominio della macro urbanistica, potrà essere oggetto di una micro urbanistica che prende in prestito dalla macro alcune logiche.

La questione delle densità, ancora, e purtroppo prospettate e proposte con una estrapolazione lineare, è decisiva e fondamentale.

Giustamente Bosio richiama l’eccezione positiva del Parco Nord che, per casualità come l’aeroporto di Bresso, per vocazione radiale della città verso il polo attrattivo di Monza, per l’attenta progettazione di Gio Vercelloni e dei successivi interpreti, offre un respiro vero alla metropoli.

Il recupero dello spreco urbano che la nuova pedonalità può offrire, realizzerà, se non ampi orizzonti, in modo molecolare e progressivo, una quantità che, forse, potrà tradursi in qualità.

Sulla pedonalità, poi, c’è già letteratura: come la descrizione di via Montenapoleone, camminando da cima a fondo, da parte di Franca Valeri, dove la narrazione si articola sui due poli, da quello nobile di via Manzoni a quello composito del Duomo, dove non si ostentano nude e crude le orchidee nel negozio di fiori, ma sussiste il chiostro dell’angolo. Ovviamente è qui che le signore bene scelgono i fiori, mentre il cane alza la gamba sul vaso di latta che li contiene.

Cristoforo Bono



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