7 giugno 2020

MILANO NELL’OCCHIO DEL CICLONE

La Giornata Mondiale dell’Ambiente


Il Coronavirus e altri cataclismi trovano una classe politica mondiale, nazionale, urbana e milanese in una sorta di limbo fato di parole da un lato e di incapacità a contrastare i danni dell’economia selvaggia. Solo incapacità (non ammessa) ma anche subalternità ai poteri forti.

natale2 DEF

5 Giugno: Giornata mondiale dell’Ambiente. I nuovi movimenti ecologisti tornano in piazza a ricordarci che abbiamo pochi anni a disposizione per curare la nostra casa comune, la Terra, e salvare il genere umano dall’estinzione.

E’ drammatico il monito a chi ha responsabilità di governo, a tutti i livelli (locale, nazionale, continentale e mondiale): invertire la rotta che ci porta verso il baratro e smetterla di versare lacrime di coccodrillo; intervenire con politiche concrete di riconversione ecologica dell’economia, di giustizia sociale e ambientale. A partire dai territori, in primis da quelli urbani e dalle grandi città. Nel nostro caso da Milano e dalla Lombardia.

Con micidiale tempismo, Milano è stata per l’ennesima volta sferzata violentemente da un uragano monsonico che l’ha mandata in tilt. Strade, cantine, garage, negozi, cortili, appartamenti a piano terra di interi quartieri allagati. Puntuale come la morte, il fiume Seveso ha vomitato le sue acque miste a fango e melma. Nel quartiere di Niguarda sono saltati tombini fognari e impianti di illuminazione e s’è bloccata la linea del metro. Il Lambro, minacciosamente gonfio nella zona nord-est della città, è straripato a sud nei comuni di Opera e Locate Triulzi.

E’ letteralmente vero: Milano sta nell’occhio del ciclone. Ma non stanno meglio altre zone della Lombardia. In questi giorni piogge torrenziali e grandinate si scatenano lungo la fascia prealpina di Varese, dei laghi e di Bergamo.

Non esiste, nel milanese e nella sua area metropolitana e regionale, un governo adeguato dei corsi d’acqua, e di quelli interrati in particolare. E’ la prova provata del fallimento delle classi dirigenti locali e sovra-comunali, in un quadro nazionale gravemente carente, se non di vera e propria assenza, di un piano di manutenzione e riassetto idrogeologico .

Allargando lo sguardo sull’intera pianura padana, emerge con evidenza l’insostenibilità e la nocività inquinanti dell’eccessivo sovraccarico di attività economiche, industriali, commerciali, agricole e di allevamenti intensivi che insistono in uno spazio limitato ma densamente popolato e cementificato, su cui si muove freneticamente un traffico automobilistico e di mezzi pesanti che divora oltremisura energie e avvelena l’aria e gli habitat. Con un consumo di suolo e una riduzione di verde che portano ad aggravare la persistenza di smog, di ossidi e polveri sottili.

In questo ambiente degradato e malato ha trovato vie agevoli il coronavirus.

Già dal 2007 la ricerca scientifica aveva messo in evidenza la correlazione tra l’inquinamento atmosferico e la diffusione di epidemie virali. Oggi si ha la conferma da ulteriori ricerche (Università di Harvard e Cambridge, Società italiana di medicina ambientale in collaborazione con le università di Bologna e Bari) che nei territori con maggiore concentrazione di smog i virus viaggiano e si diffondono in modo più agevole e mantengono più a lungo la loro carica letale. E si riscontra, dai primi risultati provvisori, un legame tra coronavirus e polveri sottili (PM 10 e PM 2,5). Questi veleni sembrano funzionare anche come vettori di virus, la cui persistenza dura ore e anche giorni in atmosfere inquinate e umide, mentre scendono a terra più velocemente con temperature più alte. Finalmente anche l’Istituto Superiore della Sanità, assieme al Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) e all’Agenzia nazionale per l’energia e lo sviluppo economico (Enea), ha avviato una ricerca ad ampio spettro – denominata Pulvirus – su degrado ambientale/inquinamento atmosferico/virus letali, che durerà un anno.

Dal rapporto del club di Roma (1970) sui limiti delle risorse del pianeta sono passati cinquant’anni e la situazione si è talmente accelerata verso il disastro planetario da mobilitare scienziati, climatologi, studiosi di diverse discipline, ONU, organizzazioni non governative, Chiesa cattolica, e gli stessi Stati nazionali. Nonostante tante mobilitazioni dei movimenti ecologisti e dei No Global, sostanzialmente nulla è cambiato. Dominano le industrie della distruzione e della morte.

Il turbocapitalismo, il vorace e feroce dio mercato continuano a consumare risorse ed energie, a distruggere foreste, a consumare suolo senza limiti, ad avvelenare aria terra e acqua. Si concentrano sempre più enormi ricchezze nelle mani di pochi e aumentano a dismisura disuguaglianze, povertà e paure. Si mettono in discussione dalle fondamenta non solo le conquiste dello Stato sociale, ma le regole fondamentali della democrazia e del vivere civile e gli stessi diritti umani, quelli inalienabili della persona: la salute e la vita stessa.

In questi due ultimi anni, è salito sulla scena mondiale il movimento giovanile animato da Greta Thunder, Frida For Future (FFF), che giustamente e con ostinazione pone la questione ultimativa di intervenire subito (non c’è più tempo) per curare il pianeta, l’unico che abbiamo, nostra casa comune, e di fare presto per salvare l’umanità dall’estinzione. E proprio Extinction Rebellion (XR) si chiama l’altro movimento, nato in Inghilterra, che, altra faccia della stessa medaglia, propugna azioni radicali di disobbedienza civile e di ribellione pacifica per impedire l’estinzione del genere umano e di tutti i viventi.

La politica dominante ha finora fatto finta di ascoltare, promettendo di cambiare rotta e di mettere in atto politiche di giustizia ambientale e sociale. Promesse da marinaio. Si attendono ancora misure conseguenti, che portino all’abbandono dell’economia fondata sui fossili e sulla distruzione del mondo vegetale e animale, sullo sfruttamento e la mercificazione del lavoro e della salute delle persone, sulle sperequazioni sociali insostenibili. Si attende da troppo tempo uno stop al consumo di suolo e all’espansionismo di mostri urbani. Da troppo tempo si chiedono progetti sensati di ripensamento e programmazione in termini equilibrati e umani delle forme stesse delle città contemporanee.

Un anno fa, il 20 maggio 2019, il Consiglio Comunale di Milano approvava una mozione (primi firmatari il presidente della Commissione Ambiente, Carlo Monguzzi, e il presidente stesso del Consiglio, Lamberto Bertolè), avente per oggetto la Dichiarazione di Emergenza Climatica e Ambientale (DECA, l’acronimo nuovo di zecca!).

Nel documento si riconosce la validità delle ragioni degli scioperi globali per il futuro, quelli del venerdì indetti dal movimento di Greta. Grande è la partecipazione in tante piazze d’Italia e del mondo allo sciopero degli studenti di venerdì 15 marzo 2019. Milano si riempie di un corteo di 100.000 persone. Fulminati da cotanto successo, i nostri amministratori non esitano a scendere loro stessi in piazza. Si legge nella mozione: “ Il Consiglio Comunale aderisce allo Sciopero Mondiale contro i Cambiamenti Climatici del 24 maggio”. Il sindaco Sala in persona si presenta, il giorno fatidico, in mezzo ai dimostranti per il “diritto al futuro”. E, con tanto di foto, comunica che Milano è il primo comune in Italia ad accogliere le richieste del FFF.

Tornando alla mozione consiliare, vi si mettono sotto accusa i Governi che “non hanno fatto e non stanno facendo abbastanza da contrastare i cambiamenti climatici”; vi si afferma in termini generici che “per riconvertire ecologicamente la nostra economia occorre la partecipazione di tutti”, la modifica di “alcune abitudini” e il perseguimento della “Giustizia Climatica” in aiuto ai paesi più poveri. Canonico il riferimento all’Accordo di Parigi del 2015 sul clima da parte di 192 Nazioni e all’ultimo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel of Climate Change), che impongono di non superare l’1,5 gradi di aumento delle temperature entro il 2030 per “evitare danni irreversibili al pianeta”, e di ridurre le emissioni di CO2 del 45% entro il 2030.

Obiettivo, quest’ultimo, in contraddizione con il Piano di Governo del Territorio del Comune di Milano che, mentre si caratterizza ancora come strumento per consumare suolo, nella mozione si accetta come valido. Nella parte centrale e conclusiva del testo s’impegnano Sindaco e Giunta a “dichiarare lo stato di emergenza climatica e ambientale e a predisporre entro 6 mesi iniziative […] per la riduzione delle emissioni e per l’introduzione di energie rinnovabili, per incentivare il risparmio energetico nei settori della pianificazione urbana, nella mobilità, negli edifici, nel riscaldamento e raffreddamento, sviluppando ulteriormente il progetto di riforestazione già in atto.” (!?…); e a “ intensificare il coinvolgimento attivo di cittadini e associazioni nel processo di individuazione delle criticità ambientali e nella loro soluzione”. E, dulcis in fundo, a “ farsi parte attiva presso il Governo e la Regione perché prendano provvedimenti analoghi”.

Le ragazze e i ragazzi ed anche gli adulti del FFF hanno invano aspettato un anno. In una loro recente lettera – appello al Comune stigmatizzano: nessun impegno, contenuto nella Deca (Dichiarazione di emergenza ambientale) è stato mantenuto. La pandemia da coronavirus ha drammaticamente messo in evidenza il rapporto simbiotico tra salute e habitat: “ Non possiamo pretendere di essere sani se viviamo in un ambiente malato” – si afferma giustamente. Nell’appello si invoca una Milano che metta al centro la salute, la qualità dell’aria, lo stop al consumo di suolo, una vera mobilità sostenibile (dall’uso generale e sicuro della bici su piste protette a una fitta rete di mezzi pubblici adeguati, gratuiti almeno per gli studenti e le fasce sociali più deboli), un aumento consistente, non a parole ma nei fatti, del verde pubblico. “ Abbiamo bisogno di azione e non di retorica”. L’amara scoperta: mentre da 50 anni si discute di “obiettivi ecologici”, si persegue una politica esattamente opposta!

Non rimane che la protesta. Nell’anniversario della dichiarazione di emergenza, mercoledì 20 maggio, militanti di FFF e di XR hanno fatto una biciclettata “sportiva” per le vie della città contro l’amministrazione comunale del sindaco Sala che non solo non ha mantenuto nessun impegno preso, ma continua “ con il suo business as usual, velando di verde le sue politiche, aggravando ulteriormente la situazione, illudendo l’intera città che Milano sia in prima linea contro i cambiamenti climatici”. Contro un’amministrazione che “non vuole mettere in discussione il proprio operato e non vuole confrontarsi ” seriamente sulle questioni che riguardano la qualità della vita e il futuro stesso dell’umanità, a partire dalla “nostra” città.

Quale morale dalla rottura di questo incantesimo bello?

Ai due movimenti darei qualche modesto consiglio (ovviamente non richiesto).

1. Considerate attentamente le grandi opportunità e potenzialità nel perseguire obiettivi così grandi e decisivi per il bene della nostra città nel contesto globale del futuro dell’umanità. Ricordatevi che non si può prescindere dalla storia e dall’esperienza di tanta cittadinanza attiva che, nei comitati di quartiere e di scopo, in gruppi e associazioni, si batte giorno dopo giorno per la qualità della vita quotidiana e dell’ambiente urbano. Cittadinanza consapevole e impegnata e propositiva, ignorata dai mass media e sistematicamente inascoltata, ormai da molti anni, dalle diverse amministrazioni che si succedono nel governo della “grande” Milano.

2. Per ampliare il consenso e farsi capire dal maggior numero possibile di persone, non esagerate nell’uso dell’inglese. Non cadete nella trappola modaiola così devastante, che (mi fa venire in mente l’uso del latinorum di Azzeccagarbugli per fregare il povero Renzo …) tanto male fa alla nostra bella lingua madre e inquina comunicazione e informazione. Ad es., al posto di business as usual, non potrebbe essere più chiaro e suonare meglio: al primo posto i soldi come sempre. Va bene importare esperienze e movimenti da altrove e sintonizzarsi nel circuito globale, ma è altrettanto importante radicarsi nel proprio locale.

Giuseppe Natale



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. Donatella De ColRingrazio Giuseppe Natale per l'ottimo articolo, che sollecita tutti noi, cittadinanza attiva, ad intensificare il nostro impegno in difesa dell'ambiente urbano e della qualità della vita. Condivido in toto il suo sacrosanto appello per la salvaguardia della lingua italiana contro l'abuso di anglicismi. Questa tendenza, infatti, comporta una progressiva perdita della padronanza espressiva e quindi anche, indirettamente, della complessità del pensiero, a tutto danno della stessa nostra identità storico-culturale. C'è il forte rischio che ciò possa pesare sempre più in futuro anche sul mondo del lavoro, con una progressiva omologazione dell'Italia ai modelli standard internazionali e l'appiattimento della nostra creatività in ogni settore produttivo.
    12 giugno 2020 • 18:08Rispondi
  2. Valeria fieramonteSono d' accordo. Per esempio se o recovery fund fossero chiamati fondi per la ripresa, sarebbe più corretto...
    16 giugno 2020 • 11:09Rispondi
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema


20 dicembre 2022

GREENWASHING

Erica Rodari



8 marzo 2022

LA LEZIONE DEI TOPI E DEL FORMAGGIO*

Giovanni Guzzi



8 febbraio 2022

PNRR E CONVERSIONE ECOLOGICA

Fiorello Cortiana



8 febbraio 2022

A PROPOSITO DI RISCALDAMENTO

Giorgio Goggi



11 gennaio 2022

SUPERARE IL GREEN WASHING

Andrea Bonessa



7 dicembre 2021

QUELLA ROMPISCATOLE DI AMBIENTALISTA

Irene Pizzocchero


Ultimi commenti