28 maggio 2020

SI FA PRESTO A DIRE “PEDALATE”

Storiche diffidenze tra automobilisti e ciclisti e fantomatici bonus


La retorica dell'amministrazione milanese sembra aderire fin troppo al motto popolare: "Avete voluto la bicicletta, e adesso...". Peccato che i milanesi, per esser trasformati in ciclisti, abbiano bisogno di incentivi più strutturali di un bonus acquisto e di qualche striscia bianca per terra... Si fa troppo presto a dire "Pedalate"!

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La cattiva coscienza ambientale delle società occidentali periodicamente ha bisogno di darsi una scrollatina, se non altro per far vedere che esiste. In genere ciò coincide con emergenze di varia natura, che vanno dallo smog, all’eccesso di rifiuti da smaltire, alle epidemie che costringono a interrogarsi su quale tipo di sviluppo si voglia perseguire. Come sta succedendo in queste settimane.

Nelle città, in genere, quando è il momento della scrollatina ambientale, la prima cosa che si fa è rispolverare l’uso della bicicletta, simbolo della mobilità sostenibile, quella a impatto zero che non può non piacere a tutti. Si fa a gara tra chi garantisce il maggior numero di chilometri di piste ciclabili, uno degli indicatori classici per raggiungere posizioni di vertice nel ranking delle città più smart. In questo, tutto il mondo occidentale si somiglia. E Milano non fa eccezione.

Da almeno venticinque anni, diciamo dalla prima amministrazione Albertini, Palazzo Marino ha cominciato a occuparsi di come far convivere un traffico spesso caotico con la bicicletta, amica della città che encomiabilmente vuole migliorarsi, ma considerata nemica storica da ogni automobilista.

E forse è arrivato il momento di dirci come stanno davvero le cose, senza infingimenti: gli automobilisti milanesi, o comunque tutti coloro che guidano ogni giorno per le strade di Milano (che magari tutti milanesi non sono, ma non è questo il punto), detestano le biciclette. Non solo quelle che viaggiano contromano o che non rispettano la segnaletica stradale, passando con il rosso o sbucando allegramente da uno stop: quello sarebbe comprensibile. No, detestano proprio tutte le biciclette in generale. Soprattutto perché, in tutta evidenza, questa città non è stata concepita per ospitarle o per favorirne l’utilizzo.

Forse la convivenza pacifica è stata possibile soltanto negli anni Cinquanta, quando la densità del traffico era ancora ai minimi. E oggi? Come sanno benissimo entrambe le categorie, automobilisti e ciclisti, nelle strade strette oppure con carreggiata ridotta da parcheggi garibaldini, in doppia o tripla fila, è sempre un azzardo superare una bicicletta; si rischiano incidenti, per cui si procede tutti a velocità di pedalata. Cioè ridotta. Certo, lungo i vialoni la musica cambia, ci sarebbe posto per tutti.

Ci sarebbe, ma spesso non c’è perché il mancato rispetto del codice da noi è una costante antropologica. La città dei commerci, dei furgoni che consegnano a ogni ora del giorno, delle sette-ottocentomila automobili (quante sono davvero?) che quotidianamente arrivano dalla provincia o da un altrove più distante, vive guardando di continuo l’orologio e lo stradario: deve consegnare, rifornire, “deliverare”, trasportare negli orari stabiliti e ai giusti indirizzi. In questo quadro la bicicletta è una nemica, anzi “la” nemica numero uno, in particolare quella dei rider. Più dei pedoni, che hanno comunque i loro spazi precisi e definiti.

In queste settimane, nel tentativo di diminuire, in chiave anti-covid, l’impatto sui mezzi pubblici, si stanno allargando o creando ex-novo alcune piste ciclabili in giro per la città: per esempio da qualche giorno chi arriva da Viale Piave in Piazza Oberdan, se deve girare a destra in Corso Buenos Aires avrà notato le nuove corsie di immissione, studiate per consentire la realizzazione della pista ciclabile, così come avrà notato la diversa dislocazione dei parcheggi, sempre per garantire lo spazio alle due ruote.

Tutto bene? Non proprio. Chi ha sempre parcheggiato accostandosi al marciapiede “un attimo” per entrare nella farmacia dell’angolo, pensa di poterlo fare ancora. E continua a farlo. Perché cambi la mentalità, serviranno anni, durante i quali molte delle piste ciclabili milanesi (tutte?) dovranno essere presidiate dalla polizia locale, pena l’inutilità dell’investimento.

C’è poi un aspetto più pratico che va tenuto in considerazione. Vero che Milano è città piatta, ma pedalare per otto o nove chilometri, per esempio per coprire un tragitto come quello che va da Piazzale Loreto alla zona dei Navigli, non è esattamente una passeggiata di salute. Al netto dei rischi che si corrono causa convivenza con auto, furgoni, autobus, camion, tram e filobus, quando si arriva a destinazione bisogna avere la disponibilità di un cambio completo, perché anche in pieno inverno si suda copiosamente. Poi resterebbe comunque il ritorno, ma non vogliamo passare per pignoli.

Dunque, ricapitoliamo: muoversi in bici a Milano potrebbe essere bellissimo sui brevi tragitti e sempre che gli spazi dedicati siano stati preventivamente messi in sicurezza. Non bastano due strisce bianche disegnate sulla sede stradale. Se manca anche uno solo di questi prerequisiti fondamentali, la bellezza della mobilità diversa scompare velocemente. A dispetto delle tante parole, delle mistiche ricorrenti e perfino degli incentivi all’acquisto contenuti in uno dei tanti decreti di Palazzo Chigi che ci hanno fatto compagnia in questi mesi.

Ugo Savoia

P.S.: nelle stesse ore in cui si materializzava la breve nota che state leggendo, sono arrivate due notizie brutte, ma entrambe prevedibilissime. La prima: lungo la direttrice Corso Venezia – Buenos Aires, una donna è stata investita sulla pista ciclabile da un’auto che entrava in un passo carraio.

La seconda: il governo ha scoperto che il fondo inizialmente destinato agli incentivi per l’acquisto di biciclette e monopattini non aveva copertura e l’importo iniziale di oltre 400 milioni di euro arriva sì e no sopra i cento. Si prospetta un altro famigerato click day per ottenere il bonus da 500 euro? Speriamo di no, perché la platea potenziale di acquirenti potrebbe essere di alcuni milioni di persone, mentre la trippa sarà disponibile soltanto per pochissimi gatti.



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