27 maggio 2020

GRANDE SORELLA PUBBLICITÀ

Variazioni su Orwell in periodo di pandemia


Uno dei settori più colpiti dal prorogarsi della pandemia, anzi dal conseguente risveglio socio-mediatico che (sembrerebbe), la pandemia sta provocando? La pubblicità. Che davvero non si ferma. Le osservazioni di Pina e Tina per ArcipelagoMilano.

pinatina

Cara Tina, mettendo fuori la testa dal mio guscio (come fa la chiocciola quando immagina di aver scampato il pericolo), arrivata alla stazione Bovisa per prendere il treno per Cadorna, mi sono impressionata. Non solo corsie separate nella sala d’attesa, come in piscina, non solo segnalazioni sul pavimento, per obbligare a una sosta distanziata, ma soprattutto dagli schermi messaggi che invitano a restare a casa, a lavarsi le mani, a non picchiare le donne chiuse in casa, a rimanere lontani. Con l’immagine della bandiera bianca rossa e verde che sventola sullo sfondo azzurro del cielo, la musica a tutta manetta di Fratelli d’Italia tipo karaoke, cioè con le parole evidenziate, in modo che tutti, aspettando il treno, possiamo cantare insieme a squarciagola “siam pronti alla morte”, che non mi sembra proprio il caso.

Pina cara, se vogliamo vedere un aspetto positivo: finalmente tutti gli italiani impareranno a memoria le parole dell’inno nazionale.

Ad ogni modo il pensiero che ho fatto immediatamente è stato: ecco, è arrivato il Grande Fratello che decide dei nostri passi, dei nostri pensieri e dei nostri minuti comportamenti. Per i più giovani che forse non l’avranno letto: il Grande Fratello è, nel celebre romanzo di George Orwell “1984”, il dittatore virtuale, che spia le persone con uno schermo posto in ogni casa e dappertutto.

Apprezzo il tuo sforzo di diffusione della conoscenza, ma temo che per la maggior parte degli umani il “Grande Fratello” sia piuttosto quello televisivo, a riprova del fatto che la televisione è il totem che dirime le nostre vite e ci modella anche socialmente.

Vero! Un attimo dopo aver pensato al Grande Fratello, però, mi è venuto da ricordare cosa appariva sugli stessi schermi quando arrivavo in stazione prima che scoppiasse la pandemia. C’era ad esempio, martellante ed ipnotica, l’offerta di un prestito di cui non potevi fare a meno, di uno yogurt che ti faceva fare l’amore con il sapore, di medicine magiche che ridavano l’energia necessaria a riprendere la stressante attività quotidiana di compere di vestiti e scarpe, indispensabili al nuovo look stagionale, di cinepanettoni e altre commedie commerciali, di imperdibili crociere in mezzo al mare per fare il bagno in piscina e altro turismo mordi e fuggi.

E poi di musical come “Mary Poppins”, che poi qui a Milano è fallito, per gigantismo, senza rimborsare i soldi dei biglietti. E poi di molte altre cose ed eventi sommamente desiderabili di cui per fortuna non mi ricordo, perché per non vederle ho sempre cercato di tenere gli occhi bassi, anche se sempre di più le pubblicità, del caffè, della pizza surgelata, di una banca, arrivavano a coprire il pavimento, soprattutto alla stazione di Cadorna, dove povere ragazze magari laureate erano addette a distribuire gratis a masse di pendolari, appena esplosi dai treni e pronti a stiparsi nuovamente in metropolitana, lattine di Coca-Cola Zero Zuccheri, offerte di abbonamenti per la palestra e molto altro.

Del resto tutto il piazzale della nostra stazione Bovisa (quella Piazza Alfieri, che in realtà è solo un grande e squallido parcheggio) è circondato da enormi cartelloni pubblicitari, soprattutto indirizzati ai giovani vista la marea che ogni giorno – in tempi normali –transitava per andare al Politecnico. Anche all’uscita da Cadorna i tram e gli autobus hanno le fiancate coperte di pubblicit,à che spesso oscurano i finestrini, così che da dentro non riesci a vedere bene quel che c’è fuori.

E ci vorrà anche un bel coraggio a tornare a pubblicizzare le crociere. Non le ho mai amate ma ora, dopo il caso dei turisti della nave bloccata a causa del Coronavirus per moltissimi giorni al largo di Tokyo senza che i passeggeri potessero sbarcare, liberi di morire a bordo, credo che non andrei a fare una crociera nemmeno se me la regalassero.

Io pure. Ma Grande Sorella Pubblicità, quando scompare da una porta torna dalla finestra. È una droga invasiva, arriva dappertutto e usa i più scientifici sistemi di raccolta dati e i più sofisticati studi di psicologia per captare le nostre debolezze e costruirci sopra le narrazioni di prodotti che le risolvono.

Però a me sembra di ricordare soprattutto le pubblicità che mi fanno arrabbiare. Come quell’assurdo spot sulla prostata guarita con una pillola, per cui poi lui, finalmente risanato, porta a lei la colazione a letto: se sono a letto voglio dormire, se voglio fare la colazione mi alzo!

Grande Sorella Pubblicità, che ti piaccia o no, è dappertutto, e il suo scopo ultimo, che ti piaccia o no, è di farci consumare, sempre di più, senza limiti. Attraverso il marketing, dà forma e contenuto ai giornali e alle televisioni.Cui, oltretutto, è vietato smentirla nel dare le notizie. E vogliamo parlare della nuova “Repubblica” (la testata nazionale, ndr) diventata, in piena pandemia, interamente proprietà del padrone delle auto – ex Fiat e ora FCA (Fiat, Crysler, Automotive) -, John Elkann?

Grande Sorella Pubblicità è arrivata subito a Repubblica, ovviamente in automobile. Ad esempio sfacciatamente sotto forma di videointervista (17 maggio) a due manager di aziende automobilistiche che pretendono in tono perentorio rottamazioni e incentivi dello Stato per far ripartire: “in modo rapido e violento un mercato in sofferenza” e “mettere le persone in condizioni di acquistare un’auto che magari non ci pensano”. Insomma, si propone il lavaggio del cervello di quelli che non pensano di comprare un’auto!

Senza parlare dello scandalo o meglio della sfrontatezza con cui John Elkann, che ha trasferito la sede delle sue società in paradisi fiscali, ottiene dallo Stato Italiano garanzie per ottenere dei prestiti. Soldi pubblici, cioè nostri, per far “comprare l’auto nuova anche a chi non ci pensa”. Meno male che, sulla scia di altri stati europei, il nostro Governo sta mettendo dei paletti, che per me sono sempre pochi.

Questa cosa mi fa talmente arrabbiare che perdo di lucidità. Per fortuna Alessandro Robecchi esprime esattamente il mio pensiero “il mood confindustrial-italico è “dateci i soldi e fatevi i cazzi vostri”, in pratica la richiesta di un capitalismo assistito ma senza contropartite. In questo modo, la cascata di miliardi in arrivo non solo non cambierà il Paese, ma finirà per perpetuare all’infinito il sistema delle diseguaglianze che la pandemia ha reso visibile a tutti. E dopo, quando saremo peggiori, potrà continuare imperterrita la storiella che lo Stato deve stare alla larga dal mercato, salvo cacciare soldi a pioggia quando servono”.

Quanto a me sto per comprare una bici a pedalata assistita. E voglio fare un po’ di… pubblicità alle due ruote, perché se la meritano! Infatti non sapevo che l’Italia, con 3000 aziende e quasi 8000 lavoratori è il primo produttore di bici d’Europa e il secondo nel mondo. Ma in tivù e sui giornali di bici non ne vedi una.

Solo pubblicità di auto sognate (dietro lauto pagamento) da Leonardo di Caprio, auto lanciate in una corsa folle su strade deserte (mai riprese quando, come succede più spesso, procedono a singhiozzo), auto guidate dalla giovanissima attrice del “Trono di spade” che intanto strilla che lei andrà dove vuole, e auto i cui passeggeri si salutano da un’auto all’altra perché siamo in epoca di distanziamento sociale e l’auto è meglio della mascherina.

Sull’acquisto della bicicletta, di per me, ho qualche dubbio, soprattutto perché non sono abituata a utilizzarla in città e il traffico e le rotaie dei tram mi preoccupano. Penso che mi deciderò a fare l’abbonamento a BikeMi per utilizzarla, magari nelle zone centrali, al posto della metropolitana.

Andrò in bici. Praticherò “l’economia dell’abbastanza” insegnata dalla lumaca, che si costruisce un guscio terminandolo nel momento in cui, se lo tenesse, diventerebbe troppo pesante da trasportare! E quando prenderò i mezzi pubblici mi reciterò poesie a memoria. Quando la stazione Bovisa avrà finito con Fratelli d’Italia e tornerà al consueto bombardamento mediatico per indurci a comprare, chiuderemo gli occhi e tapperemo le orecchie, e sentiremo solo la voce delle poesie dentro di noi.

Eccone una facile da imparare a memoria:

Sellino mio sellino

sellami.

Manubrio

manubriami.

Freni

frenatemi.

Campanello fammi squillare

Ruote

ruotatemi.

Pedali

pedalatemi.

Catena scatenami.

Fanale fammi brillare.

Bicicletta,

mia bicicletta,

io e te siamo una cosa sola.

E questo,

quando mi bicicletto,

mi consola.”

Tina e Pina



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  1. luigi gennariUn vero inferno retorico ed ingannevole! Si ma col riso sulle labbra ma senza lattosio!
    3 giugno 2020 • 09:06Rispondi
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