7 maggio 2020

TINA E PINA SI SCRIVONO: LA MOBILITÀ

Quanto ci serve l’auto a Milano?


Tina e Pina, due signore – anzi sciure, come si dice qui – milanesi, parlano di argomenti politici con la semplicità di chi la politica la vive sulla propria pelle. Oggi tocca a un argomento scottante: come ci muoveremo nella Milano post-Covid?

tinaepina

Cara Tina, ti scrivo dalla nostra città così provata…

Cara Pina, a me qui in campagna dove mi sono rifugiata sembra di vivere in un paradiso terrestre.

Cara Tina, hai visto le immagini delle petroliere ferme al largo senza sapere dove portare il petrolio che la terra continua a vomitare? Nessuno ha bisogno di benzina. In Italia nell’ultimo mese la vendita di auto è crollata dell’80 per cento. Ma quello che mi stupisce di più è quel 20 per cento che ne ha comprata una.

Beh per me e te la transizione al trasporto pubblico è già avvenuta da tempo: la mia Panda serve solo qualche volta la sera, o per fare la spesa grossa, altrimenti sta ferma giù nel posto auto del nostro cohousing. Quanto a te, l’auto non ce l’hai.

Mi basta il car sharing!

Io per i viaggi lunghi uso il Blabla car. Si condivide il viaggio con gente simpatica, ecologista e risparmiatrice.

Ah cara Tina, nel mondo dopo il coronavirus non vorrei più vedere traffico privato che intasa le vie della città, che parcheggia occupando spazi nei quali io vedrei in sostituzione alberi e verde. Ci siamo abituati all’invasione di auto come la rana che nuota in una pentola in cui l’acqua viene scaldata un po’ alla volta, senza che se ne accorga fino a quando è bollita. Siamo bolliti.

Invece se vai a Tokyo, credimi, è impressionante: non ci sono auto parcheggiate nelle strade, perché per poter comprare una macchina devi dimostrare che hai un tuo posto in garage dove ospitarla.

E delle auto elettriche che ne pensi? John Elkann s’è comprato la Repubblica e tutta la Gedi editrice per spingere il rinnovo del parco auto con le sue elettriche. Voglio proprio vedere d’ora in poi delle belle inchieste sulla Repubblica in favore di FFF e delle biciclette!

Pare che per produrre litio e cobalto necessarie alle batterie delle auto elettriche si consumi Co2 quanto quella che inquina nelle auto a benzina. A parte lo sfruttamento del lavoro, anche di minori, nelle miniere in Africa. E inoltre il problema delle polveri sottili Pm 2,5 e Pm10 che inquinano l’aria e aiutano il trasporto di virus nei polmoni, continuano anche nelle elettriche a venir prodotte dai freni e dall’attrito delle gomme sull’asfalto.

In Italia ci sono 40 milioni di auto per 60 milioni di abitanti. In proporzione nel mondo, perché a tutti fosse concesso in nome della giustizia planetaria di avere l’auto propria, come noi, dovrebbero essere prodotti quasi 5 miliardi di auto per 7 e più miliardi di persone. Elkann e compagnia se lo sognano di notte, ma è chiaro che i polmoni dell’umanità non se lo possono permettere.

Ci vorrebbe più comunicazione virtuosa: oggi si fa un sacco di pubblicità sull’auto, ma, per dire, ancora troppo pochi milanesi sanno cos’è il Passante ferroviario. A te e a me che viviamo in Bovisa, ad esempio, il Passante salva la vita. In cinque minuti di treno, dalla nostra periferia siamo a Cadorna, e praticamente in centro a Milano.

Questo blocco del traffico forzoso dovrebbe aver concesso ai nostri amministratori di valutare quale sarebbe la intensità e velocità dei mezzi pubblici se non dovessero condividere lo spazio con il traffico privato. Quando riaprono le librerie ti consiglio un libro di Guido Viale, “Vita e morte dell’automobile”, in cui descrive la possibilità di completare le linee di maggior uso del trasporto pubblico con mezzi più flessibili, taxi condivisi, pulmini…

A proposito cara Pina, a Tallinn, Estonia, ho visto una bella monovolume per il trasporto pubblico a guida autonoma. Ti mando la foto, per ricordo che se si vuole si può fare. E poi ci sono sempre i piedi! E le bici. In un’intervista al Guardian l’assessore alla mobilità Granelli ha promesso una quantità di piste ciclabili di emergenza qui a Milano. Sulle nostre prossime piste gli inglesi sono più informati di noi.

Tina e Pina



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