17 marzo 2020

UNIONE EUROPEA: QUO VADIS?

La fine della convenzione di Schengen


Bellon imm.

“A partire dall’anno 1 d.C. (dove d.C. non significa “dopo Cristo”, ma “dopo Coronavirus”) l’Europa risulta frammentata in tanti staterelli”: così le generazioni future leggeranno sui libri di storia. Il coronavirus sta segnando un cambio d’epoca. L’Europa è ormai il principale focolaio al mondo. E i Paesi Europei si chiudono a riccio per far fronte alla pandemia.

Schengen, il trattato in vigore dal 1985 per consentire la libera circolazione di persone e merci tra Stati, il simbolo dell’accordo “sacro” di una nuova Europa che voleva abolire i confini e rappresentava l’emblema dello spirito di solidarietà tra popoli, sta evaporando come l’acqua del Mar Morto.

Bellon 2Qualche giorno fa, a sorpresa la Germania ha annunciato la chiusura delle frontiere verso la Svizzera, l’Austria, il Lussemburgo, la Francia e la Danimarca, imponendo controlli come nell’era degli Stati nazionali. Anche la Francia ha fatto sapere che rafforzerà i controlli al confine. Blindate la Polonia, la Repubblica Ceca, Austria, Ungheria, Danimarca, Polonia, Lituania, Portogallo, mentre la Spagna ha schierato l’esercito e i droni per controllare le strade.

Il moltiplicarsi delle deroghe agli accordi di Schengen mette in allarme la Commissione Europea. Già nelle ultime ore le decine di chilometri di coda di TIR alle frontiere austriache o ceche testimoniano la difficoltà delle merci di arrivare a destinazione. Potrebbe diventare sempre più complicato per i governanti, che continuano a tranquillizzare i cittadini, mantenere la promessa degli scaffali pieni ai supermercati. “Esorto gli Stati membri ad adottare le loro misure nel pieno rispetto dei principi di proporzionalità e, soprattutto, di solidarietà tra gli Stati membri dell’UE, oltre che di non discriminazione e delle norme Schengen applicabili. È fondamentale che, nell’adottare tali misure, non vi sia alcuna discriminazione tra i cittadini dell’UE” ha dichiarato Presidente europeo della Commissione libertà civili, Juan Fernando López Aguilar. Anche il Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, lancia un richiamo a tutti gli Stati: “Nessun governo assuma iniziative per limitare le forniture di materiale sanitario o adotti misure unilaterali per ridurre la libera circolazione nello spazio europeo. La battaglia è europea e dev’essere condotta con un forte coordinamento da parte degli organi dell’Unione. Solo così si potranno aiutare i cittadini europei ad affrontare questa sfida. Basta andare in ordine sparso.”

Momenti difficili per la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ieri al termine della videoconferenza tra i leader del G7, prende la decisione estrema di chiudere l’Europa per 30 giorni. “Lo facciamo per non far ulteriormente diffondere il virus dentro e fuori il continente e per non avere potenziali ulteriori pazienti che pesano sul sistema sanitario Ue”. Con la chiusura dei confini esterni copre anche le pecche dei singoli governi, per evitare che essi continuino a chiudere le frontiere interne all’Unione.

Resta di fatto che le scelte fatte nelle ultime ore di alcuni Stati europei smentiscono il valore di fondo o, se si vuole, l’utopia su cui si è cercato di costruire l’Unione Europea: il progressivo superamento degli egoismi, il venir meno del principio di nazionalità e di patriottismo nel mondo moderno. Ma questo disegno si è appannato quando la politica non ha saputo mostrarsi all’altezza degli ideali, della sua missione e dei suoi sogni. Quando la monetaria unica è diventata un traguardo, non un punto di partenza. Per qualche anno la Banca Centrale, capitanata da Mario Draghi, ha tamponato le debolezze della costituzione europea. Francoforte era il motore della Ue. Oggi non è più così, e non solo per la caduta di stile della Lagarde, ma per l’assoluta mancanza di senso politico mostrata da chi dovrebbe averne in abbondanza considerato il ruolo che svolge. Ora ci assicurano che la Bce inonderà di liquidità il sistema contaminato dal virus. Lo scopriremo solo vivendo, dice la canzone di Battisti.

Intanto, gli aiuti sanitari arrivano dalla Cina e non dai diffidenti partner europei. Con questa crisi ci giochiamo il futuro dell’Italia e dell’Unione Europea. Il nostro Paese sta diventando sempre più euroscettico. Se l’Ue non saprà dare una risposta all’altezza, i sovranisti convinti che l’Europa va distrutta prenderanno il sopravvento, anche se dovrebbero guardare le decisioni di Trump, Johnson e Bolsonaro prima di trarre conclusioni affrettate. E così “l’ora più buia” si sta trasformando nella notte più lunga degli ultimi sett’anni. E il futuro prossimo sembra segnato da lettere provenienti da innumerevoli fronti, anziché da un’Europa unita e forte come gli ideali che l’avevano costituita.

Cristina Bellon



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